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ARRIVANO LE PRIME ABERRAZIONI DELLA CONTRORIFORMA MORATTI

SCUOLA DELL'INFANZIA

L'ingresso precoce a 2 anni e mezzo produrrà una progressiva dequalificazione dello status professionale di questo ordine di scuola, degradato al livello degli asili nido. L'età di riferimento, dal punto di vista dell'età evolutiva e dello sviluppo psico-fisico, è molto diversa dal tradizionale target di 3 anni. Gli obiettivi didattici mutano e con loro il ruolo di chi insegna. Inoltre la "novità" non è supportata da aumenti d'organico: quindi si avranno aumenti del numero di alunni per classe pesino nella scuola con la più alta concentrazione per sezione. Invece di far diventare le scuole dell'infanzia succirsali degli asili nido, si sarebbero dovuti potenziare questi ultimi e far entrare nell'obbligo l'ultimo anno della scuola dell'infanzia.

ELEMENTARI

Nessun sembra accorgersene ma la riforma Moratti deve essere applicata in prima e seconda elementare dal prossimo primo settembre. Che cosa significa? Che le scuole verranno stravolte, che i genitori non troveranno più il tempo pieno, che i colleghi dovranno dividersi in insegnanti di sere A con più lavoro e più responsabilità e insegnanti di serie B trasformati in complementari del quasi maestro unico (eufemisticamente definito "prevalente"). Spieghiamo.

Il maestro prevalente, con compiti di tutoraggio e compilazione del portfolio informatizzato deve fare 21 ore frontali, tutte mattutine. Nei moduli è evidente che, dovendo gli alunni completare con sole altre sei/dieci ore, spariranno moltissime cattedre. E' anche per questo che le decine di migliaia di pensionamenti di quest'estate per ogni ordine e grado di scuola non sono stati sostituiti da nuove assunzioni. Avviata la riforma spariscono le cattedre e, al limite, si possono nominare supplenti annuali sino al 30 giugno: tutti soldi risparmiati per l'amministrazione.

Per il tempo pieno si vorrebbe che gli insegnanti non possano svolgere servizio di mensa, con magari anche la ricreazione delegata ai bidelli e alle cooperative, contro ogni riconoscimento del loro valore didattico e socializzante (la legge finanziaria lo rende possibile).

Però il discorso si complica. Il prevalente svolge 21 ore frontali, 20 la mattina e una di pomeriggio. La 22° non dovrà più svolgerla in classe ma dedicarla alla registrazione informatizzata delle attività di ciascun alunno … e l'altro collega? Senza mense gli restano sei/nove ore di lezione, più tre di compresenza, tre di attività opzionali, totale 12/15. Si dice, seguirà due classi. Ma come? Visto che può insegnare solo dopo il prevalente? L'unico modo sarà forse restituire nel medio periodo agli insegnanti le mense, così potranno svolgere 22 ore di servizio.

Ma torniamo alle nuove prime e seconde. E' vero, non è scritto che il collega prevalente debba svolgere i programmi di italiano e matematica, ma se è vero che si vogliono portare al pomeriggio le educazioni, è evidente il risultato. Il docente prevalente ha l'obbligo pure di registrare in forma informatizzata le valutazioni degli altri colleghi, che possono passargliele su carta. I docenti non prevalenti, visto il tetto delle attività a 27/30 ore, devono prevedere due pomeriggi. In uno per un'ora (15.30 – 16.30) ed in un altro per due (14.30 – 16.30) vengono previste attività facoltative non obbligatorie (da proporre alle famiglie e rispetto alle quali raccogliere le adesioni), che in ogni caso danno diritto ad un credito per i bambini e devono essere valutate per ciascun dei partecipanti (le valutazioni verranno registrate dal tutor).

Risulta evidente il nuovo carico di lavoro che cade sulle spalle di tutti, compreso il prevalente e l'assurdo di un quasi ritorno al maestro tuttologo.

MEDIE

Le linee guida della "riforma" sono quelle già tracciate, come la scelta subito dopo la scuola media tra i licei e l'istruzione professionale, e l'alternanza scuola-lavoro. I contenuti verranno stabiliti con regolamenti attuativi, senza più alcuna discussione. Ed è proprio dal ritorno della scuola media al mero avviamento professionale, dalla scelta precoce dell'alunno, che si incardina l'asse centrale del disegno perverso della controriforma, volto a creare un sistema a due velocità: una scuola "normale" (già depauperata delle educazioni e di molti contenuti) ed un raggio differenziale di massa che ha come sbocco un'istruzione professionale deprivata del suo ruolo a favore della mera formazione, posta, con la cosiddetta alternanza scuola-lavoro (allargamento enorme del tempo attualmente destinato agli stages), tutta a servizio dell'impresa.

Sul fronte dei tagli la scure si abbatterà anche sulle medie inferiori che, come le superiori, dovranno comporre cattedre da 18 o più ore, inventandosi le alchimie che i collegi docenti saranno in grado di trovare. In più è decretata la fine del tempo prolungato, con un'ulteriore contrazione di cattedre nonché, come con la progressiva eliminazione del tempo pieno, con ovvi vantaggi per le scuole private.

SUPERIORI

L'obiettivo di tagliare l'organico viene perseguito anche con un altro meccanismo che incide in modo pesante e diretto sulla didattica e che dal prossimo anno sarà operativo.

Finora le cattedre dei docenti erano articolate in modo che si riferissero ad una o più sezioni, a seconda delle materie, e in modo che i docenti potessero accompagnare gli alunni nell'intero percorso formativo, o nel biennio e nel triennio. Gli insegnanti d'inglese svolgevano ad esempio 17 ore nelle classi, con un'ora a disposizione (cioè utilizzata per supplire un collega assente, dal momento che i supplenti si possono chiamare solo se l'assenza supera gli 11 giorni); gli insegnanti di filosofia e storia avevano 15 ore di lezione (una sezione) e 3 ore a disposizione.

Queste cattedre sono state portate a 18 ore piene. Ciò significa che, per far tornare i conti, alcuni insegnanti non avranno la prima, ma più seconde o terze, ecc. e che l'attuale suddivisione delle materie non è più garantita. Significa, ad esempio, che una quinta avrà un insegnante per matematica, uno per fisica, uno per storia e uno per filosofia.

E ogni anno tutto dovrà essere rivisto, perché l'obiettivo resta sempre comunque solo quello del risparmio. Intanto gli insegnanti aspettano ancora il rinnovo di un contratto scaduto nel 2001.

Non c'è più alcun criterio didattico, la continuità della progettazione e del lavoro scompaiono, gli studenti dovranno abituarsi a cambiare docente ogni anno.

Si baratta la qualità in nome del risparmio nel settore della scuola, il luogo in cui si costruiscono i valori e le risorse per il futuro.

Sottolineiamo infatti che l'organizzazione dell'orario di cattedra alla quale siamo costretti è deciso "dall'alto" in formule che non hanno a che vedere con la nostra professionalità né con la qualità di un fare scuola serio; siamo consapevoli che gli unici a "perderci" da queste operazioni saranno i veri soggetti della scuola, studenti e famiglie compresi. Non sentiamo di avere in nessun modo la promessa autonomia per decidere di costruire una scuola di buon livello (un esempio per tutti: i tabulati orari che sono arrivati propongono persino che un insegnante possa tenere 5 quinte classi nello stesso anno!). Siamo costretti a gestire una situazione che non abbiamo voluto e che soprattutto non serve affatto a far crescere la scuola. Ci si chiedono e vi si chiedono sacrifici in nome di una migliore utilizzazione delle risorse: ma in realtà si impongono cambiamenti che peggiorano il già faticoso esercizio dei nostri compiti di insegnanti e che sviliscono sempre di più anche gli spazi di crescita culturale che la nostra scuola finora riusciva a mantenere.

CONCLUSIONI

Intanto cominciamo ad avvertire i primi segnali di una manovra che, mentre propaganda con spot televisivi ed opuscoli la nuova riforma, taglia sui fondi alla scuola pubblica e, in concreto, attenta alla qualità dell'istruzione delle scuole statali e al diritto ad uno studio di qualità per tutti.

La legge finanziaria approvata nel dicembre scorso, al solo fine di risparmiare, punta alla diminuzione dell'organico, e dunque all'aumento del numero degli alunni per classe con un forte peggioramento del rapporto numerico docenti – alunni. Già quest'anno la media delle prime classi oscillava sul parametro 28 / 29 studenti, un numero decisamente elevato e difficile da seguire con la dovuta attenzione, nel rispetto delle diverse individualità.

L'anno prossimo la situazione peggiorerà ulteriormente.

Una riforma brutale, immediata e sconosciuta.

Il ministro afferma tuttavia di aver consultato la categoria. Strano che tutti gli addetti ai lavori siano sconvolti dal fatto che non se ne sappia niente. Ma d'altronde per il ministro l'universo finisce sulla soglia del suo augusto e angusto ufficio e quella porta l'hanno varcata soltanto le associazioni che rappresentano i docenti di Comunione e Liberazione, Alleanza Nazionale e Forza Italia. Conclusione: probabilmente con l'approvazione dei decreti attuativi quest'estate la "riforma" sarà compiuta, ma la nostra dignità di insegnanti, la consapevolezza del nostro ruolo di promozione culturale, ci devono indurre alla sola soluzione possibile: comunicare attraverso deliberazioni dei collegi dei docenti che nessuno di noi è stato consultato, che la nostra professionalità ci impedisce di peggiorare sino a questo punto l'offerta formativa e culturale italiana e che quindi ci rifiutiamo di applicarla fintanto che non sia messa in discussione scuola per scuola, pronti a mobilitarci per un grande e immediato sciopero di inizio d'anno scolastico che veda la scuola italiana chiudere per un giorno e manifestare compatta sotto le finestre di via Trastevere.

Chiediamo da subito che venga messa a verbale nei Consigli di Classe e nel prossimo Collegio dei Docenti la nostra protesta contro queste manovre che dequalificano e sviliscono l'attività didattica; chiediamo invece la valorizzazione e il potenziamento dell'istruzione pubblica gestita democraticamente.

Invitiamo anche genitori e studenti ad associarsi a questa nostra protesta.

L'Unicobas Scuola