Gentili colleghi,
Vi segnaliamo una mozione approvata a larga maggioranza dal nostro collegio
dei docenti sulla Riforma della scuola.
Vi alleghiamo una copia del documento, pregandovi di darne ampia diffusione.
Ringraziandovi, porgiamo i nostri saluti.
I docenti dell'ITC Colamonico
---------------------------------------------
ITC C. Colamonico
st.da vic. S. Marco, c.n.
70021 - Acquaviva delle Fonti (BA)
Tel. 080.75.79.23 Fax. 080.76.17.20
http://www.itccolamonico.it
email: scuola@itccolamonico.it

MOZIONE DELL'ITC “C. COLAMONICO” SULLA RIFORMA DELLA SCUOLA

I docenti dell’Istituto “C. Colamonico”, nella seduta del Collegio convocato in data 14/05/2004, esprimendosi sulla Legge 28 marzo 2003 n. 53 e sul conseguente Decreto Legislativo del 23/1/2004, relativo alla definizione delle norme generali sulla scuola dell'infanzia e del primo ciclo dell'istruzione, evidenziano i seguenti aspetti:

·    Premettono che il documento parte dalla convinzione che la scuola è “bene comune” ed è diretta a sostenere lo sviluppo individuale e il progresso culturale e civile di una Nazione;

·    Dissentono su alcuni punti strutturali della "riforma" che dequalificano l'impianto complessivo del percorso dell'istruzione in Italia, quali l'eliminazione dell'obbligo scolastico (abrogazione della legge n. 9/99), che colloca il nostro paese al di sotto dei minimi previsti dalla legislazione precedente e lo pone in controtendenza rispetto all'Europa, e il conseguente passaggio dall'obbligo al cosiddetto diritto-dovere, che di fatto garantisce soltanto un generico percorso di formazione al di fuori di un contesto di istruzione, creando in questo modo modalità strutturali di sperequazione tra i giovani.

·    Ritengono che la scelta tra il sistema dei licei e quello della formazione professionale avviene troppo precocemente (l’anticipo dell’ingresso nella scuola dell’infanzia porta di fatto la scelta a 12/13 anni) con inevitabili rischi di riproposizione di ruoli e condizioni sociali consolidati. Non va dimenticato infatti, che ancora oggi, il futuro scolastico dei ragazzi e delle ragazze non avviene in base alla valorizzazione dei rispettivi “talenti o “intelligenze”, ma è legato alla condizione sociale e culturale di provenienza.
Il primo biennio della scuola superiore, nel quadro normativo precedente, rappresentava invece un elemento concreto di realizzazione di alcune funzioni centrali della scuola:
1.    l’orientamento e la scelta,
2.    la conclusione della formazione di base,
3.    la costruzione delle basi per percorsi quinquennali e per i percorsi di formazione professionale
Senza questo passaggio il diritto/dovere alla formazione fino a 18 anni diventa, di fatto, una pura dichiarazione di principio;

·    Contestano l'impianto pedagogico e organizzativo del progetto complessivo, imperniato su un modello duale (il doppio canale), che, già rivelatosi inadeguato negli stessi paesi in cui è stato attuato, manifesta una precisa scelta di istituzione di due sistemi implicitamente distinti e non comunicanti (il primo astratto e teorico, il sistema dei licei, il secondo finalizzato soltanto all’inserimento nel mondo del lavoro); quindi, di fatto, la separazione tra "cultura" e "professione" con la distinzione tra Licei da una parte e istruzione/formazione professionale dall'altra e con la riproposizione di vecchi modelli che rinviano al passato, disattendendo le esigenze espresse dagli stessi soggetti produttivi e dalle nuove dinamiche della società di oggi.

Il rischio insito nel progetto di riforma è quindi quello di garantire i “passaggi” tra i due sistemi solo come “scivoli” verso il “basso”, ovvero tra licei e istruzione e formazione professionale.

·    Esprimono una posizione critica sul decreto relativo all'alternanza scuola/lavoro, che prefigura un modello ibrido di istruzione e che ha suscitato le perplessità anche di quei soggetti sociali (come, per esempio, la Confindustria) che sono più interessati alle dinamiche del mercato del lavoro.

·    Valutano negativamente il passaggio di consegne dallo Stato alle Regioni e agli enti locali, non solo per l'attuazione della cosiddetta quota regionale prevista dall'interno dei programmi nazionali, ma anche e soprattutto per la gestione dell'intero settore dell'istruzione/formazione professionale, non può essere lasciato al caso e alla buona volontà delle Regioni. Ciò contrasta con il principio dell'unitarietà del sistema educativo nazionale coerente con il dettato costituzionale (art. 33), mette in discussione l'equivalenza e l'omogeneità formativa dei diversi percorsi, elimina il diritto ad avere un percorso d'istruzione di base comune a tutti, configurando in questo modo un modello educativo contrario al processo evolutivo di tutta la società europea occidentale nella sua tradizione storica.

·    Esprimono forte preoccupazione per l'impegno preciso e solenne preso dal Governo nei confronti del Parlamento nel momento della delega sulla scuola (18/2/2003) di "...comprendere nel sistema dell'istruzione e della formazione professionale la maggior parte degli Istituti Tecnici,   gli Istituti   Professionali   ed   i   Centri   di   Formazione professionale Regionale,  articolandoli in diversi indirizzi per corrispondere alle molteplici esigenze della società e del mondo del lavoro, finalizzandoli prevalentemente all'operatività affinchè venga trasmessa  l'acquisizione di capacità, di abilità, di conoscenze e competenze culturali e professionali, dotandoli di un forte legame con la realtà produttiva, economica e lavorativa...”

·    Contestano la collocazione degli Istituti Tecnici all’interno dell’istruzione liceale e/o della formazione professionale; ambedue le soluzioni sono radicali e non colgono appieno la natura dei percorsi formativi proposti da questi settori dell’istruzione, trascurando la loro particolare evoluzione storica e il ruolo e la funzione formativa che potrebbero avere all’interno di una società tecnologicamente avanzata;

·    Denunciano come la prospettiva del “doppio canale” tra Licei da una parte e istruzione/formazione professionale dall'altra ha già generato confusione e dispersione tra i ragazzi che accedono per la prima volta alla scuola secondaria superiore, determinando un forte calo di iscrizioni per il prossimo anno scolastico in tutti gli Istituti Tecnici e Professionali a vantaggio degli attuali Licei Classico e Scientifico.

·    Denunciano alcune novità già previste per la scuola di base che prefigurano un orizzonte di profonda modifica rispetto al quadro normativo precedente e ad alcune funzioni della scuola ritenute fondamentali e centrali:

·    la riduzione dell'orario curricolare a 27 ore settimanali (25 di fatto con il calcolo della quota regionale), svilisce il percorso formativo, riduce la valenza delle singole discipline, svaluta il concetto stesso di curricolo e, introducendo il concetto di "facoltatività" di alcune discipline, genera forti e gravi differenze tra gli istituti e gli stessi insegnamenti;

·    il decreto sugli standard minimi, rischia di produrre un abbassamento del livello scolastico dei diversi indirizzi scolastici;

·    l'abolizione del tempo pieno/prolungato, sostituito da un tempo scuola che elimina la progettualità didattica precedente sostituendola con attività non integrate sul piano didattico-curricolare e la cui continuità negli anni futuri è demandata soltanto alla disponibilità dei fondi e degli organici di ciascuna scuola;

·    il valore della collegialità nel lavoro del corpo docente, viene eliminato di fatto dall'introduzione della figura del docente tutor, che come modello inserito nella scuola primaria sarà probabilmente trasmesso anche alla secondaria;

·    Denunciano la gravissima riduzione di organici e i tagli dei posti di lavoro comportati necessariamente dalla riforma con la riduzione delle ore curricolari, che sarà particolarmente significativa per alcune discipline, come è possibile evincere dai piani di studio della scuola media, sarà ancora più evidente alle superiori, soprattutto in quei piani di studio che prevedono attualmente 32/36 ore settimanali e, come già anticipato, dalla costituzione di cattedre a 18 ore settimanali con la frammentazione dei blocchi disciplinari e l’aumento del rapporto docenti/n. Classi.

·    Giudicano negativamente le modalità di attuazione della riforma, realizzata in fasi distinte (prima la scuola primaria, poi la secondaria) e con successivi decreti attuativi che frammenta inevitabilmente la riflessione che docenti, genitori, allievi, mondo produttivo e forze sociali possono attuare, impedendo quindi, ai soggetti interessati e coinvolti, di avere una visione d'insieme complessiva, d’insieme e di direzione di senso del progetto stesso.

·    Condannano il contesto di effettiva disinformazione con cui il processo di elaborazione e di successiva attuazione della riforma è stato condotto sino ad ora. Ciò non favorisce la riflessione e l’analisi delle problematiche positive e negative connesse con l’impianto progettuale: agli spot ministeriali e al materiale propagandistico diffuso a profusione nelle scuole o inserito nelle pubblicazioni di settore, non è stata mai affiancata infatti una consultazione del corpo docente e dei genitori, nonostante le dichiarazioni rilasciate dal ministro Moratti a tutti gli organi di informazione di massa.
Non sono, inoltre, mai stati diffusi presso il corpo docente di ogni ordine e grado i risultati della "sperimentazione" avviata in questo anno scolastico in alcuni istituti, che hanno deciso di aderire alle scelte del MIUR.

·    Rivendicano la centralità e l'alta valenza formativa della scuola pubblica come luogo di formazione della coscienza civile, democratica e pluralista dei giovani e contestano quindi ogni progetto volto a destrutturare le sue conquiste, impoverendone l'offerta formativa con una progressiva ma costante riduzione di fondi, non sufficiente neppure a garantire il normale funzionamento delle scuole, a fronte invece di un costante aumento dei fondi a favore della scuola privata.

Il Collegio Docenti delibera a larga maggioranza l'approvazione del presente documento.

Il Collegio delibera altresì che il presente documento sia trasmesso al Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, al Direttore Scolastico regionale, al Dirigente del C.S.A. di Bari, al Consiglio d'Istituto, ai Rappresentanti dei Genitori e degli Studenti dell’Istituto, a tutti gli Istituti Superiori della Provincia, alle Associazioni Professionali, alle organizzazioni sindacali territoriali, al Comune, alla Provincia e alla Regione.