L’Aquila: Verso la Mayday 2006

Introduzione

Il sistema del lavoro, negli ultimi decenni del XX secolo, ha subito profondi mutamenti; si è assistito ad una radicale trasformazione delle forme di produzione e di regolazione dei rapporti fra impresa e lavoro, alla decentralizzazione della produzione e alla flessibilità della prestazione. Oggi il lavoro fisso è sempre meno una possibilità reale e sempre più un’eccezione, soprattutto per i cittadini più giovani.

Si è iniziato a parlare di precarietà del lavoro e della vita quale risvolto negativo della flessibilità. Il lavoratore flessibile e precario infatti, si trova, di fronte alle esigenze della propria esistenza, privo della minima protezione sociale e ciò comporta forti squilibri nella gestione della propria vita presente, e nelle scelte per il futuro.

I nuovi problemi vanno compresi nella urgenza che ognuno di essi esprime. È compito urgente riesaminare l’ordine delle questioni in gioco e porre termine a questa anomalia e a questi squilibri sociali che la precarietà ha introdotto, affrontando il problema e valutando nel merito le implicazioni dell’attuale condizione d’incertezza e le possibili soluzioni. È indispensabile riattivare la discussione intorno al disagio sociale che la globalizzazione e la trasformazione dei mercati hanno imposto, affrontare il nodo delle nuove povertà, dei bisogni e dei diritti delle nuove figure sociali, a partire dalla condizione di precarietà che molti sono costretti a vivere.

Prospettive
Vogliamo luoghi di lavoro gestiti direttamente dai lavoratori.
Vogliamo che gli organi decisionali siano le assemblee dei lavoratori, nei luoghi di lavoro e nel territorio in cui vivono.
Vogliamo servizi sociali autogestiti e controllati direttamente dai cittadini stessi.
Vogliamo mettere fine alla alienazione ed alla divisione del lavoro, e vivere in una nuova società di liberi ed uguali.
Scegliamo la partecipazione contro l’autoritarismo, la solidarietà contro l’isolamento.

La lotta contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sull’ambiente non è confinata all’interno dei luoghi di lavoro. Il conflitto si mostra quotidianamente sul territorio nelle lotte per il diritto alla casa, per lo stato sociale, per il diritto ad un’istruzione di qualità, nel campo della cultura popolare ed in particolare contro il razzismo, il sessismo ed altre forme di oppressione che tendono a stratificare e dividere i cittadini del mondo.

Molti lavoratori sono attualmente divisi a causa di discriminazioni razziale o di genere, che non fanno altro che isolarli anziché incrementare relazioni sociali in grado di creare luoghi di incontro tra diverse culture in cui ciascuno possa imparare dall’altro e sconfiggere così le tendenze razziste e xenofobe.

Allo stesso modo non si può non prendere atto dell’oppressione specifica che subiscono le donne, il cui lavoro è ancora sottopagato e svalorizzato: occorre quindi porre in primo piano la disuguaglianza sociale ed economica che le colpisce nella società e nei luoghi di lavoro, le discriminazioni salariali, la precarietà e le pessime condizioni a cui spesso sono costrette.

La solidarietà  deve andare a tutti i lavoratori, che siano riconosciuti o illegali, salariati o no. Le mobilitazioni e le azioni in difesa di questi settori all’interno dei luoghi di lavoro, il sostegno all’autonomia organizzativa dei gruppi in ogni area della vita sociale, il supporto all’auto-organizzazione consapevole nelle lotte, sono strade da percorrere che portano inevitabilmente alla creazione di organismi antirazzisti, antisessisti ed internazionalisti. La lotta contro lo sfruttamento non è solo lotta per un salario e condizioni di lavoro migliori, ma è anche lotta quotidiana per dare una nuova direzione alla società.

I sindacati di Stato invece continuano a svolgere un ruolo di mediazione, agendo spesso come comitati di affari, negoziando la vendita della vita dei loro iscritti con la parte datoriale. Non fanno altro che contenere le spinte di lotta all’interno di un quadro di compatibilità delineate dalle relazioni che tessono con i datori di lavoro e con la classe politica, invece di mettere concretamente fine allo sfruttamento in sé.

Per questo riteniamo necessario sostenere movimenti indipendenti dalle gerarchie sindacali e politiche, che abbiano come obiettivo la trasformazione della società. Siamo favorevoli a un sindacalismo antigerarchico, in grado di agire senza distinzione di specificità, settore, categoria ed occupazione. Vogliamo costruire un movimento di lavoratori e studenti auto-organizzato ed autogestito; un’economia basata sul principio “da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”.

La nostra più grande forza è proprio quella di rifiutare collettivamente lo sfruttamento nel lavoro. Oggi abbiamo la capacità produttiva per creare ricchezza sufficiente a provvedere alle necessità basilari di tutti, ed ulteriore ricchezza da utilizzare per la scienza, la ricerca, la cultura, la tecnica, il benessere e così via.

Se la società è una vasta rete di connessioni di lavoro cooperativo, allora questa rete di cooperazione può essere il punto di partenza, anche solo un punto di partenza per spezzare i vincoli della coercizione, dell’autoritarismo e dello sfruttamento. È in questa rete di lavoro cooperativo, che contempla milioni di azioni quotidiane, che si trovano le basi reali della vita sociale, senza le quali la società collasserebbe.

Noi crediamo che le lotte dei lavoratori e degli studenti debbano prefigurare al loro interno le basi per la riorganizzazione di una società diversa; basi che non possono prescindere da una scelta di mutuo appoggio nelle lotte, in grado di allargarsi nel territorio e nei luoghi della vita sociale.

Siamo stanchi di 20 anni di cultura dell’individualismo e della privatizzazione: è ora di riappropriarci dei saperi, del lavoro e degli spazi, perché solo da cultura e lavoro libero nasce un mondo di liberi.

In pratica

Contro la precarietà del lavoro e della vita, il pacchetto Treu/ Legge 30, le delibere Fabbiani e l’apprendistato professionalizzante, la privatizzazione dei servizi pubblici e la gestione privata dei beni primari.

Per lo stralcio immediato delle delibere Fabbiani e per le dimissioni dell’assessore regionale, per l’eliminazione di contratti a tempo indeterminato; di contratti che creano discriminazioni d’età e di sesso; per l’eliminazione completa dei tirocini, degli stage e delle prestazioni gratuite di lavoro; per l’eliminazione dell’intermediazione privata di manodopera (interinali e simili); per il livellamento verso l’alto dei salari diretti ed indiretti; per l’annullamento della differenze salariali costruite sulla base dello svolgimento di lavori manuali o intellettuali; per il diritto alla casa per tutte/i; per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di condizioni salariali; per il libero accesso a tutte/i ai beni primari come l’acqua e le risorse ambientali; per la rivendicazione della gratuità per tutte/i di servizi pubblici come trasporti, scuole di ogni ordine e grado, sanità, servizi comunali, ecc…

Contro la riforma Berlinguer/Moratti e la privatizzazione dei saperi.

No alla soggezione della formazione alle esigenze delle imprese. No alle scuole e alle università dei preti e degli imprenditori. No all’autoritarismo degli insegnanti (studenti di ieri). No al feudalesimo dei docenti universitari (ricercatori di ieri). No al numero chiuso e alla logica della selezione.

Per una scuola ed una università libere, realmente di massa e democratiche, luoghi di riferimento e di aggregazione per tutta la cittadinanza, sedi di un vivace confronto culturale. Per un sapere critico e non mercificato. Per una cultura capace di contrastare i processi di omologazione in atto nella nostra società e di soddisfare i bisogni negati da un vivere sociale in cui l’unica relazione possibile con l’altro è determinata dallo scambio di valori commercializzati. Gli studenti devono essere i protagonisti della creazione, dell’autogestione e della trasmissione dei saperi.

Contro la guerra, il militarismo, la militarizzazione della coscienze e del territorio, la devastazione ambientale.

Una guerra che vede l’Italia in prima linea nell’occupare militarmente territori, generare ed alimentare odio e violenze, massacrare civili inermi, saccheggiare risorse e reperti archeologici, sparare persino su ambulanze e feriti. Una guerra il cui finanziamento continua a determinare uno spreco insensato e irreparabile di beni e di risorse a danno del benessere dei cittadini e delle collettività.

Una guerra che, inevitabilmente, ne genera un’altra, portata avanti dagli stati – occidentali e non – contro gli immigrati, i lavoratori, gli studenti, contro chiunque si opponga alle scelte di devastazione ambientale e sociale, alla precarietà fatta legge, alla schiavitù salariata: ti rendono precario se lavori, ti arrestano se protesti, ti discriminano se solidarizzi.

Per la smilitarizzazione del paese. Non più un soldo per il mantenimento di una struttura totalmente improduttiva e parassitaria come l’esercito. Per la costruzione di una società solidale ed antigerarchica.

Contro il razzismo di Stato: nessuna frontiera nessuna galera!

Per la chiusura immediata dei Lager CPT. Per l’uguaglianza, la solidarietà, l’autoaffermazione dell’individuo e dei popoli, il libero accesso a servizi, formazione, sanità e lavoro.

Comitati di Base Studenti Libertari – L’Aquila