Tempo pieno e tempo prolungato e nuovo protagonismo di docenti e studenti,

garanzie per una scuola europea promotrice di cultura

di Davide Rossi*

Nelle grandi città la battaglia per una scuola a tempo pieno ha segnato la storia degli anni '70. Dalle 8.30 alle 16.30, dal lunedì al venerdì per i bambini delle elementari e tempo prolungato alle medie con alcuni pomeriggi a scuola, per una scuola pensata come luogo in cui stare insieme, approfondire, studiare. La manifestazione di sabato 17 gennaio per le vie della capitale ha riaffermato il fondamentale patrimonio rappresentato da queste esperienze condivise da genitori e insegnanti, mentre il ministro Moratti afferma altera che 40 ore settimanali alle elementari saranno garantite. Vero, ma profondamente trasformate, le ore di scuola saranno infatti ridotte a 27 più tre ore dedicate ad attività opzionali non obbligatorie. Affidate possibilmente nelle intenzioni governative a cooperative esterne, magari didatticamente impreparate ma economicamente meno onerose. Più personale precario e divisione degli insegnanti tra "tutor" con 18 ore di lezione per classe e "complementari" con 9 ore per classe. Un altro sottile passo nella perfida costruzione di una scuola in cui non ci si sente più partecipi di un comune progetto collegialmente elaborato nell'interesse della promozione dei saperi critici a favore dei ragazzi, ma in cui i docenti sono costretti ad accettare la gerarchia come criterio organizzativo e a litigare per qualche ora straordinaria che vada a rimpinguare uno stipendio che, aggirandosi intorno ai 1100/1200 euro, è certo ben lontano dalle retribuzioni europee. In futuro il momento della mensa e dell'intervallo saranno affidati anch'essi ad esterni o ai bidelli. La riduzione del numero delle ore di sostegno, l'eliminazione dei facilitatori linguistici per gli alunni stranieri coronano un desolante quadro di dequalificazione della scuola pubblica. In prospettiva il ministero ipotizza la costante riduzione dei dipendenti, almeno di un 25% del personale delle scuole a tempo pieno. L'attacco alla scuola elementare è il preludio di una marcia contro il sistema formativo nel suo complesso, alle medie la riduzione del tempo scuola, la fine del tempo prolungato intendono trasformare alcuni importanti insegnamenti, tra cui musica e artistica, in facoltativi, senza rendersi conto che il nostro è il paese di Vivaldi, Verdi e Puccini, di Leonardo e Michelangelo. Ma è evidente che una nazione deprivata culturalmente è più facilmente influenzabile dalla televisione. Dalla terza media scatterebbe quindi il doppio canale dei licei e della formazione professionale che nel suo progetto di alternanza tra scuola e lavoro è peggiore dell'avviamento professionale degli anni '50. Non è un caso che il ministero lo chiami "addestramento professionale" e nel caso di prevalenza della fabbrica il ragazzo debba andare a scuola solo due mesi l'anno. È da capire quali strumenti culturali potrà acquisire per poter lavorare nella società sempre più interattiva e interculturale di domani. Se la battaglia per la difesa del tempo pieno e del tempo prolungato risulteranno vittoriose sarà solo un primo passo. Lunga e tutta da costruire è una nuova marcia che riaffermi la centralità della scuola vissuta come istituzione chiamata a promuovere cultura nella società e non servizio mercificato, che si fondi sulla libertà d'insegnamento e di apprendimento, perché nella ricerca e nella costruzione dei saperi i giovani e il loro insegnanti sono chiamati a confrontarsi con le diverse interpretazioni e non certo a rispondere a quiz come quelli che il ministero sta preparando pensando così di valutare docenti e studenti, costringendoli ad elencare i re di Roma e non a riflettere su Spartaco e la rivolta degli schiavi, allora motore economico dell'antichità. Nuove forme di confronto, di solidarietà, di azione si stanno costruendo tra i giovani e i loro insegnanti. L'uniformità di vedute dei ministri europei dell'educazione si è manifestata a Berlino lo scorso settembre quando riunitisi per discutere del futuro della scuola hanno approvato senza difficoltà documenti che chiamano "le aziende ad orientare e guidare la formazione", ma un sapere subordinato all'impresa non corrisponde a quello che i giovani si aspettano dalla scuola, che vorrebbero al contrario offrisse loro strumenti interpretativi solidi per affrontare il futuro. Il dibattito aperto da Marta Benenti su www.fesal.it, la preparazione del secondo Forum Europeo dell'Educazione promosso dagli studenti tedeschi guidati da Eva Gents e Ole Erdmann, il cui prossimo incontro si svolgerà a Roma il 7 e 8 febbraio, l'apertura di una sede studentesca europea nel Canton Ticino il 14 febbraio, incoraggiata e voluta da Max Ay e David Bernasconi del locale Sindacato Indipendente Studenti e Apprendisti, la determinazione di tutti loro, il loro entusiasmo, coinvolge già insegnanti e genitori, perché passione e cultura devono prevalere.

*membro del comitato promotore del 2° Forum Europeo dell'Educazione

fesalscuola @libero.it