LA CONTRORIFORMA DELLE SUPERIORI - I TEMPI
Entro marzo 2005 i decreti attuativi della legge 53/2003 dovranno essere
tutti operativi altrimenti
la Moratti perderà la delega fornita dalla legge suddetta. Il decreto
attuativo relativo alla scuola Secondaria
è quello più impegnativo e che quindi richiederà molti passaggi prima di
essere pubblicato sulla gazzetta
ufficiale, per cui se la ministra vuol avere delle probabilità di fare
in tempo dovrà entro settembre 2004 sfornare la prima stesura del decreto.
I MODI
Per ora le uniche cose certe, oltre a quanto previsto espressamente dalla
legge che riproduciamo sotto, sono gli
elementi comuni a tutto il ciclo dell' istruzione e precisamente: la
riduzione dell'orario obbligatorio delle lezioni a 27 ore
settimanali, il tutor, il portfolio ed i percorsi "personalizzati" .
Infatti anche nella nuova Secondaria è previsto un tutor,
a cui sarà affidata la "responsabilità del processo educativo" e che dovrà,
in accordo con famiglie e studenti, tracciare
i percorsi personalizzati. Così come è previsto il Portfolio nel quale
oltre ai docenti anche studenti e genitori annoteranno
osservazioni. Anche qui, dunque, un docente concentrerà su di sé una
responsabilità che dovrebbe appartenere a tutti
gli insegnanti. Per quanto riguarda la scuola primaria la Moratti ha già
inviato un atto d'indirizzo all'ARAN dove si
chiarisce che il tutor non sarà una nuova figura professionale, ma
semplicemente uno che scippa le mansioni agli altri
docenti e per questo "servizio" verrà incentivato col fondo d'istituto
(salario accessorio). Il tutor dovrà assicurare, nei
primi tre anni, un'attività di insegnamento non inferiore alle 18 ore
settimanali, le restanti vanno riservate all'esercizio
delle funzioni scippate agli altri docenti. Possiamo facilmente presumere
che riguardo al tutor analoga scelta sarà
fatta dal MIUR per la scuola superiore.
Questo è quanto è già stato elaborato dalla commissione predisposta dalla
Moratti e presieduta
da Giuseppe Bertagna .
ECCO COSA PREVEDE La Legge 28 Marzo 2003, n. 53 all' art. 2 :
d) il sistema educativo di istruzione e di formazione si articola nella
scuola dell'infanzia, in un primo ciclo che
comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un
secondo ciclo che comprende il sistema
dei licei ed il sistema dell'istruzione e della formazione professionale;
g) . il secondo ciclo è costituito dal sistema dei licei e dal sistema
dell'istruzione e della formazione professionale;
dal compimento del quindicesimo anno di età i diplomi e le qualifiche si
possono conseguire in alternanza scuolalavoro
o attraverso l'apprendistato; il sistema dei licei comprende i licei
artistico, classico, economico, linguistico,
musicale e coreutico, scientifico, tecnologico, delle scienze umane; i
licei artistico, economico e tecnologico si
articolano in indirizzi per corrispondere ai diversi fabbisogni formativi;
i licei hanno durata quinquennale; l'attività
didattica si sviluppa in due periodi biennali e in un quinto anno che
prioritariamente completa il percorso
disciplinare .
h) ferma restando la competenza regionale in materia di formazione e
istruzione professionale, i percorsi del
sistema dell'istruzione e della formazione professionale realizzano profili
educativi, culturali e professionali, ai
quali conseguono titoli e qualifiche professionali di differente livello,
valevoli su tutto il territorio nazionale se
rispondenti ai livelli essenziali di prestazione di cui alla lettera c); .
i titoli e le qualifiche conseguiti al terminerei
percorsi del sistema dell'istruzione e della formazione professionale di
durata almeno quadriennale consentono di
sostenere l'esame di stato, utile anche ai fini degli accessi
all'università . previa frequenza di apposito corso
annuale .
I NODI DA SCIOGLIERE
Risulta evidente dal testo della legge che la controriforma elimina gli
attuali istituti tecnici ed
apparenta gli attuali istituti professionali di stato alla formazione
professionale delle regioni.
Questa impostazione estremamente classista comporterà per l'allievo una
scelta prematura a
13 anni tra il percorso liceale-universitario ed il mondo del lavoro.
Questa però non è tutta farina del
sacco della Moratti, infatti la divisione dell'Istruzione superiore in due
canali (uno dell' Istruzione e l'altro
dell' Istruzione e formazione professionale) era stata anticipata da una
modifica costituzionale che il Governo
di Centro-sinistra aveva votato poco prima della scadenza del mandato
parlamentare.
Il 7 Ottobre 2001 si è svolto un referendum confermativo, per cui la legge
costituzionale 17 Ottobre 2001
n. 3, di cui sotto riportiamo l'articolo che interessa l'istruzione e la
formazione professionale, è diventata
efficace a tutti gli effetti..
1. L'articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 117. - La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle
Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali che devono essere
garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti
internazionali e con l'Unione europea delle
Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione,
salva l'autonomia delle istituzioni
scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione
professionale; .
Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà
legislativa, salvo che per la determinazione
dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia
non espressamente riservata alla legislazione
dello Stato.
Quindi la Legge Costituzionale 3/2001 affida l'istruzione alla legislazione
concorrente e l'Istruzione e Formazione
professionale alla legislazione esclusiva delle Regioni. Bisogna
riconoscere tuttavia che, anche se questa modifica
costituzionale ha facilitato l'operazione morattiana di eliminazione degli
istituti tecnici, questa eliminazione non è
certamente del tutto consequenziale a tale legge ma dipende anche da altri
fattori che possiamo così riassumere:
1) la volontà di togliere di mezzo diplomi spendibili immediatamente nel
mondo del lavoro e che
contemporaneamente davano immediato accesso alle facoltà universitarie,
nell'ottica dell'eliminazione del
valore legale dei titoli di studio, uno dei punti programmatici della
loggia P 2;
2) L'obiettivo di rastrellare una notevole mole di fondi, derivanti dalla
chiusura dei laboratori e dalla sparizione
di circa 100.000 posti di lavoro, da mettere a disposizione di padron
Berlusconi che userà per autoridursi le
tasse e per tamponare la voragine del deficit del bilancio dello stato, che
sta aumentando a causa di una
politica fallimentare;
3) la volontà di ampliare il canale dell'istruzione e formazione
professionale a scapito degli istituti tecnici poiché
buona parte della formazione professionale, soprattutto nel nord, è in mano
ai salesiani e ad altre congregazioni
religiose (è noto il legame della Moratti con Comunione e Liberazione e la
Compagnia delle opere).
LA SORTE DEI TECNICI
La Moratti nella sua opera distruttrice degli istituti tecnici per ora ha
trovato due ostacoli: i
sindacati di base e la Confindustria. Mentre l'opposizione dei sindacati di
base a tale disegno è
ovvia, altrettanto non è scontata quella di Confindustria, per cui ci
soffermiamo a chiarire questo
punto.
La Confindustria è perfettamente consapevole che gli attuali istituti
tecnici sono l'asse portante della scuola superiore
in Italia (36,7% di allievi iscritti) e che un arretramento culturale dei
tecnici, o peggio la loro sparizione, comporterebbe
grossi problemi, soprattutto per la reperibilità dei quadri intermedi
necessari alla produzione. La posizione della
Confindustria è emersa chiaramente ed ufficialmente al Convegno "Capitale
umano, qualità, competitività", organizzato
il 20 aprile a Vicenza dalla stessa Confindustria e dall'Associazione
industriali, con al centro la questione degli istituti
tecnici. A tale Convegno doveva partecipare anche la Moratti e quindi
chiarire le intenzioni del MIUR sullo scottante
argomento, ma all'ultimo momento la ministra ha preferito defilarsi,
ufficialmente prima per "motivi di sicurezza"(erano
previste contestazioni in suo onore), poi, vista la risibilità del
pretesto, "per importantissimi impegni istituzionali" ma in
realtà perché non aveva delle risposte convincenti da dare. Al suo posto ha
parlato il sottosegretario Maria Grazia
Siliquini che non ha sciolto alcun nodo sull'argomento. La Moratti ha
comunque fatto sapere che "esaminerà con
attenzione il rapporto che verrà presentato nel corso del convegno e in
particolare le proposte sugli istituti tecnici".
"Voglio sottolineare comunque- continua la nota pervenuta dal MIUR  che, né
per quanto riguarda i licei, né per
quanto riguarda l'istruzione e la formazione professionale, finora è stata
presa alcuna decisione. Assicuro che sarà
ampiamente valorizzato il patrimonio degli istituti tecnici, alla luce
anche dei risultati raggiunti con il tavolo tecnico
MIUR-Confindustria."
LA POSIZIONE DI CONFINDUSTRIA
La Confindustria denuncia il fatto che gli istituti tecnici non stanno
nella logica "duale" della
Moratti, che demarca nettamente il confine tra i percorsi liceali e quelli
di istruzione e formazione
professionale e rimarca anche che proprio gli istituti tecnici che hanno le
migliori performance occupazionali,
sono gli stessi che ottengono i risultati migliori per i loro allievi che
si iscrivono all'università.
La proposta di Confindustria va quindi nella direzione di mantenere
l'attuale vasta articolazione di indirizzi dei
tecnici nei futuri licei tecnologici ed economici, in contrapposizione alla
logica duale su esposta, il cui ispiratore è
notoriamente Bertagna. Inoltre questi licei tecnologici dovrebbero situarsi
in veri e propri "poli" ( tecnologici o
economici), dove funzionerebbero, oltre ai licei, anche percorsi di
istruzione e formazione professionale (triennali e
quadriennali), corsi serali, formazione continua e corsi post diploma in
collaborazione con le Università locali e le
imprese.. Ciò, secondo Confindustria, favorirebbe il passaggio da un canale
all'altro (con passerelle interne),
ottimizzerebbe l'uso dei laboratori e sarebbe occasione di arricchimento
professionale per i docenti che diverrebbero in
parte interscambiabili.
Il primo biennio dei licei tecnologici ed economici sarà unitario e
l'orario settimanale di 30/32 ore, comprensive di quota
nazionale e locale.
Per dimostrare che la cosa è possibile ed anzi auspicabile, durante il
Convegno di Vicenza, il presidente dei giovani
imprenditori veneti Giuseppe Zigliotto ha illustrato un progetto relativo
ai "poli".
L'iniziativa è stata promossa dall'Associazione industriali veneti che ha
coinvolto, nello studio e nella progettazione
di questa proposta da sottoporre al MIUR, i dirigenti dei più
rappresentativi istituti tecnici del Veneto. Ad un tavolo di
lavoro cui hanno partecipato funzionari dell'Associazione, dirigenti
scolastici e docenti, si sono confrontate idee e
ragionamenti per poi giungere ad una proposta comune e condivisa. Questa
proposta, pur nascendo da una realtà
veneta, ha l'ambizione di proporsi come modello nazionale.
I licei scientifici continuerebbero a rimanere tali, cioè licei
"generalisti", con vocazione solamente universitaria,
mentre i Poli tecnologici sarebbero di indirizzo e prevederebbero varie
possibilità di sbocco come prima esposto.
Ovviamente non avrebbe senso, per Confindustria, pensare a tanti poli
quante sono le scuole, si renderebbe necessaria
una riprogettazione dell'offerta formativa nel territorio, cioè in pratica
un nuovo dimensionamento con accorpamenti e
fusioni. Inoltre è prevista all'interno del Consiglio d'Istituto la
presenza di rappresentanti della regione e del mondo
produttivo per valorizzare il raccordo con il territorio.
Di fronte all'obiezione che in uno stesso Polo difficilmente potrà
convivere personale dipendente dallo stato (liceo
tecnologico) e personale dipendente dalla regione (istruzione e formazione
professionale) Confindustria risponde che
non è un problema, visto che la decentralizzazione in atto investirà tutto
il sistema dell'istruzione, come prevede il titolo
V della Costituzione.Viene comunque prevista nel progetto la possibilità da
parte del Dirigente scolastico di nominare
direttamente esperti esterni.
All'interno dei poli tecnologici troverebbero spazio le seguenti 8 aree
d'indirizzo: elettronica-meccanica e automazione,
energia ed impianti, informatica e comunicazione, chimica e biologia,
risorse agroalimentari ed ambientali, tessile- moda
  calzature e accessori, edilizia e territorio, trasporti e logistica.
All'interno dei poli economici, che costituiranno il riferimento per il
terziario amministrativo, aziendale, commerciale e
turistico, è previsto il liceo economico con struttura ad Y uguale a quella
del liceo tecnologico e suddiviso nei seguenti
indirizzi: Amministrazione e controllo; comunicazione e marketing, gestione
e servizi per il turismo.
In sintesi questi dovrebbero essere gli elementi caratteristici dei poli:
"Sedi comuni o anche fisicamente staccate,
purché integrate; sistema garantito ed automatico di passaggio tra i
diversi sistemi e percorsi ("passerelle"); orari
coordinati e compatibili al raccordo; laboratori in comune per una loro
ottimale valorizzazione e utilizzazione; docenti in
parte interscambiabili; aggiornamento dei docenti con esperti esterni in
comune; attività di cultura d'impresa e rapporto
scuola-lavoro (orientamento, visite aziendali, stage, impresa virtuale,
alternanza scuola-lavoro, ecc.) in comune o
almeno parzialmente comprese nell'orario curricolare; collaborazione
continuativa e organica con le Università e le
aziende del territorio; coordinamento didattico ed organizzativo tramite un
CTS, Comitato Tecnico Scientifico (con
rappresentanza delle diverse istituzioni formative, delle imprese, enti
locali e forze sociali del territorio) e/o presenza
all'interno del Consiglio di Istituto di un rappresentante della Regione e
di un rappresentante del settore produttivo di
riferimento per valorizzare il raccordo con il territorio; sistema di
trasporti rispondente alle esigenze".
Oltre alla Confindustria sul problema dei tecnici si sono mosse anche
alcune forze politiche e si è formato un
partito trasversale che va da alleanza nazionale ai democratici di sinistra
che tende a ridurre il danno rimanendo però
all'interno della legge 53. La posizione di Valditara riassume bene questa
tendenza.
LA PROPOSTA DI VALDITARA
La proposta di Valditara (responsabile scuola di A.N.) in parte si
interseca con quella di
Confindustria, in parte si diversifica. Infatti mentre da una parte si pone
l'accento sulla differenza tra
licei "generalisti" che preparano ai futuri studi universitari e licei
"vocazionali", come il tecnologico e
l'economico, che preparano sia per il proseguimento degli studi che per
l'ingresso in azienda, dall'altra si
chiarisce che tale diversificazione serve semplicemente a rendere i futuri
licei tecnologici eredi degli attuali
istituti tecnici , perché "sarebbe un errore se una parte prevalente
dell'attuale istruzione tecnica o economica
dovesse passare alle regioni nell'ambito della istruzione professionale".
LA SORTE DEGLI ISTITUTI PROFESSIONALI
La sorte degli istituti professionali e cioè il loro passaggio alle regioni
sembrava segnata sin dai tempi di Berlinguer,
tant'è vero che fino ad ora nessuna voce istituzionale si è levata in loro
soccorso. Dopo l'incontro che si è tenuto l'8
giugno tra MIUR, rappresentato da Aprea e Siliquini, ed i rappresentanti
del mondo del lavoro e delle professioni
(Associazioni, Confederazioni, Ordini e Collegi professionali) è rinata
qualche speranza anche per i professionali.
Riportiamo di seguito il commento dell'autorevole rivista Tuttoscuola
sull'incontro:
"Non e' ancora chiaro se sara' totalmente o parzialmente accolta la
proposta avanzata negli ultimi mesi da
AN, e con qualche variante anche dalla Confindustria, di canalizzare il
grosso degli istituti tecnici verso gli
almeno 11 indirizzi nei quali si articolerebbero il liceo tecnologico (8
indirizzi) e il liceo economico (3 indirizzi).
Pero' si fanno consistenti gli elementi che inducono a ritenere che questa
sara' la strada lungo la quale si
avviera' il Miur. Le pur scarne indicazioni che si ricavano dal comunicato
del Ministero dell'8 giugno portano
infatti in questa direzione. Il comunicato, nel riassumere i risultati
dell'incontro dei sottosegretari Aprea a
Siliquini con i rappresentanti del mondo delle professioni (ordini e
collegi professionali), sottolinea che "il dibattito
ha evidenziato (.) la necessita' di valorizzare l'istruzione tecnica nel
nuovo sistema dei licei e la formazione
professionale nel nuovo sistema dell'istruzione e formazione professionale".
Da notare che il comunicato parla di "formazione professionale", non di
"istruzione professionale".
Questo lascia pensare che tra gli indirizzi dei costituendi licei
tecnologico ed economico
potrebbero trovare spazio il grosso degli istituti tecnici nonche' degli
attuali
istituti professionali di Stato, che con il "Progetto '92", e ancor piu'
con il "Progetto 2002", hanno
accentuato gli elementi di analogia con i corrispondenti istituti tecnici.
Il ministro Moratti non si sarebbe ancora espresso nel merito, ma l'analisi
del contenuto del comunicato
rafforza il convincimento che si vada verso un modello di secondo ciclo nel
quale i due sistemi - "istruzione"
e "istruzione e formazione professionale" - si porrebbero
in qualche modo in continuita' con le esperienze passate: quelle
scolastiche a sviluppo quinquennale
da una parte, e quelle della formazione professionale regionale dall'altra,
con i correttivi portati dalla
sperimentazione in corso sui corsi triennali di qualifica."
Comunque l'eventuale trasformazione degli Istituti tecnici e professionali
in Licei Tecnologici non può avvenire né
solo con la delibera dei Collegi dei docenti, né solo con l'avallo del
Ministero. E' la Regione che, grazie al Dlg 112,
decide la distribuzione dell'Offerta formativa sul territorio. Quindi la
decisione definitiva su quanti licei potranno
esprimere i vari territori regionali è dei Governi regionali.
I DUE "SISTEMI"
Come interagiranno il sistema dei Licei ed il sistema dell'Istruzione e
formazione è chiarito
dalle "Indicazioni nazionali per i Piani di Studio Personalizzati del
sistema dell'istruzione liceale"
(Documento di lavoro per la commissione ministeriale) di cui sotto
riproduciamo il passaggio più
importante:
"Il secondo ciclo di istruzione e di formazione si compone del sistema dei
Licei e del sistema regionale degli Istituti
dell'istruzione e formazione professionale. Ambedue mettono al centro delle
proprie preoccupazioni l'armonica
ed integrale maturazione degli studenti e delle studentesse.
I due sistemi sono diversi per natura, scopi e durata, ma, allo stesso
tempo, sono complementari e di pari dignità
qualitativa. Per questo «è assicurata e assistita la possibilità di
cambiare indirizzo all'interno del sistema dei licei,
nonché di passare dal sistema dei licei al sistema dell'istruzione e della
formazione professionale, e viceversa,
mediante apposite iniziative didattiche, finalizzate all'acquisizione di
una preparazione adeguata alla nuova
scelta»; e inoltre, «la frequenza positiva di qualsiasi segmento del
secondo ciclo comporta l'acquisizione di crediti
certificati che possono essere fatti valere, anche ai fini della ripresa
degli studi eventualmente interrotti, nei
passaggi tra i diversi percorsi» di istruzione e di formazione (art. 2, co.
1, punto i della legge delega n. 53/03).
Per l'intera durata del secondo ciclo di istruzione e di formazione,
quindi, sono assicurate e garantite le possibilità
di riorientamento degli studenti, sia all'interno del sistema dei Licei,
sia tra il sistema dei Licei e quello degli Istituti
dell'istruzione e formazione professionale, grazie, in particolare, al
supporto dei Laboratori per l'Approfondimento,
il Recupero e lo Sviluppo degli Apprendimenti (Larsa), istituiti a livello
di rete territoriale.
Sulla carta quindi una possibilità di passerelle in entrambi i sensi che in
realtà si trasformerà in
un senso unico, visto l'enorme dislivello tra i due sistemi e quindi la
notevole difficoltà di un
allievo dell'istruzione e formazione professionale a "riorientarsi" verso
il liceo.
IL FUTURO DEI LICEI
Gli 8 licei saranno articolati in due bienni e in un ultimo anno che si
conclude con l'esame di
stato. Questo il loro ruolo:
- il Liceo artistico approfondisce la cultura liceale attraverso la
componente estetica intesa come principio di
comprensione del reale; (.)
- il Liceo classico conosce criticamente gli elementi fondamentali delle
discipline costituenti la cultura liceale
attraverso le strategie metodologiche acquisite dallo studio delle lingue e
letterature classiche (.)
- il Liceo linguistico si caratterizza per l'approfondimento della cultura
liceale dal punto di vista dello studio
integrato e correlato di più sistemi linguistici e culturali, esaminati sia
alla luce del loro sviluppo storico, sia
della padronanza comunicativa di almeno tre lingue comunitarie moderne,
oltre l'italiano, (.)
- il Liceo economico approfondisce unitariamente la cultura liceale dal
punto di vista specifico dei significati, dei
metodi e delle categorie interpretative dell'azione personale e sociale
messe a disposizione dagli studi economici
e giuridici; (.)
- il Liceo musicale e coreutico ha lo scopo di approfondire unitariamente
la cultura liceale dal punto di vista
specifico della competenza musicale e coreutica, alla luce dell'evoluzione
storica ed estetica (.)
- il Liceo scientifico legge l'intero della cultura liceale sulla base del
nesso culturalmente fecondo tra la tradizione
umanistica del sapere e la scienza, attraverso una conoscenza non
superficiale della cultura classica (.)
- il Liceo delle scienze umane attraversa unitariamente la cultura liceale
dal punto di vista specifico delle principali
teorie che consentono di interpretare con metodi scientifici aspetti
relativi all'identità personale, alla costruzione
delle relazioni umane e sociali e ai modelli educativi che ne conseguono;
- Il Liceo tecnologico introduce alla comprensione della cultura liceale
attraverso il punto di vista della tecnologia
e delle problematiche culturali e sociali ad essa collegate;
IL RUOLO DELLE REGIONI
Le regioni , confortate dalla modifica del titolo V della costituzione,
dall'art. 138 del Dlgs 112/98 e dalla sentenza n°
13 che la Corte Costituzionale ha emesso il 13/1/04, a seconda del loro
colore politico si sono lanciate in operazioni
"legislative" chi di totale anticipo dell'applicazione della legge
(Lombardia) chi di parziale boicottaggio (Emilia
Romagna).
Certamente l'entrata in campo delle regioni nella stesura del decreto
attuativo sul superiore sarà uno degli ostacoli
più grossi da superare per la Moratti.
Al fine di rendere più chiaro il loro ruolo riportiamo di seguito la
normativa sopra citata:
Il Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n° 112, che all'art. 138 recita: "Ai
sensi dell'art. 118, comma secondo, della
Costituzione, sono delegate alle regioni le seguenti funzioni
amministrative: a) la programmazione dell'offerta
formativa integrata tra istruzione e formazione professionale; la
programmazione, sul piano regionale, nei limiti
delle disponibilità delle risorse umane e finanziarie, della rete
scolastica, sulla base dei piani provinciali, assicurando
il coordinamento con la programmazione di cui alla lettera a); la
suddivisione, sulla base anche delle proposte
degli enti locali interessati, del territorio regionale in ambiti
funzionali al miglioramento dell'offerta formativa; la
determinazione del calendario scolastico; i contributi alle scuole non
statali; le iniziative e le attività di promozione
relative all'ambito delle funzioni conferite.".
La sentenza della Corte Costituzionale n° 13 del 13 gennaio 2004, emessa a
seguito di un ricorso dell'Emilia Romagna
afferma che spetta al governo delle Regioni (e quindi all'Assessore
specifico) e non alla Direzione regionale
(rappresentante dell'amministrazione scolastica statale) la distribuzione
del personale sul territorio. Ecco la parte
saliente della sentenza:
"Tutto ciò non è più possibile nel quadro costituzionale definito dalla
riforma del Titolo V, giacché la materia
istruzione ("salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con
esclusione della istruzione e della formazione
professionale") forma oggetto di potestà concorrente (art. 117, terzo
comma, Cost.), mentre allo Stato è riservata
soltanto la potestà legislativa esclusiva in materia di "norme generali
sull'istruzione" [art. 117, secondo comma,
lettera n)]. [.]
Una volta attribuita l'istruzione alla competenza concorrente, il riparto
imposto dall'art. 117 postula che, in tema
di programmazione scolastica e di gestione amministrativa del relativo
servizio, compito dello Stato sia solo quello
di fissare principî. E la distribuzione del personale tra le istituzioni
scolastiche, che certamente non è materia di
norme generali sulla istruzione, riservate alla competenza esclusiva dello
Stato, in quanto strettamente connessa
alla programmazione della rete scolastica, tuttora di competenza regionale,
non può essere scorporata da questa
e innaturalmente riservata per intero allo Stato; sicché, anche in
relazione ad essa, la competenza statale non può
esercitarsi altro che con la determinazione dei principî organizzativi che
spetta alle Regioni svolgere con una
propria disciplina."
Come si evince dalla citata normativa la programmazione dell'offerta
formativa sul territorio e gli organici saranno
di pertinenza più del Governo delle Regioni che dello Stato. Come e in
quali tempi questo avverrà non è dato sapere.
Comunque in Lombardia, già si prevede una gestione addirittura provinciale
e comunale del personale docente. In
Emilia Romagna invece non si vorrebbe tanto gestire il personale, quanto
decidere l' effettivo numero di docenti
necessario nelle scuole della regione. Il fatto di doversi assumere l'onere
del pagamento degli stipendi del personale
della scuola per ora ha bloccato di fatto le recriminazioni della maggior
parte delle regioni.
LA REGIONE LOMBARDIA FA DA APRIPISTA
La Regione Lombardia ha predisposto una proposta di legge regionale che,
pur rimanendo nel solco della riforma
Moratti tende, almeno in teoria, a nobilitare il sistema dell'istruzione e
formazione professionale. Infatti, oltre agli
otto licei, il nuovo sistema educativo regionale prevede quattro percorsi
formativi,tutti parificati agli standard europei:
- qualifica di istruzione e formazione professionale ( 3 anni  II livello
europeo Ects);
- diploma di istruzione e formazione professionale ( 4 anni  III livello);
- diploma di istruzione e formazione professionale superiore (5- 7 anni  IV
livello);
- diploma di alta formazione professionale ( 9 anni  V livello);
Dopo 4 anni di studi sarà possibile sostenere l'esame di maturità, utile
anche per entrare all'università ( o all'alta
formazione) purchè si frequenti un corso annuale integrativo. I titoli su
esposti potranno essere conseguiti anche
attraverso percorsi di apprendistato.
I LARSA permetteranno in ogni momento di passare da un sistema all'altro.
Gli istituti tecnici diventeranno dei
"laboratori di eccellenza che continueranno a rilasciare diplomi validi per
l'università e per la scuola universitaria
professionale" asserisce l'assessore regionale Alberto Guglielmo. In realtà
il progetto di legge regionale non scioglie
l'enigma del destino dei tecnici, infatti l'assessore sembrerebbe
includerli nel canale dell'istruzione e formazione
professionale, dimenticandosi però che la legge 53 non prevede per questo
canale la possibilità di rilasciare diplomi
validi per l'università. Comunque da settembre partirà una sperimentazione.
UN ASSAGGIO DELLA CONTRORIFORMA :
ALTERNANZA SCUOLA LAVORO E DIRITTO DOVERE
In realtà la Moratti ha già iniziato la controriforma del superiore
attraverso i decreti attuativi su alternanza scuola
lavoro e diritto- dovere allo studio.
L'AZIENDA DIVENTA SCUOLA
Con questo titolo il sole 24 ore, organo ufficiale della Confindustria,
preannunciava l'approvazione
in sede di Consiglio dei ministri il 21 maggio del decreto sull'alternanza
scuola-lavoro, uno dei
tanti previsti dalla legge 53. Questo decreto, scritto direttamente dalla
Confindustria, è complementare
all'aziendalizzazione della scuola pubblica introdotta dal precedente
governo di centrosinistra con la legge
sull'autonomia scolastica e conclude il percorso.
Infatti se si entra nell'ottica che una scuola può funzionare come
un'azienda, col dirigente-manager
ed il suo "staff", il consiglio d'amministrazione, i caporeparto (le
funzioni strumentali) ed i docentioperai
allora, ribaltando il ragionamento in modo speculare, anche un'azienda può
funzionare da
scuola e così sarà se non li fermiamo in tempo.
Gli allievi di tutte scuole superiori a 15 anni potranno scegliere tra le
lezioni in classe e la possibilità di
imparare lavorando in azienda e le ore trascorse sul posto di lavoro
saranno considerate interne al "tempo
scuola". Non viene posto alcun limite a questa permanenza se non quello che
risulterà dagli accordi
stipulati direttamente tra le scuole e le aziende o enti presso i quali gli
studenti si recheranno al lavoro,
ovviamente gratis (non solo, ma le aziende per questo verranno anche
incentivate dallo stato). A dimostrazione
della perfetta pariteticità tra scuola e azienda ci sarà per lo studente un
doppio tutoraggio: un tutor designato
dalla scuola ed uno designato dall'azienda.
L'OBBLIGO DIVENTA "DIRITTO-DOVERE"
L'altro decreto approvato dal Consiglio dei ministri il 21 maggio riguarda
il cosiddetto "dirittodovere"
all'istruzione che prende il posto dell'obbligo scolastico. Al comma 3
dell'art.1 è scritto
che "La Repubblica assicura a tutti il diritto all'istruzione e alla
formazione, per almeno dodici anni o,
comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno
di età."
A prima vista sembrerebbe un'estensione dell'attuale obbligo scolastico ma
in realtà è una regressione
per le seguenti motivazioni:
1) l'obbligo scolastico è previsto dall'art. 34 della Costituzione, la
Moratti pretende di annullarlo
con un semplice decreto attuativo (art.1 comma 2);
2) Il dovere di cui si parla nel decreto è "un dovere sociale ai sensi
dell'articolo 4, secondo
comma della Costituzione" che prevede che "ogni cittadino ha il dovere di
svolgere secondo le
proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che
concorra al progresso materiale
o spirituale della società ". Per la violazione di questo tipo di "dovere
sociale" non è prevista
alcuna sanzione nel nostro ordinamento giuridico a differenza dell'obbligo
che è giuridicamente
definito e sanzionato, per cui l'affermazione contenuta nel comma 3
dell'art.7 "in caso di mancato
adempimento del dovere di istruzione e formazione si applicano a carico dei
responsabili le sanzioni
previste dalle norme vigenti" cade completamente nel vuoto, una delle tante
bugie berlusconiane.
3) L'apprendistato viene equiparato a tutti gli effetti ai fini
dell'assolvimento del dirittodovere
agli altri percorsi di istruzione e formazione, per cui frequentare corsi
con un numero
considerevole di ore di formazione e lavorare soltanto evocando la
formazione avranno lo
stesso valore formativo secondo la Moratti.
In fase di approvazione in Consiglio dei Ministri come ultima novità è
stata introdotta la
possibilità di assolvere il diritto-dovere arruolandosi nelle forze armate
che diventano agenzia
formativa a tutti gli effetti.
LA POSIZIONE DELL'UNICOBAS
L'Unicobas giudica l'imposizione a 13 anni della scelta duale tra licei e
formazione professionale
come l'aspetto più classista della controriforma della Moratti: tale
scelta, praticamente irreversibile,
verrà fatta dalle famiglie in base alle loro possibilità economiche. Si
vuol togliere la possibilità di
quella opzione intermedia che oggi è rappresentata dagli istituti tecnici e
che risulta tra l'altro la più
apprezzata (36,7% di iscritti a fronte di un 22,3% dei professionali e un
20% dei licei scientifici).
Estremamente negativi sono poi gli aspetti che riguardano la riduzione
dell'orario delle lezioni
a 27 ore in tutti i tipi di liceo, compreso il tecnologico e l'economico,
il tutor che gerarchizza la
categoria ed il portfolio che, agganciato al libretto di lavoro, come
richiede Confindustria, risulterà
essere una vera e propria schedatura preventiva da presentare al datore di
lavoro.
Pertanto l'Unicobas, di fronte ad una controriforma che ha come unico scopo
quello di destrutturate e svilire la
scuola pubblica, colpendo con particolare brutalità i settori meglio
funzionanti (scuola elementare ed istituti tecnici),
continuerà a lottare per salvaguardare l'attuale assetto della scuola
italiana, convinto che tutto può essere migliorabile,
ma proprio per questo per qualsiasi riforma deve valere la regola "primum
non nocere".
Quando comparirà all'orizzonte una riforma che rispetti questo elementare e
"sano" principio l'Unicobas la prenderà
in considerazione e intanto continuerà a lottare per l'elevamento
dell'obbligo scolastico a 18 anni, condizione
indispensabile per una libera scelta. Le posizioni di Confindustria e di
A.N. possono essere in parte condivisibili per
chi si pone nella posizione di salvare il salvabile tramite emendamento
dando per scontata la validità generale della
legge 53 ma proprio per questo risultano contraddittorie.
I Poli tecnologici rappresenterebbero una realtà talmente variegata e
divergente da rischiare l'esplosione, mentre la
pura e semplice licealizzazione dei tecnici produrrà uno loro snaturamento
difficilmente reversibile.
Meglio adoperarsi per l'abrogazione della legge 53.

--
Unicobas - l'Altrascuola
via Tuscolana, 9
00182 Roma
067027683