Unicobas scuola
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COMUNICATO STAMPA 14 FEBBRAIO 2002

SI CONFERMA LO SCIOPERO DEL 15 FEBBRAIO. CORTEO NAZIONALE DEL SINDACALISMO DI BASE DA P.ZZA DELLA REPUBBLICA (h. 10.00) A S.GIOVANNI.

DOMANI SAREMO IN 50.000. UNA GRANDE RISPOSTA ALLA SCHIZOFRENIA DELLA CGIL: MENTRE COFFERATI PARLA DI SCIOPERO GENERALE, REVOCA L'UNICO SCIOPERO GIA' IN PIEDI, PER UN ACCORDO CHE SVENDE CONTRATTO E PENSIONI. DOMANI IN PIAZZA ANCHE PER DIRE NO ALLA CONTRORIFORMA MORATTI: INACCETTABILE IL TAGLIO DI 56.500 DOCENTI .

Con duecentoundicimila lire medie lorde la scuola non recupera neanche tutto il differenziale inflattivo, ALTRO CHE RETRIBUZIONE EUROPEA (dai restanti Paesi della UE ci separa un milione netto)!!! Peraltro si tratta di 50.000 lire nette per tutti e 70.000 non pensionabili per differenziali di "produttività" di tipo industrialista neanche definiti. Questi pochi spiccioli arriveranno peraltro a fine 2003. Inoltre, l'accordo sul TFR prefigura una truffa a danno di tutti i lavoratori, nella quale hanno le mani in pasta anche i sindacati pronta-firma, che trarranno benefici nell'amministrazione dei fondi sottratti alle liquidazioni. Infine questo è il momento di spazzare via la controriforma Moratti. Se i Confederali si sono "bevuti il cervello", l'Unicobas va avanti. Sciopero e manifestazione saranno comunque molto partecipati: si preparano pullman e treni da tutta Italia.

Il recente decreto Moratti è vergognoso. Il taglio di 56.500 docenti verrà prodotto tramite una riduzione del tempo scuola e l'eliminazione del tempo pieno alle elementari e del tempo prolungato alle medie: così si gettano gli alunni delle fasce più deboli in pasto alle scuole private. Inoltre la qualità del sistema formativo pubblico viene pesantemente attaccata tramite un accorpamento selvaggio delle classi sotto i 25 alunni (comprese quelle intermedie): non solo taglio delle cattedre ma anche eliminazione della continuità didattica. Saltano gli insegnanti che hanno seguito le classi sino ad oggi in omaggio ad una politica di mero risparmio che colpisce di fatto la qualità della scuola e quindi il diritto allo studio.

Il testo della riforma Moratti è pieno di progetti inqualificabili. Prima vergogna fra tutte il doppio percorso formativo, con il ritorno al vecchio avviamento. Questo in ordine agli istituti professionali, ridotti a scuola di serie b (4 anni) e con un diploma riconosciuto solo dalla regione di appartenenza, primo elemento di delegificazione del titolo di studio. Istituti in più sottoposti, con la regionalizzazione (possibile anche per gli organici), alle incognite di appetiti e clientele degli enti locali ed a nuove disparità per l'allestimento di supporti scolari fra zone ricche e povere. Inaccettabile l'affidamento degli studenti all'impresa, con la scuola a fare da spettatrice, adibita solo a registrare nel curricolo l'apprendistato presso terzi. Né il quinto anno (opzionale) risolverebbe il problema di un percorso "proletario differenziale". Come si diceva, incombe la riduzione del tempo scuola e della qualità e di materie basilari (residualità dell'educazione motoria, del latino nello scientifico e della matematica nel classico). Infatti con il decreto Moratti si ripropone di fatto una riduzione a 25 h. settimanali (senza neanche le 300 h. "aggiuntive" per insegnamenti opzionali, com'era nel primo testo Bertagna). Per quanto riguarda la scuola dell'infanzia, sarebbe molto più conseguente l'ingresso nell'obbligo dell'ultimo anno della stessa, anziché l'anticipazione dell'età d'ingresso. Che dire infine delle "valutazioni" dell'istituto "INVALSI" (dove viene "riposizionato" Bertagna)? E' paradossale che, dopo la clamorosa bocciatura del concorsone di Berlinguer, si propongano di nuovo, da mazo, quiz e standard formativi per valutare le scuole e che sempre a quiz calati dall'alto debbano venire informate le prove relative al passaggio fra i vari segmenti dei corsi di studio, sottomettendo la libertà di insegnamento a diktat burocratico-ministeriali.

Gli altri motivi di malessere risiedono in esami farsa per i diplomifici "paritari", nel taglio delle opportunità di lavoro per i precari, nella trasformazione dei docenti di ruolo in tappabuchi per le supplenze pagate una miseria. Ed incombe comunque una riforma degli organi collegiali della scuola tutta tarata su di una logica aziendale che nulla ha a che vedere con una comunità educante. Agli insegnanti non possono venire imposte logiche impiegatizie e codici deontologici ministerial-clericali (vd. la Commissione presieduta dal cardinal Tonini): ribadiamo che un vero cambiamento d'indirizzo si realizzerà solo quando ai docenti verrà riconosciuto l'ordine professionale, quando la scuola verrà portata fuori dal pubblico impiego con conseguente stipendio europeo.

Stefano d'Errico (Segretario nazionale dell'Unicobas scuola)