Genova 2002: Dalle luci delle strade ai dubbi del dibattito
di Davide Rossi

20 luglio 2002. Di nuovo a Genova, in 150mila, stretti nelle vie che hanno visto un anno fa il violento, brutale inaudito attacco contro migliaia di ragazze e ragazzi inermi, contro le loro idee, contro il nostro comune desiderio di un mondo che ponga termine allo sfruttamento dei popoli poveri e all'impoverimento delle donne e degli uomini anche qui nei paesi ricchi, dove ogni giorno di più si moltiplicano precarietà, assenza di diritti, ingiustizia e si costruisce una società del "non lavoro".

L'Unicobas torna a Genova e porta il suo contributo ad una città colorata e in festa, un popolo
dalle mille anime che si stringe ai genitori di Carlo Giuliani in piazza Alimonda e poi si dipana pacifico per le vie di quel centro storico dodici mesi addietro ingabbiato come un fortino inutile.

Al tramonto la festa è in quel porto che vedeva asserragliati i potenti della terra e quest'anno
invece ride della vitale, gioiosa, entusiasmante presenza di cittadini che mischiano il rosso delle bandiere con il rosso del cielo.

21 luglio 2002. Si svolge l'assemblea generale del Social Forum. L'attesa è grande, la speranza e la convinzione vogliono che la giornata confermi la ricchezza, la pluralità del 2001, la forza di quei giorni che hanno visto insieme suore e cattolici di Lilliput, sindacati, giovani e giovanissimi dei
centri sociali.

Al Teatro della Corte però il movimento scopre di non trovare nella stessa sala molti di allora.

Un saluto inviato da padre Zanotelli nei casi migliori cade nel vuoto, nella maggioranza dei sessanta
interventi è pesantemente attaccato.

I critici verso la "non violenza" richiamata dal padre comboniano invitano a farla finita con le mediazioni, criticano il portavoce, Vittorio Agnoletto, che invece con grande fatica
personale ha tenuto insieme il Social Forum.

Proprio Agnoletto  ricorda la vastità e la pluralità del movimento e la necessità che qualcuno risponda ai
mille piccoli problemi organizzativi a cui il Social Forum nazionale è chiamato a dare soluzione.

La sua voce cade quasi inascoltata. Clamoroso l' intervento di Rifondazione che invita, con scarsa fantasia, a "sparare sul quartier generale", presumibilmente non del suo partito, ma del movimento.

Grande enfasi da più parti per il "conflitto", la "lotta", la  "disobbedienza". Quando è il turno dei disobbedienti parla Casarini al quale bisogna riconoscere di aver inventato un nuovo pensiero, costruito
intorno al concetto di "moltitudine" non organizzabile, e in effetti le tante studentesse e gli studenti che lo seguono lo confermano e sono disposti ad un scontro radicale con una cultura e un metodo liberista
dominante, tuttavia non ci convince per nulla credere che solo una frontalità con il sistema possa essere valida.

Non condividiamo l'attacco di Casarini ai "bilanci partecipativi"messi in atto da famiglie e amministrazioni comunali che intendono vivere in prima persona con attenzione verso i prossimi del pianeta, siamo lontani dal leggere la svolta possibile solo con "azioni di conflitto" e "reti di sovversione sociale".

L'Unicobas ritiene che occorra soprattutto una vasta azione culturale, capace di diffondere le idee di solidarietà nella prospettiva di una alternativa.

Da sempre condanniamo i velleitari riformismi che si risolvono nel bombardare intere popolazioni o nel finanziare le scuole private, ma agitare il conflitto in un'epoca segnata da una cruda svolta revisionista che a tutti gli effetti possiamo definire fascista, per metodi e riferimenti, rischia di portare ad una contrapposizione di piazza in cui vi è la preoccupazione - e Genova 2001 l'ha dimostrato- di finire tra le vittime della repressione.

Solo l'Unicobas poi parla di scuola, del pericolo che una pessima riforma sia difficilmente emendabile se non con lunghi anni di lavoro, al contrario di altre riforme, quindi più pericolosa di altre, alla luce pure delle richieste del ministro di ridurre l'organico, ridurre le classi accorpandole, tagliare risorse e investimenti.

Soltanto l'Unicobas ricorda Borsellino a dieci anni dalla sua scomparsa, associandolo nel suo impegno per la giustizia e la legalità ad altre figure che in modo diverso informano la pluralità della nostra organizzazione, dal giovane Carlo Giuliani a Pietro Valpreda, da Guevara a Don Milani, che ci ha insegnato come la scuola non sia un servizio, ma una istituzione che promuove cultura e in cui è fondamentale difendere libertà d'insegnamento e libertà d'apprendimento.

In sintonia con Gianni Fabbris di "Altragricoltura" abbiamo sostenuto il bisogno, la necessità, l'urgenza indispensabile di una sintesi alta, capace di fondere campagne per il lavoro con battaglie a difesa del
mondo dell'istruzione, lotte a difesa dell'ambiente e della natura con iniziative a sostegno del sistema idrogeologico planetario.

Stupisce, ma forse neanche troppo che il resto del mondo sindacale, anche quando proviene
dalla scuola, rinunci alla centralità dell'istruzione preferendo una sintonia che vede assonanza d'intenti tra il resto del mondo cobas, da cui mi pare aumenti sempre più la nostra lontananza e distinzione, e la Fiom Cgil.

Si moltiplicano, si intrecciano, si incrociano infatti discorsi contro la guerra, contro la riduzione dei diritti nel lavoro, contro la legge Bossi - Fini.

Una comunanza di vedute poco propositiva, poco capace di indicare obbiettivi comuni per il movimento, costruita e piegata su ciò che non si vuole, al di là delle contraddizioni, si pensi ad esempio alla Cgil
che fa parte della C.E.S., il sindacato europeo che approva e ad avvalla il
recente "patto per l'Italia" concordato tra Berlusconi, Cisl e Uil.

Anche in questo caso stupisce, in vista del Social Forum Europeo di novembre a Firenze, il poco interesse suscitato dal nostro progetto di Federazione europea del sindacalismo alternativo, la F.E.S.AL.  che vuole rispondere alle logiche concertative proponendo un diverso approccio alla realtà del lavoro, intendendo mettere al centro la persona e i suoi diritti.

Un cammino che ci vede impegnati, a partire dalla scuola, insieme a CGT e Stes spagnole, SUD francese e svizzera, "Ecole Emancipèe", oltre ad altre organizzazioni europee che si stanno ogni giorno di più avvicinando.

Un'assemblea partecipata dunque, ma che ci lascia molti dubbi.

Il Social Forum crediamo debba recuperare quella coralità che l'ha improntato alla sua nascita, il nostro contributo sarà certo in questa direzione.