Nel segno della libertà

di Davide Rossi

"Ragazzi capite che vi vogliono tenere lontani dalla scuola e dal sindacato?" Quest'affermazione forte, è un richiamo, un appello accorato all'impegno, alla libertà, alla cultura. È contenuta in "Esperienze pastorali" del '57 e continuo a credere che questa frase possa essere considerata una sintesi del pensiero pedagogico di don Milani. Su don Lorenzo si è detto e scritto molto, di tutto, negli ultimi anni si sono moltiplicati i denigratori e peggio di loro i finti estimatori, quelli che pretendono di guardare con simpatia e affetto al maestro di Barbiana snaturandone però in profondità il pensiero e l'opera. Davvero sconvolgente discutere con insegnanti di "Comunione e Liberazione", i quali con la più serafica ipocrisia affermano di richiamarsi all'esperienza di Barbiana, per questo sostengono il ministro Moratti. Barbiana credo al contrario che sia sempre più dimenticata, in particolare nei suoi valori di grande respiro, profondi, quelli che ci obbligano a immaginare, costruire una diversa scuola. L'uguaglianza è centrale, per don Milani lo studio è cosa seria ma non è mai criterio di selezione. Tutti, nessuno escluso devono avere le stesse possibilità di studiare, le stesse opportunità che la scuola deve sfruttare per permettere la piena espressione delle singole potenzialità. Un insegnate che boccia, boccia sé stesso.

Quando i miei alunni ripetono con frequenza un errore chiedo divertito: "chi è il tuo insegnante?" e quando mi rispondono "Tu!" esclamo a gran voce: "che disastro il tuo maestro!". Barbiana insegna quindi che il successo scolastico, la valutazione, non possono essere strumenti di selezione. Don Lorenzo ci insegna che proprio la serietà dell'impegno è il contrario di una scuola che giudica. Far scuola diventa un mettersi in gioco prima di tutto umanamente, condividere la passione per il sapere e per la cultura, la consapevolezza che non esistono barriere, che la voce di ciascuno, l'interpretazione e il pensiero di ciascun bambino o ragazzo sono indispensabili per incamminarsi verso quei saperi critici che nascono dal confronto, si costruiscono nel rispetto e diventano adulti nel dialogo e nella tolleranza. Sappiamo che don Lorenzo non mancava di assestare talvolta qualche rude carezza ai suoi ragazzi, ma ogni suo scritto ci spiega che avveniva nel più profondo affetto, nella gioia giocosa dello stare insieme. Scuola quindi come luogo di uguaglianza in cui costruire in amicizia i saperi necessari per il domani. Quest'orizzonte è certamente un patrimonio condiviso tra noi, studenti, genitori, insegnanti, che nella nuova Europa cerchiamo di costruire una reale sindacale alternativa al pensiero unico della Confederazione Europea dei Sindacati che a Berlino lo scorso settembre ha sottoscritto un documento in cui si afferma che i quiz sono cultura. Negli stessi giorni, con l'entusiasmo e la passione per la scuola che ogni mattina ci fanno entrare in classe, sempre a Berlino, all'università Humboldt, abbiamo fondato la Federazione Europea del Sindacalismo ALternativo nel campo dell'Educazione (FESAL – E). Noi, oggi, diecimila persone in sei nazioni del continente, crediamo che la scuola sia luogo di promozione dei saperi, non pre-corso di formazione aziendale in cui si inseguano le urgenze del momento di una società mercificata. Crediamo nella libertà, a partire de quella d'insegnamento, perché maestri e professori devono far conoscere la cultura attraverso quello in cui credono. Non esiste insegnamento della letteratura se quella poesia non ha emozionato per primi noi che dobbiamo farla conoscere ai giovani, non esiste insegnamento della storia se quegli avvenimenti non ci hanno prima suscitato una riflessione.

Libertà d'apprendimento degli studenti, che imparano solo quando sono soggetti attivi, sanno di poter esprimersi, non di dover ripetere stancamente quanto è stato loro trasmesso con ancor maggiore noia. L'attuale presidente del consiglio in un giorno di sole per i tanti manifestanti in pazza, ma buio per le parole pronunciate, ha affermato spavaldo – era il 2001 - che la nuova scuola da lui proposta avrebbe insegnato la competizione e la scala gerarchica.

Con parole dure ma sincere ha espresso la follia di una scuola che vorrebbe asservisse gli uni al potere degli altri, una scuola triste e ingiusta, succursale di una società in cui, nonostante il benessere dell'occidente a danno e contro il resto del pianeta, il tasso di paura sociale è altissimo e dove gli individui, esalatati nella loro fragilità, vengono costretti ad un conformismo dilagante e dominante, in cui i pensieri e le emozioni non valgono per quello che sono, ma sono costretti e incanalati in formule preconfezionate. Una società in cui sin dai di banchi di scuola si vorrebbe che le giovani generazioni fossero ammaestrate ad obbedire o comandare, ben sapendo che quelli che saranno costretti ad obbedire saranno la stragrande maggioranza.

Altro allora è l'orizzonte di don Lorenzo, che esaltava gli scioperi e ne leggeva i resoconti sui quotidiani con i suoi ragazzi, che invitava a disobbedire perché il silenzio di fronte all'autorità non deve mai ledere la dignità e le ragioni di ciascuno di noi, che criticava la televisione come strumento degli sfruttatori, sì proprio così li chiamava! Le parole di don Lorenzo sono acqua viva per chi come noi non rinuncia a sognare, lottare e lavorare per un mondo migliore, più giusto, più rispettoso. La FESAL –E crede nella libertà e nella cultura e insegue una stella al contempo luminosa e lontana, quella capace di continuare a farci camminare, metterci alla ricerca e in ascolto degli altri, perché ogni incontro è ricchezza, scambio di esperienze. Viviamo la scuola come una comunità in cui insieme, con gioia e superando le difficoltà, si procede verso il futuro. Il nostro cammino è ancora lungo ma portiamo una certezza nel cuore, finché saremo aperti agli altri, a capire, finché accoglieremo senza compiere distinzioni, saremo nel solco di Barbiana.