Il Collegio dei Docenti dell'IPSIA "A. MEUCCI" di Cagliari
In risposta all’invito formulato dal Ministro Moratti a tutti i docenti affinché esprimano un giudizio sulla riforma della scuola superiore.
Osservata con forte preoccupazione l’applicazione della L.53/03 nella scuola elementare e nella scuola media inferiore, i docenti esprimono forti perplessità e complessivamente non concordano con il sistema proposto dal progetto di "riforma" della scuola media superiore contenuto nella bozza di decreto recentemente licenziata dalla VII commissione cultura del Senato.
Ancora una volta, come già compiutamente espresso nel documento approvato dallo stesso Collegio nel marzo 2003, e comunicato al Ministro dell'Istruzione, a organizzazioni sindacali, organi d'informazione, istituzioni territoriali, scuole, e reso noto a genitori e studenti,
questo Collegio dei docenti,
esprime parere fortemente negativo
nei confronti del modello bipolare di istruzione/formazione che
la riforma impone in luogo dell'attuale sistema di istruzione superiore.
Ciò che la bozza di decreto delinea infatti è da un lato
un sistema dei “Licei” generico e non professionalizzante su cui
verrebbero appiattiti tutti gli istituti, compresi Tecnici ed Artistici,
e dall'altro il canale della cosiddetta "istruzione e formazione professionale”,
che nonostante la dichiarata pari dignità col sistema dei licei,
rappresenterà, nella realtà dei fatti, una degradazione degli
attuali istituti professionali a centri in cui si offre esclusivamente
“addestramento” al lavoro manuale. Considerata quindi l’estrazione sociale
della maggioranza della popolazione scolastica che frequenta attualmente
gli istituti professionali, non può sfuggire l’aspetto fortemente
discriminatorio che è sotteso a questo modello di “istruzione”,
che vuole, oltre le formulazioni demagogiche del linguaggio utilizzato,
riproporre la divisione tra scuole che preparano le classi sociali più
elevate attraverso lo sviluppo intellettuale e scuole di apprendistato
per lavoratori manuali, riservate ai giovani di diversa appartenenza
sociale.
Ma vi è di più. Il progetto governativo prevede infatti anzitutto un taglio del tempo scuola, ridotto, a volte, a sole 27 ore, ed il forte ridimensionamento se non addirittura l'eliminazione delle materie caratterizzanti gli attuali istituti di istruzione superiore. I relativi diplomi perderanno il loro carattere professionalizzante e non completeranno il corso di studi, infatti il titolo conseguito, di tipo liceale, sarà solo utile al proseguimento in costosi corsi di specializzazione superiore (IFTS) o universitari, laddove però numero chiuso ed esami di preselezione renderanno il titolo di per sé insufficiente all'iscrizione universitaria.
Il quadro proposto è per lo più confuso, tuttavia alcuni elementi risultano estremamente chiari.
1) Le materie di laboratorio sono previste come percorso "opzionale",
pesantemente decurtate nel monte ore, e del tutto minimizzate nel loro
ruolo caratterizzante all'interno degli indirizzi, compromettendo fortemente
la formazione tecnica e professionale degli allievi, tanto da dequalificare
pesantemente la posizione degli stessi al momento dell’inserimento nelle
realtà lavorative.
Non bisogna dimenticare che tali insegnamenti non solo costituiscono
un momento importante di approfondimento, verifica e riflessione sui concetti
fondanti e significativi delle materie tecniche ma sono anche un'occasione
di chiarimento di eventuali dubbi non pienamente emersi durante la trattazione
teorica degli argomenti. Sono anche il momento in cui si manifesta, struttura
e sviluppa la capacità del saper fare e del saper agire che, peraltro,
vengono indicate anche nelle linee generali della riforma come capacità
importanti nella formazione degli allievi.
2) La forte perdita di cattedre e la conseguente precarizzazione che tutti gli insegnanti dovrebbero subire a causa dell'abbattimento del monte ore di lezioni settimanale e di un anno di corso di studi, pertanto, oltre ai tagli sulle ore destinate agli insegnamenti tecnici e di laboratorio, segnaliamo con preoccupazione la pressoché totale eliminazione della cattedra di diritto e la drastica riduzione di materie come economia aziendale, educazione fisica, geografia, matematica, lingue straniere, scienze.
3) la dequalificazione dell'insegnamento, per tutte le materie, che viene subordinato alla attività di apprendistato e di attività di formazione in aziende o strutture esterne non direttamente collegate alla scuola.
4) il futuro occupazionale e professionale degli ITP all'interno della scuola così come si configura con la riforma.
Nell’attuale progetto di riforma un elemento è evidente e certo: il proposito di taglio della spesa pubblica a partire dagli organici.
I docenti ribadiscono che una riforma della scuola dovrebbe avere come obiettivo il miglioramento della qualità dell'insegnamento e non può essere impostata in base a logiche di puro risparmio, che tutelano solo gli interessi di quanti vorrebbero fare un business sul sistema d’istruzione, in dispregio del diritto allo studio per tutti e del principio di uguaglianza sostanziale sancito dall’art.3 della Costituzione italiana.
Il danno maggiore è quindi alla collettività perché questo tipo di scuola fallirebbe il suo stesso compito: creare le condizioni per formare i giovani e dar loro una preparazione adeguata alle esigenze della società.
In particolare, riguardo agli istituti professionali, si ribadisce che il patrimonio culturale, costruito in tanti anni di esperienza e impegno, va mantenuto, valorizzato e potenziato e non disperso seguendo alternative non adeguatamente sperimentate che comportano grossi rischi di insuccesso o comunque di un abbassamento generale del livello dell'istruzione e in particolare dell'insegnamento nelle materie tecniche.
Purtroppo la riforma comporterà:
- l'abbattimento del tempo scuola da 36-40 ore a circa 15-18 settimanali (garantite solo nei primi due anni in cui la metà dell'orario dovrebbe essere di materie culturali);
- La riduzione a quattro dei cinque anni di corso per il conseguimento del diploma, con possibilità di un quinto anno nel caso poco probabile che lo studente voglia l'accesso all'università, da realizzarsi previi accordi con licei e università;
- La conseguente drastica riduzione delle cattedre, stimabile tra le 39.000 e le 48.000 cattedre;
- Il previsto passaggio alle Regioni, a partire dal 2006-07, (cosa comprenderà oltre alle competenze? Anche gli immobili, le attrezzature, e il personale scolastico?).
- L'ingresso prorompente dei privati come conseguenza del passaggio alle Regioni: queste infatti, prevedibilmente, concederanno l'appalto dei corsi di formazione professionale ad aziende ed agenzie private, con scarsa trasparenza dei bilanci, e offerta formativa qualitativamente carente.
- La possibilità che i candidati esterni possano sostenere l'esame di stato non più solo nelle scuole statali, ma anche nelle scuole private paritarie. Un altro regalo alle scuole private a discapito della qualità, che determinerà sicuramente un’ulteriore perdita di valore del titolo di studio.
E tutto questo a dispetto della tanto decantata pari dignità con l'istruzione liceale.
A ciò si aggiunga che gli studenti che non vorranno o non potranno proseguire gli studi potranno orientarsi verso l'apprendistato in azienda, dove, potranno assolvere, lavorando, il "diritto dovere" di istruzione dai 15 ai 18 anni.
In pratica si istituzionalizza l'abbandono scolastico per una fascia debole e non protetta di studenti e si prevedono invece incentivi per imprese che impieghino apprendisti (decreto n. 275/03 applicativo della L.30), senza alcun obbligo di assunzione ed esclusione degli stessi dal numero dei dipendenti.
Questi ragazzi andranno in futuro ad ingrossare l'esercito dei precari, per giunta con pochissimi strumenti per difendersi, visto che la carenza di istruzione li metterà a rischio di analfabetismo di ritorno. Denunciamo con forte allarme che alla fine di un simile processo "riformatore" si arriverà ad una scuola che sancirà la separazione tra "scuola del sapere" e "scuola dell'addestramento al fare", cioè tra canale dell'istruzione per i cittadini di serie A e canale della formazione per i cittadini di serie "B", scelta che lo studente dovrebbe compiere a 12-13 anni.
Al contrario l'attuale preparazione dei nostri ragazzi è stata apprezzata anche fuori del nostro paese, ciò dimostra che, pur in un sistema che ancora necessita di miglioramenti, l’offerta formativa è adeguata alle esigenze del mondo del lavoro. La specificità dell’istruzione professionale sta proprio nel fatto che oggi lo studente effettua una scelta consapevole, frequenta un corso d’indirizzo e acquisisce competenze in uscita, tali da consentirgli subito di inserirsi in ambito lavorativo, e questo anche grazie alla formazione impartita durante tutte le attività scolastiche, che istruisce lo studente sia nella teoria e nella cultura, che nelle conoscenze e abilità tecniche e professionali.
Pertanto il Collegio Docenti ritiene che:
- vada salvaguardato e potenziato l’insieme di risorse umane e strumentali che faticosamente e con un significativo contributo economico della collettività si è costruito in questi anni;
- vada salvaguardata la pari dignità dei docenti senza distinzioni.
- vada salvaguardata, attraverso l’autonomia didattica, l’identità e la specificità degli istituti professionali e tecnici, la capacità di coniugare formazione culturale e professionale.
- Debba essere decisamente contrastata la scelta di realizzare una formazione tecnica solo nei corsi post-diploma (I.F.T.S) e/o in corsi universitari brevi che non permetterebbe di realizzare un percorso didattico rispettoso dei tempi di apprendimento e di assimilazione delle conoscenze.
Per tutti questi motivi il Collegio Docenti, contrario a tutti gli aspetti della Riforma evidenziati, fortemente preoccupato per il peggioramento del servizio scolastico e per il futuro della scuola in generale e dell’Istruzione Professionale in particolare, ma soprattutto per la tutela del posto di lavoro di tutti i docenti,
decide
di promuovere incontri fra insegnanti e rappresentanti dei genitori degli studenti ed organizzare, con quanti si dichiarino d’accordo, iniziative in difesa del diritto allo studio e dell'istruzione secondaria.
Il documento è approvato con due voti contrari ed un astenuto