Riforma epocale   o   smantellamento della Scuola Pubblica ?

E’ stata approvata la decima bozza, definitiva, del decreto riguardante il secondo ciclo di istruzione e formazione, il cui  testo non è ancora stato pubblicato.

Poiché il governo, tramite la  propaganda televisiva e le conferenze stampa, fa sapere che si tratta di una riforma epocale  varata con ampio consenso,  per tentare un’analisi corretta è necessario fare riferimento ai testi esistenti, la Legge 53/2003, i Decreti Alternanza Scuola Lavoro e Diritto-Dovere e l’ultima versione consultabile del Decreto sulle Scuole Superiori, la nona, del 2 maggio 2005.

Valutati attentamente gli unici documenti attendibili, il Collegio dei Docenti giudica negativamente la riforma Moratti e i vari progetti di legge attinenti  l’ambito dell’istruzione,  sia nel  metodo che nel merito.

 Per quanto concerne il metodo, la riforma è stata decisa in due mesi, in tutta fretta e senza consultazioni con organi  realmente rappresentativi del mondo della scuola.

Non si conoscono, o sono poco trasparenti, le competenze didattico scientifiche degli estensori dei principali  documenti, dalle prime bozze  Bertagna,  alla legge 53/2003, ai recenti decreti, che del resto sono scritti con un linguaggio carico di enfasi burocratico pedagogica, ripetizioni, contraddizioni, ovvietà e perfino incertezze sintattiche.

I provvedimenti essenziali, ad esempio quelli relativi alle materie di studio e alle ore settimanali,  non sono stati discussi e decisi in Parlamento, ma solo dai decreti legislativi del Governo.

Per quanto riguarda il merito, la ripartizione in due sistemi, liceale e professionale, obbliga i ragazzi di 13 anni  ad una scelta definitiva ma troppo precoce, che può pregiudicare il loro futuro.

La formazione professionale si configura  come  una scuola di serie B rispetto ai licei,  perché il suo percorso, ridotto a soli quattro anni e affidato interamente alle Regioni, più che istruzione sembra un rapido  addestramento al lavoro, che difficilmente consentirà agli studenti di accedere all’Università.

Sono previste, ma non ancora definite, quote orarie nazionali e regionali, le quali, da una parte, comportano il rischio di una nuova centralizzazione, che sottrarrebbe autonomia agli istituti, e dall’altra produrranno una frammentazione territoriale della formazione, su cui già incombe l’incognita della cosiddetta  devolution,   vale a dire 20 diversi sistemi scolastici regionali.

Che l’autonomia dei singoli istituti  sia messa in discussione è dimostrato dall’ennesimo “nuovo esame di stato”,  indicato nel decreto, che prevede   prove predisposte e gestite dall’INVALSI, cioè a livello ministeriale.

Ma, allo stesso tempo, l’orario dei Licei propone la dispersione di una scuola “fai da te”:  è diviso in curricolare, ridotto drasticamente, obbligatorio a scelta dello studente e facoltativo ed  è distribuito su troppe materie in rapporto  al  numero di ore, sicuramente  insufficiente per un apprendimento approfondito ed efficace.

Si prospetta così una scuola nella quale vengono somministrate tante pillole  di conoscenze superficiali, come si può dedurre anche dalle bozze di alcuni programmi, caratterizzati da disarticolazione e omissioni di argomenti fondamentali.

Riduzione delle conoscenze e dispersione del tempo  significa anche riduzione delle  cattedre e dei  posti lavoro.  Più che una riforma epocale sembra un pretesto per risparmiare su un servizio pubblico essenziale, tant’è vero che l’articolo 27 del decreto stabilisce, a priori, indipendentemente dalle reali esigenze delle scuole e dal numero dei nuovi iscritti dei prossimi anni,   che gli organici del 2005/6 saranno bloccati fino al 2010/11.

Le scuole superiori con ogni probabilità sostituiranno  i docenti mancanti ricorrendo, come recita l’articolo 12,   a  personale  esperto  non abilitato con contratti di diritto privato nei limiti delle risorse iscritte nei loro  bilanci.

Il decreto sull’Alternanza Scuola Lavoro introduce di fatto un terzo percorso formativo, sia per gli istituti  professionali che per i licei,  e prevede, per gli studenti dai 15 ai 18 anni, la possibilità di alternare studio e lavoro, ma senza una chiara distinzione quantitativa e qualitativa tra le due attività, lasciando presupporre un’ulteriore riduzione e dispersione del tempo dedicato all’istruzione, a vantaggio di un precoce avviamento professionale.

L’impressione è confermata anche dal  decreto sul Diritto Dovere, il cui testo, per di più,  è caratterizzato da evidenti ambiguità linguistiche, dato che  i termini diritto,  dovere  e obbligo sono contraddittori e confusi:

il diritto all’istruzione e alla formazione si realizza  nelle istituzioni scolastiche, anche attraverso l’apprendistato … I genitori che intendano provvedere privatamente o direttamente all’istruzione dei figli, ai fini dell’esercizio del diritto – dovere,  devono dimostrare di averne la capacità tecnica o economica e darne comunicazione anno per anno alla competente autorità, che provvede agli opportuni controlli  … in caso di mancato adempimento  del dovere di istruzione si applicano a carico dei responsabili le sanzioni relative al mancato assolvimento dell’obbligo scolastico…

Decisamente anacronistica e in palese contrasto con l’autonomia degli istituti è la proposta di Stato Giuridico, che prevede un percorso a ostacoli, valutato secondo criteri burocratici e gerontocratici, il quale distingue e divide i docenti e le loro retribuzioni secondo la scala gerarchica dei  tirocinanti,  iniziali,  ordinari  ed esperti.

Ed è inquietante la premessa teorica di alcuni esponenti della Commissione Cultura della Camera, i quali descrivono offensivamente gli insegnanti come super pagati, psicolabili, incompetenti e irresponsabili, per giustificarne la sottomissione al potere centrale del Ministero.

Tutti i  provvedimenti citati  si accompagnano all’obiettivo prioritario del MIUR dal Settembre 2001, dichiarato in documenti firmati dai Ministri dell’Istruzione e delle Finanze: la riduzione del 15 % della spesa del personale.

Questa, a sua volta, è stata supportata da tutte le successive finanziarie, che hanno causato, oltre al rischio di rendere inapplicabili gli stessi decreti della riforma,  i tagli dei fondi destinati alle scuole, il blocco delle assunzioni e l’eliminazione di migliaia di posti di lavoro, tra docenti e personale ATA, con  il conseguente massiccio ricorso al  lavoro precario, senza alcun riguardo per la continuità e la qualità della didattica, come dimostrano  le classi di 28 alunni  e oltre, che  non sono più un’eccezione.

In Emilia Romagna, ad esempio, nel 2004/5, causa il contemporaneo aumento degli alunni e la riduzione del personale, le  scuole  superiori  hanno lavorato con 130 docenti in meno,  di cui  20 in provincia di Modena;  in tutti gli ordini di scuola sono mancati  244  insegnanti di sostegno, di cui  30 in provincia di Modena.

Continuiamo a fare il nostro dovere  in condizioni di disagio e dequalificazione, ma non possiamo certo sentirci sollevati se pensiamo che, con il pretesto della crisi, da una parte si risparmia sulla scuola pubblica e dall’altra si stanziano cospicui finanziamenti statali alle scuole private e si elargiscono diversi condoni e regali fiscali, perfino alle squadre di calcio.

Come docenti e cittadini, vogliamo evitare il progressivo impoverimento della scuola pubblica, aggettivo che, forse non a caso, è  stato eliminato dalla denominazione Ministero dell’Istruzione.

Riteniamo sia essenziale difendere, valorizzare e potenziare tutte le risorse che garantiscono la qualità della formazione,  un investimento prioritario e indispensabile per il futuro del paese,  nel pieno rispetto degli  articoli  33  e 34  della nostra Costituzione.

Siamo convinti che qualsiasi riforma, per essere autentica, debba fondarsi sull’autorevolezza e la competenza di chi la propone,  su un’informazione completa e corretta, sulla partecipazione attiva, sul  confronto costante e sull’effettivo  coinvolgimento di tutto il personale della scuola e degli organi collegiali.

Pertanto, in attesa che questo avvenga, chiediamo il ritiro della Legge 53/2003, dei relativi Decreti e della proposta di legge sullo Stato Giuridico degli insegnanti.

Approvato a larga maggioranza dal  Collegio dei Docenti dell’Istituto Paradisi - Allegretti   di Vignola    il   6 Giugno 2005