Razionalizzazione dell'organizzazione delle Amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Testo aggiornato e coordinato)
Sommario
TITOLO I PRINCÌPI GENERALI
Art. 2 - Fonti
Art. 3 (a) - Indirizzo
politico-amministrativo
Art. 4 (a) - Potere
di organizzazione
Art. 7 - Gestione
delle risorse
Art. 10 (a) (b) -
Partecipazione sindacale
TITOLO II ORGANIZZAZIONE CAPO I Relazioni con il pubblico
Art. 12 - Ufficio relazioni con il pubblico
CAPO II Dirigenza
Art. 14 (a) - Indirizzo
politico-amministrativo
Art. 15 (a) (b) - Dirigenti
Art. 17 (a) - Funzioni
dei dirigenti
Art. 19 (a) (b) - Incarichi
di funzioni dirigenziali
Art. 20 - Verifica
dei risultati (a)
Art. 21 (a) - Responsabilità
dirigenziale
Art. 22 (a) - Attribuzioni
degli incarichi di direzione in sede di prima applicazione del presente
decreto
Art. 23 (a) - Ruolo
unico dei dirigenti
Art. 24 (a) (b) - Trattamento
economico
Art. 25/bis (a) - Dirigenti
delle istituzioni scolastiche
Art. 25/ter (a) - Inquadramento
nei ruoli regionali dei dirigenti scolastici dei capi d'istituto in servizio
Art. 28 - Accesso
alla qualifica di dirigente (a) (b)
Art. 28/bis (a) - Reclutamento
dei dirigenti scolastici
Art. 33 (a) (b) - Passaggio
diretto di personale tra amministrazioni diverse
Art. 33/bis - Scambio
di funzionari appartenenti a Paesi diversi e temporaneo servizio all'estero
(a)
Art. 34 (a) - Passaggio
di dipendenti per effetto di trasferimento di attività
Art. 35 (a) - Eccedenze
di personale e mobilità collettiva
Art. 35/bis (a) - Gestione
del personale in disponibilità
Art. 36 (a) (b) - Reclutamento
del personale
Art. 36/ter - Accertamento
delle conoscenze informatiche e di lingue straniere nei concorsi pubblici
(a)
TITOLO III CONTRATTAZIONE COLLETTIVA E RAPPRESENTATIVITA' SINDACALE
Art. 45 - Contratti
collettivi nazionali e integrativi
Art. 47 - Diritti
e prerogative sindacali nei luoghi di lavoro
Art. 47/bis - Rappresentatività
sindacale ai fini della contrattazione collettiva
Art. 48 - Nuove
forme di partecipazione all'organizzazione del lavoro
Art. 49 - Trattamento
economico
Art. 50 - Agenzia
per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
Art. 51 - Procedimento
di contrattazione collettiva
Art. 53 - Interpretazione
autentica dei contratti collettivi
Art. 54 - Aspettative
e permessi sindacali
TITOLO IV RAPPORTO DI LAVORO
Art. 55 - Disciplina
del rapporto di lavoro
Art. 56 (a) - Disciplina
delle mansioni
Art. 57 - Attribuzione
temporanea di mansioni superiori
Art. 58 - Incompatibilità,
cumulo di impieghi e incarichi
Art. 58/bis (a) - Codice
di comportamento
Art. 59 - Sanzioni
disciplinari e responsabilità
Art. 59/bis (a) b) - Impugnazione
delle sanzioni disciplinari
Art. 61 - Pari opportunità
TITOLO VI GIURISDIZIONE
Art. 68 (a) (b) - Controversie
relative ai rapporti di lavoro
Art. 68/bis (a) - Accertamento
pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti
collettivi
Art. 69 (a) -
Tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali
Art. 69/bis (a) - Collegio
di conciliazione
TITOLO VII DISPOSIZIONI DIVERSE E NORME TRANSITORIE FINALI
Art. 71 - Aspettativa
per mandato parlamentare
Art. 73 - Norma finale
Art. 74 - Norme abrogate
Art. 2 - Fonti
1. (Omissis)
2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni
pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del Capo I, Titolo II, del
libro V del Codice Civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato
nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente
decreto. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano
discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata
ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono
essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la
parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, salvo che la legge
disponga espressamente in senso contrario.
3. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma
2 sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati
secondo i criteri e le modalità previste nel Titolo III del presente
decreto; i contratti individuali devono conformarsi ai princìpi
di cui all'articolo 49, comma 2. L'attribuzione di trattamenti economici
può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi o, alle
condizioni previste, mediante contratti individuali. Le disposizioni di
legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi
non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall'entrata
in vigore dal relativo rinnovo contrattuale. I trattamenti economici più
favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle
misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono
incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva.
Art. 3 (a)
- Indirizzo politico-amministrativo
1. Gli organi di governo esercitano le funzioni
di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi
da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di
tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività
amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. Ad essi spettano,
in particolare:
a) le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione
dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo;
b) la definizione di obiettivi, priorità,
piani, programmi e direttive generali per l'azione amministrativa e per
la gestione;
c) l'individuazione delle risorse umane, materiali
ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la
loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale;
d) la definizione dei criteri generali in materia
di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi
oneri a carico di terzi;
e) le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi
attribuiti da specifiche disposizioni;
f) le richieste di pareri alle autorità amministrative
indipendenti ed al Consiglio di Stato;
g) gli altri atti indicati dal presente decreto.
2. Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti
amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione
verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa
mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane,
strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività
amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.
3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma
2 possono essere derogate soltanto espressamente e (b)ad
opera di specifiche disposizioni legislative.
4. Le amministrazioni pubbliche i cui organi di
vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza
politica, adeguano i propri ordinamenti al principio della distinzione
tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall'altro.
(a) Articolo sostituito dall'art. 3 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Parole introdotte dall'art. 1, comma 1, del
D.L.vo 29 ottobre 1998, n. 387.
Art. 4 (a)
- Potere di organizzazione
1. Le amministrazioni pubbliche assumono ogni determinazione
organizzativa al fine di assicurare l'attuazione dei princìpi di
cui all'articolo 2, comma 1, e la rispondenza al pubblico interesse dell'azione
amministrativa.
2. Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi
di cui all'articolo 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione
degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro
sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità
e i poteri del privato datore di lavoro.
3. Gli organismi di controllo interno verificano
periodicamente la rispondenza delle determinazioni organizzative ai princìpi
indicati all'articolo 2, comma 1, anche al fine di proporre l'adozione
di eventuali interventi correttivi e di fornire elementi per l'adozione
delle misure previste nei confronti dei responsabili della gestione.
(a) Articolo sostituito dall'art. 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(Omissis)
Art. 7 -
Gestione delle risorse
1. Le amministrazioni pubbliche garantiscono parità
e pari opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed
il trattamento sul lavoro.
2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono la
libertà di insegnamento e l'autonomia professionale nello svolgimento
dell'attività didattica, scientifica e di ricerca.
3. Le amministrazioni pubbliche individuano criteri
certi di priorità nell'impiego flessibile del personale, purché
compatibile con l'organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei
dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e
dei dipendenti impegnati in attività di volontariato ai sensi della
legge 11 agosto 1991, n. 266.
4. Le amministrazioni pubbliche curano la formazione
e l'aggiornamento del personale, ivi compreso quello con qualifiche dirigenziali,
garantendo
altresì l'adeguamento dei programmi formativi, al fine di contribuire
allo sviluppo della cultura di genere della pubblica amministrazione.
(a)
5. Le amministrazioni pubbliche non possono erogare
trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni
effettivamente rese.
6. Per esigenze cui non possono far fronte con personale
in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali
ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata,
luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
(a) Parole aggiunte dall'art. 3 del D.L.vo 29 ottobre 1998, n. 387.
Art.
10 (a) (b) - Partecipazione sindacale
1. I contratti collettivi nazionali disciplinano
i rapporti sindacali e gli istituti della partecipazione anche con riferimento
agli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro.
(a) Articolo sostituito dall'art. 10 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Si veda l'art. 45, comma 10, del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
TITOLO II
ORGANIZZAZIONE
CAPO I
Relazioni con il pubblico
(Omissis)
Art.
12 - Ufficio relazioni con il pubblico
1. Le amministrazioni pubbliche, al fine di garantire
la piena attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, individuano, nell'ambito
della propria struttura e nel contesto della ridefinizione degli uffici
di cui all'articolo 31, uffici per le relazioni con il pubblico.
2. Gli uffici per le relazioni con il pubblico provvedono,
anche mediante l'utilizzo di tecnologie informatiche:
a) al servizio all'utenza per i diritti di partecipazione
di cui al Capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241;
b) all'informazione all'utenza relativa agli atti
e allo stato dei procedimenti;
c) alla ricerca ed analisi finalizzate alla formulazione
di proposte alla propria amministrazione sugli aspetti organizzativi e
logistici del rapporto con l'utenza.
3) Agli uffici per le relazioni con il pubblico viene
assegnato, nell'ambito delle attuali dotazioni organiche delle singole
amministrazioni, personale con idonea qualificazione e con elevata capacità
di avere contatti con il pubblico, eventualmente assicurato da apposita
formazione.
4. Al fine di assicurare la conoscenza di normative,
servizi e strutture, le amministrazioni pubbliche programmano ed attuano
iniziative di comunicazione di pubblica utilità; in particolare,
le amministrazioni dello Stato, per l'attuazione delle iniziative individuate
nell'ambito delle proprie competenze, si avvalgono del Dipartimento per
l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri
quale struttura centrale di servizio, secondo un piano annuale di coordinamento
del fabbisogno di prodotti e servizi, da sottoporre all'approvazione del
Presidente del Consiglio dei Ministri.
5. Per le comunicazioni previste dalla legge 7 agosto
1990, n. 241, non si applicano le norme vigenti che dispongono la tassa
a carico del destinatario.
5/bis. Il responsabile dell'ufficio per le relazioni
con il pubblico e il personale da lui indicato possono promuovere iniziative
volte, anche con il supporto delle procedure informatiche, al miglioramento
dei servizi per il pubblico, alla semplificazione e all'accelerazione delle
procedure e all'incremento delle modalità di accesso informale alle
informazioni in possesso dell'amministrazione e ai documenti amministrativi.
5/ter. L'organo di vertice della gestione dell'amministrazione
o dell'ente verifica l'efficacia dell'applicazione delle iniziative di
cui al comma 5/bis, ai fini dell'inserimento della verifica positiva nel
fascicolo personale del dipendente. Tale riconoscimento costituisce titolo
autonomamente valutabile in concorsi pubblici e nella progressione in carriera
del dipendente. Gli organi di vertice trasmettono le iniziative riconosciute
ai sensi del presente comma al Dipartimento della Funzione Pubblica, ai
fini di un'adeguata pubblicizzazione delle stesse. Il Dipartimento annualmente
individua le forme di pubblicazione.
5/quater. Le disposizioni di cui ai commi 5/bis
e 5/ter, a decorrere dal 1° luglio 1997, sono estese a tutto il personale
dipendente dalle amministrazioni pubbliche.
(Omissis)
CAPO II
Dirigenza
(Omissis)
Art. 14
(a) - Indirizzo politico-amministrativo
1. Il Ministro esercita le funzioni di cui all'articolo
3, comma 1. A tal fine periodicamente, e comunque ogni anno entro dieci
giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, anche sulla
base delle proposte dei dirigenti di cui all'articolo 16:
a) definisce obiettivi, priorità, piani e
programmi da attuare ed emana le conseguenti direttive generali per l'attività
amministrativa e per la gestione:
b) effettua, ai fini dell'adempimento dei compiti
definiti ai sensi della lettera a), l'assegnazione ai dirigenti preposti
ai centri di responsabilità delle rispettive amministrazioni delle
risorse di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), del presente decreto,
ivi comprese quelle di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 7 agosto
1997, n. 279, ad esclusione delle risorse necessarie per il funzionamento
degli uffici di cui al comma 2; provvede alle variazioni delle assegnazioni
con le modalità previste dal medesimo decreto legislativo 7 agosto
1997, n. 279, tenendo altresì conto dei procedimenti e subprocedimenti
attribuiti ed adotta gli altri provvedimenti ivi previsti.
2. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma
1 il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive
competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione, istituiti e
disciplinati con regolamento adottato ai sensi del comma 4/bis dell'articolo
17 della legge 23 agosto 1988, n. 400. A tali uffici sono assegnati, nei
limiti stabiliti dallo stesso regolamento: dipendenti pubblici anche in
posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando; collaboratori assunti
con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato;
esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni
con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa. Per i dipendenti
pubblici si applica la disposizione di cui all'articolo 17, comma 14, della
legge 15 maggio 1997, n. 127. Con lo stesso regolamento si provvede al
riordino delle segreterie particolari dei Sottosegretari di Stato. Con
decreto adottato dall'autorità di governo competente, di concerto
con il Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica,
è determinato, in attuazione dell'articolo 12, comma 1, lettera
n) della legge 15 marzo 1997, n. 59, senza aggravi di spesa e, per il personale
disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una
specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio,
da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli
obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli,
ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di
Stato. Tale trattamento, consistente in un unico emolumento, è sostitutivo
dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva
e per la qualità della prestazione individuale. Con effetto dall'entrata
in vigore del regolamento di cui al presente comma sono abrogate le norme
del Regio decreto-legge 10 luglio 1924, n. 1100, e successive modificazioni
ed integrazioni, ed ogni altra norma riguardante la costituzione e la disciplina
dei gabinetti dei Ministri e delle segreterie particolari dei Ministri
e dei Sottosegretari di Stato.
3. Il Ministro non può revocare, riformare,
riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti
di competenza dei dirigenti. In caso di inerzia o ritardo il Ministro può
fissare un termine perentorio entro il quale il dirigente deve adottare
gli atti o i provvedimenti. Qualora l'inerzia permanga, o in caso di grave
inosservanza delle direttive generali da parte del dirigente competente,
che determinino pregiudizio per l'interesse pubblico, il Ministro può
nominare, salvi i casi di urgenza previa contestazione, un commissario
ad acta, dando comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri del
relativo provvedimento. Resta salvo quanto previsto dall'articolo 2, comma
3, lettera p) della legge 23 agosto 1988, n. 400. Resta altresì
salvo quanto previsto dall'articolo 6 del Testo Unico delle leggi di pubblica
sicurezza, approvato con Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive
modificazioni ed integrazioni, e dall'articolo 10 del relativo regolamento
emanato con Regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. Resta salvo il potere
di annullamento ministeriale per motivi di legittimità.
(a) Articolo sostituito dall'art. 9 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
Art. 15 (a) (b)
- Dirigenti
1. Nelle amministrazioni pubbliche di cui al presente
Capo, la dirigenza è articolata nelle due fasce del ruolo unico
di cui all'articolo 23. Restano salve le particolari disposizioni concernenti
le carriere diplomatica e prefettizia e le carriere delle Forze di polizia
e delle Forze armate. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, è fatto salvo quanto previsto dall'articolo 6.
2. Nelle istituzioni e negli enti di ricerca e sperimentazione
nonché negli altri istituti pubblici di cui al sesto comma dell'articolo
33 della Costituzione, le attribuzioni della dirigenza amministrativa non
si estendono alla gestione della ricerca e dell'insegnamento.
3. In ciascuna struttura organizzativa non affidata
alla direzione del dirigente generale, il dirigente preposto all'ufficio
di più elevato livello è sovraordinato al dirigente preposto
ad ufficio di livello inferiore.
(a) La rubrica ed il comma 1 sono stati modificati
dall'art. 10 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Si veda l'art. 45, comma 2, del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 80.
(Omissis)
Art.
17 (a) - Funzioni dei dirigenti
1. I dirigenti, nell'ambito di quanto stabilito
dall'articolo 3, esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri:
a) formulano proposte ed esprimono pareri ai dirigenti
degli uffici dirigenziali generali;
b) curano l'attuazione dei progetti e delle gestioni
ad essi assegnati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali, adottando
i relativi atti e provvedimenti amministrativi ed esercitando i poteri
di spesa e di acquisizione delle entrate;
c) svolgono tutti gli altri compiti ad essi delegati
dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali;
d) dirigono, coordinano e controllano l'attività
degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei procedimenti
amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia;
e) provvedono alla gestione del personale e delle
risorse finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici.
(a) Articolo sostituito dall'art. 12 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(Omissis)
Art.
19 (a) (b) - Incarichi di funzioni dirigenziali
1. Per il conferimento di ciascun incarico di funzione
dirigenziale e per il passaggio ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse,
si tiene conto della natura e delle caratteristiche dei programmi da realizzare,
delle attitudini e della capacità professionale del singolo dirigente,
anche in relazione ai risultati conseguiti in precedenza, applicando di
norma il criterio della rotazione degli incarichi. Al conferimento degli
incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non si applica l'articolo
2103 del codice civile. (c)
2. Tutti gli incarichi di direzione degli uffici
delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono
conferiti a tempo determinato, secondo le disposizioni del presente articolo.
Gli incarichi hanno durata non inferiore a due anni e non superiore a sette
anni, con facoltà di rinnovo. Sono definiti contrattualmente,
per ciascun incarico, l'oggetto, gli obiettivi da conseguire, la durata
dell'incarico, salvi i casi di revoca di cui all'art. 21, nonché
il corrispondente trattamento economico. Quest'ultimo è regolato
ai sensi dell'art. 24 ed ha carattere onnicomprensivo. (d)
3. Gli incarichi di Segretario generale dei Ministeri,
gli incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici
dirigenziali generali e quelli di livello equivalente sono conferiti con
decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio
dei Ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima
fascia del ruolo unico di cui all'articolo 23 o, con contratto a tempo
determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali
richieste dal comma 6.
4. Gli incarichi di direzione degli uffici di livello
dirigenziale generale sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima
fascia del ruolo unico di cui all'articolo 23 o, in misura non superiore
ad un terzo, a dirigenti del medesimo ruolo unico ovvero, con contratto
a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità
professionali richieste dal comma 6.
5. Gli incarichi di direzione degli uffici di livello
dirigenziale sono conferiti, dal dirigente dell'ufficio di livello dirigenziale
generale (e), ai dirigenti assegnati al suo ufficio ai sensi
dell'articolo 3, comma 1, lettera c).
6. Gli incarichi di cui ai commi precedenti possono
essere conferiti con contratto a tempo determinato, e con le medesime procedure,
entro il limite del 5 per cento dei dirigenti appartenenti alla prima fascia
del ruolo unico e del 5 per cento di quelli appartenenti alla seconda fascia,
a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che
abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati
o aziende pubbliche e private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio
in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione
professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria
e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze
di lavoro, o provenienti dai settori della ricerca, della docenza universitaria,
delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.
Il trattamento economico può essere integrato da un'indennità
commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto
della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative
alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata del
contratto, i dipendenti di pubbliche amministrazioni sono collocati in
aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di
servizio.
7. Gli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali
di cui ai commi precedenti sono revocati nelle ipotesi di responsabilità
dirigenziale per inosservanza delle direttive generali e per i risultati
negativi dell'attività amministrativa e della gestione, disciplinate
dall'articolo 21, ovvero nel caso di risoluzione consensuale del contratto
individuale di cui al comma 2 dell'articolo 24.
8. Gli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali
di cui al comma 3 possono essere confermati, revocati, modificati o rinnovati
entro novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo. Decorso tale termine,
gli incarichi per i quali non si sia provveduto si intendono confermati
fino alla loro naturale scadenza.
9. Degli incarichi di cui ai commi 3 e 4 è
data comunicazione al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati,
allegando uno scheda relativa ai titoli ed alle esperienze professionali
dei soggetti prescelti.
10. I dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità
di uffici dirigenziali svolgono, su richiesta degli organi di vertice delle
amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di consulenza,
di studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento.
Le modalità per l'utilizzazione dei predetti dirigenti sono stabilite
con il regolamento di cui all'articolo 23, comma 3.
11. Per la Presidenza del Consiglio dei Ministri,
per il Ministero degli Affari Esteri nonché per le amministrazioni
che esercitano competenze in materia di difesa e sicurezza dello Stato,
di polizia e di giustizia, la ripartizione delle attribuzioni tra livelli
dirigenziali differenti è demandata ai rispettivi ordinamenti.
12. Per il personale di cui all'articolo 2, comma
4, il conferimento degli incarichi di funzioni dirigenziali continuerà
ad essere regolato secondo i rispettivi ordinamenti di settore.
(a) Articolo sostituito dall'art. 13 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Si veda l'art. 45, comma 8, del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 80.
(c) Periodo così modificato dall'art.
5, comma 1, del D.L.vo 29 ottobre 1998, n. 387.
(d) Periodi aggiunti dall'art. 5, comma 2, del
D.L.vo 29 ottobre 1998, n. 387.
(e) Così sostituito dall'art. 5, comma
3, del D.L.vo 29 ottobre 1998, n. 387.
Art.
20 - Verifica dei risultati (a)
1. I dirigenti generali ed i dirigenti sono responsabili
del risultato dell'attività svolta dagli uffici ai quali sono preposti,
della realizzazione dei programmi e dei progetti loro affidati in relazione
agli obiettivi dei rendimenti e dei risultati della gestione finanziaria,
tecnica ed amministrativa, incluse le decisioni organizzative e di gestione
del personale. All'inizio di ogni anno, i dirigenti presentano al direttore
generale, e questi al Ministro, una relazione sull'attività svolta
nell'anno precedente.
2. Nelle amministrazioni pubbliche, ove già
non esistano, sono istituiti servizi di controllo interno, o nuclei di
valutazione, con il compito di verificare, mediante valutazioni comparative
dei costi e dei rendimenti, la realizzazione degli obiettivi, la corretta
ed economica gestione delle risorse pubbliche, l'imparzialità ed
il buon andamento dell'azione amministrativa. I servizi o nuclei determinano
almeno annualmente, anche su indicazione degli organi di vertice, i parametri
di riferimento del controllo.
3. Gli uffici di cui al comma 2 operano in posizione
di autonomia e rispondono esclusivamente agli organi di direzione politica.
Ad essi è attribuito, nell'ambito delle dotazioni organiche vigenti,
un apposito contingente di personale. Può essere utilizzato anche
personale già collocato fuori ruolo. Per motivate esigenze, le amministrazioni
pubbliche possono altresì avvalersi di consulenti esterni, esperti
in tecniche di valutazione e nel controllo di gestione.
4. I nuclei di valutazione, ove istituiti, sono
composti da dirigenti generali e da esperti anche esterni alle amministrazioni.
In casi di particolare complessità, il Presidente del Consiglio
può stipulare, anche cumulativamente per più amministrazioni,
convenzioni apposite con soggetti pubblici o privati particolarmente qualificati.
5. I servizi e nuclei hanno accesso ai documenti
amministrativi e possono richiedere, oralmente o per iscritto, informazioni
agli uffici pubblici. Riferiscono trimestralmente sui risultati della loro
attività agli organi generali di direzione. Gli uffici di controllo
interno delle amministrazioni territoriali e periferiche riferiscono altresì
ai comitati di cui al comma 6.
6. I comitati provinciali delle pubbliche amministrazioni
e i comitati metropolitani di cui all'articolo 18 del decreto-legge 24
novembre 1990, n. 344, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 gennaio
1991, n. 21, e al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10
giugno 1992, si avvalgono degli uffici di controllo interno delle amministrazioni
territoriali e periferiche.
7. All'istituzione degli uffici di cui al comma
2 si provvede con regolamenti delle singole amministrazioni da emanarsi
entro il 1° febbraio 1994. E' consentito avvalersi, sulla base di apposite
convenzioni, di uffici già istituiti in altre amministrazioni.
8. Per la Presidenza del Consiglio dei Ministri
e per le amministrazioni che esercitano competenze in materia di difesa
e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, le operazioni di cui
al comma 2 sono effettuate dal Ministro per i dirigenti e dal Consiglio
dei Ministri per i dirigenti generali. I termini e le modalità di
attuazione del procedimento di verifica dei risultati da parte del Ministro
competente e del Consiglio dei Ministri sono stabiliti rispettivamente
con regolamento ministeriale e con decreto del Presidente della Repubblica
da adottarsi entro sei mesi, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto
1988, n. 400.
Commi, 9, 10 e 22 abrogati.
(a) Rubrica così modificata dall'art. 6
del D.L.vo 29 ottobre 1998, n. 387.
Art.
21 (a) - Responsabilità dirigenziale
1. I risultati negativi dell'attività amministrativa
e della gestione o il mancato raggiungimento degli obiettivi, valutati
con i sistemi e le garanzie determinati con i decreti legislativi di cui
all'articolo 17 della legge 15 marzo 1997, n. 59, comportano per il dirigente
interessato la revoca dell'incarico, adottata con le procedure previste
dall'articolo 19, e la destinazione ad altro incarico, anche tra quelli
di cui all'articolo 19, comma 10, presso la medesima amministrazione
ovvero presso altra amministrazione che vi abbia interesse. (b)
2. Nel caso di grave inosservanza delle direttive
impartite dall'organo competente o di ripetuta valutazione negativa,
ai sensi del comma 1 (c), il dirigente, previa contestazione
e contraddittorio, può essere escluso dal conferimento di ulteriori
incarichi di livello dirigenziale corrispondente a quello revocato, per
un periodo non inferiore a due anni. Nei casi di maggiore gravità,
l'amministrazione può recedere dal rapporto di lavoro, secondo le
disposizioni del codice civile e dei contratti collettivi.
3. I provvedimenti di cui al comma 2 sono adottati
previo conforme parere di un comitato di garanti, i cui componenti sono
nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Il comitato
è presieduto da un magistrato della Corte dei Conti, con esperienza
nel controllo di gestione, designato dal Presidente della Corte dei Conti;
di esso fanno parte un dirigente della prima fascia del ruolo unico di
cui all'articolo 23, eletto dai dirigenti del medesimo ruolo con le modalità
stabilite dal regolamento di cui al comma 3 del medesimo articolo e collocato
fuori ruolo per la durata del mandato, e un esperto scelto dal Presidente
del Consiglio dei Ministri, tra soggetti con specifica qualificazione ed
esperienza nei settori dell'organizzazione amministrativa e del lavoro
pubblico. Il parere viene reso entro trenta giorni dalla richiesta; decorso
inutilmente tale termine si prescinde dal parere. Il comitato dura in carica
tre anni. L'incarico non è rinnovabile.
4. In attesa dell'emanazione dei decreti legislativi
di cui all'articolo 17 della legge 15 marzo 1997, n. 59, ai fini di cui
al presente articolo la valutazione dei risultati negativi viene effettuata
nelle forme previste dall'articolo 20.
5. Restano ferme le disposizioni vigenti per il
personale delle qualifiche dirigenziali delle Forze di polizia, delle carriere
diplomatica e prefettizia e delle Forze armate.
(a) Articolo sostituito dall'art. 14 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Parole aggiunte dall'art. 7, comma 1 del
D.L.vo 29 ottobre 1998, n. 387.
(c) Così modificato dall'art. 7, comma
2 del D.L.vo 29 ottobre 1998, n. 387.
Art.
22 (a) - Attribuzioni degli incarichi di direzione in sede di prima applicazione
del presente decreto
(Abrogato).
(a) Articolo sostituito dall'art. 43 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
Art.
23 (a) - Ruolo unico dei dirigenti
1. E' istituito, presso la Presidenza del Consiglio
dei Ministri, il ruolo unico dei dirigenti delle amministrazioni dello
Stato, anche ad ordinamento autonomo, articolato in due fasce. La distinzione
in fasce ha rilievo agli effetti del trattamento economico e, limitatamente
a quanto previsto dall'articolo 19, ai fini del conferimento degli incarichi
di dirigenza generale.
2. Nella prima fascia del ruolo unico sono inseriti
in sede di prima applicazione del presente decreto i dirigenti generali
in servizio all'entrata in vigore del regolamento di cui al comma 3 e,
successivamente, i dirigenti della seconda fascia (b)che
abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali
ai sensi dell'articolo 19 per un tempo pari ad almeno cinque anni, senza
essere incorsi nelle misure previste dall'articolo 21, comma 2, per le
ipotesi di responsabilità dirigenziale. Nella seconda fascia sono
inseriti gli altri dirigenti in servizio alla medesima data e i dirigenti
reclutati attraverso i meccanismi di accesso di cui all'articolo 28.
3. Con regolamento da emanare, entro il 31 luglio
1998, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.
400, sono disciplinate le modalità di costituzione e tenuta del
ruolo unico, articolato in modo da garantire la necessaria specificità
tecnica (c). Il regolamento disciplina altresì le modalità
di elezione del componente del comitato di garanti di cui all'articolo
21, comma 3. Il regolamento disciplina inoltre le procedure, anche di
carattere finanziario, per la gestione del personale dirigenziale collocato
presso il ruolo unico e le opportune forme di collegamento con le altre
amministazioni interessate. (c)
4. La Presidenza del Consiglio dei Ministri cura
una banca dati informatica contenente i dati curricolari e professionali
di ciascun dirigente, al fine di promuovere la mobilità e l'interscambio
professionale degli stessi fra amministrazioni statali, amministrazioni
centrali e locali, organismi ed enti internazionali e dell'Unione Europea.
(a) Articolo sostituito dall'art. 15 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Parole aggiunte dall'art. 8, comma 1, del
D.L.vo 29 ottobre 1998, n. 387.
(c) Articolo così modificato e integrato
dall'art. 8, comma 2 del D.L.vo 29 ottobre 1998, n. 387.
(Omissis)
Art.
24 (a) (b) - Trattamento economico
1. La retribuzione del personale con qualifica di
dirigente è determinata dai contratti collettivi per le area dirigenziali,
prevedendo che il trattamento economico accessorio sia correlato alle funzioni
attribuite e alle connesse responsabilità. La graduazione delle
funzioni e responsabilità ai fini del trattamento accessorio è
definita, ai sensi dell'articolo 3, con decreto ministeriale per le amministrazioni
dello Stato e con provvedimenti dei rispettivi organi di governo per le
altre amministrazioni o enti, ferma restando comunque l'osservanza dei
criteri e dei limiti delle compatibilità finanziarie fissate dal
Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro del
Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica.
2. Per gli incarichi (c) di uffici
dirigenziali di livello generale ai sensi dei commi 3 e 4 dell'articolo
19, con contratto individuale è stabilito il trattamento economico
fondamentale, assumendo come parametri di base i valori economici massimi
contemplati dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, e sono determinati
gli istituti del trattamento economico accessorio, collegato al livello
di responsabilità attribuito con l'incarico di funzione ed ai risultati
conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione, ed i relativi
importi.
3. Il trattamento economico determinato ai sensi
dei commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti
in base a quanto previsto dal presente decreto, nonché qualsiasi
incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito
dall'amministrazione (c), presso cui prestano servizio o
su designazione della stessa; i compensi dovuti dai terzi sono corrisposti
direttamente alla medesima amministrazione (c) e confluiscono
nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza.
4. Per il restante personale con qualifica dirigenziale
indicato dal comma 4 dell'articolo 2, la retribuzione è determinata
ai sensi dei commi 5 e 7 dell'articolo 2 della legge 6 marzo 1992, n. 216.
5. Il bilancio triennale e le relative leggi finanziarie,
nell'ambito delle risorse da destinare ai miglioramenti economici delle
categorie di personale di cui all'articolo 2, commi 4 e 5, indicano le
somme da destinare, in caso di perequazione, al riequilibrio del trattamento
economico del restante personale dirigente civile e militare non contrattualizzato
con il trattamento previsto dai contratti collettivi nazionali per i dirigenti
del comparto Ministeri, tenendo conto dei rispettivi trattamenti economici
complessivi e degli incrementi comunque determinatesi a partire dal febbraio
1993, e secondo i criteri indicati nell'articolo 1, comma 2, della legge
2 ottobre 1997, n. 334.
6. I fondi per la perequazione di cui all'articolo
2 della legge 2 ottobre 1997, n. 334, destinati al personale di cui all'articolo
2, comma 5, sono assegnati alle Università e da queste utilizzati
per l'incentivazione dell'impegno didattico dei professori e ricercatori
universitari, con particolare riferimento al sostegno dell'innovazione
didattica, delle attività di orientamento e tutorato, della diversificazione
dell'offerta formativa. Le Università possono destinare allo stesso
scopo propri fondi, utilizzando anche le somme attualmente stanziate per
il pagamento delle supplenze e degli affidamenti. L'incentivazione, a valere
sui fondi di cui all'articolo 2 della predetta legge n. 334 del 1997, è
erogata come assegno aggiuntivo pensionabile.
7. I compensi spettanti in base a norme sppeciali
ai dirigenti del ruolo unico o equiparati sono assorbiti nel trattamento
economico attribuito ai sensi dei commi precedenti.
8. Ai fini della determinazione del trattamento
economico accessorio le risorse che si rendono disponibili ai sensi del
comma 7 confluiscono in appositi fondi istituiti presso ciascuna amministrazione,
unitamente agli altri compensi previsti dal presente articolo.
9. Una quota pari al dieci per cento delle risorse
di ciascun fondo confluisce in un apposito fondo costituito presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri. Le predette quote sono ridistribuite tra i
fondi di cui al comma 8, secondo criteri diretti ad armonizzare la quantità
di risorse disponibili. (c)
(a) Articolo sostituito dall'art. 16 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Si veda l'art. 45, comma 19, del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(c) Articolo così modificato e integrato
dall'art. 9, commi 1, 2, 3 e 4 del D.L.vo 29 ottobre 1998, n. 387.
(Omissis)
Art.
25/bis (a) - Dirigenti delle istituzioni scolastiche
1. Nell'ambito dell'amministrazione scolastica periferica
è istituita la qualifica dirigenziale per i capi d'istituto preposti
alle istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita
personalità giuridica ed autonomia a norma dell'articolo 21 della
legge 15 marzo 1997, n. 59. I dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli
di dimensione regionale e rispondono, agli effetti dell'articolo 20, in
ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità
delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di
valutazione istituito presso l'amministrazione scolastica regionale, presieduto
da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all'amministrazione
stessa.
2. Il dirigente scolastico assicura la gestione
unitaria dell'istituzione, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile
della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati
del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici,
spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento
e di valorizzazione delle risorse umane.
In particolare il dirigente scolastico organizza
l'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia
formativa ed è titolare delle relazioni sindacali.
3. Nell'esercizio delle competenze di cui al comma
2 il dirigente scolastico promuove gli interventi per assicurare la qualità
dei processi formativi e la collaborazione delle risorse culturali, professionali,
sociali ed economiche del territorio, per l'esercizio della libertà
d'insegnamento, intesa anche come libertà di ricerca e innovazione
metodologica e didattica, per l'esercizio della libertà di scelta
educativa delle famiglie e per l'attuazione del diritto all'apprendimento
da parte degli alunni.
4. Nell'ambito delle funzioni attribuite alle istituzioni
scolastiche, spetta al dirigente l'adozione dei provvedimenti di gestione
delle risorse e del personale.
5. Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative
e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati,
ai quali possono essere delegati specifici compiti, ed è coadiuvato
dal responsabile amministrativo, che sovrintende, con autonomia operativa,
nell'ambito delle direttive di massima impartite e degli obiettivi assegnati,
ai servizi amministrativi ed ai servizi generali dell'istituzione scolastica,
coordinando il relativo personale.
6. Il dirigente presenta periodicamente al consiglio
di circolo o al consiglio d'istituto motivata relazione sulla direzione
e il coordinamento dell'attività formativa, organizzativa e amministrativa,
al fine di garantire la più ampia informazione e un efficace raccordo
per l'esercizio delle competenze degli organi dell'istituzione scolastica.
(a) Articolo introdotto dall'art. 1 del decreto
legislativo 6 marzo 1998, n. 59.
Art.
25/ter (a) - Inquadramento nei ruoli regionali dei dirigenti scolastici
dei capi d'istituto in servizio
1. I capi d'istituto con rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, ivi compresi i rettori e i vicerettori dei convitti nazionali,
le direttrici e vice direttrici degli educandati, assumono la qualifica
di dirigente, previa frequenza di appositi corsi di formazione, all'atto
della preposizione alle istituzioni scolastiche dotate di autonomia e della
personalità giuridica a norma dell'articolo 21 della legge 15 marzo
1997, n. 59, salvaguardando, per quanto possibile, la titolarità
della sede di servizio.
2. Il Ministro della Pubblica Istruzione, con proprio
decreto, definisce gli obiettivi, i contenuti e la durata della formazione;
determina le modalità di partecipazione ai diversi moduli formativi
e delle connesse verifiche; definisce i criteri di valutazione e di certificazione
della qualità di ciascun corso; individua gli organi dell'amministrazione
scolastica responsabili dell'articolazione e del coordinamento dei corsi
sul territorio, definendone i criteri; stabilisce le modalità di
svolgimento dei corsi con il loro affidamento ad Università, agenzie
specializzate ed enti pubblici e privati anche tra loro associati o consorziati.
3. La direzione dei Conservatori di musica, delle
Accademie di belle arti, degli Istituti superiori per le industrie artistiche
e delle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza, è equiparata
alla dirigenza dei capi d'istituto. Con decreto del Ministro della Pubblica
Istruzione sono disciplinate le modalità di designazione e di conferimento
e la durata dell'incarico, facendo salve le posizioni degli attuali direttori
di ruolo.
4. Contestualmente all'attribuzione della qualifica
dirigenziale ai vicerettori dei convitti nazionali e alle vicedirettrici
degli educandati sono soppressi i corrispondenti posti. Alla conclusione
delle operazioni sono soppressi i relativi ruoli.
5. I capi d'istituto che rivestano l'incarico di
Ministro o Sottosegretario di Stato, ovvero siano in aspettativa per mandato
parlamentare o amministrativo o siano in esonero sindacale, distaccati,
comandati, utilizzati o collocati fuori ruolo possono assolvere all'obbligo
di formazione mediante la frequenza di appositi moduli nell'ambito della
formazione prevista dal presente articolo, ovvero della formazione di cui
all'articolo 28/bis. In tale ultimo caso l'inquadramento decorre ai fini
giuridici dalla prima applicazione degli inquadramenti di cui al comma
1 ed ai fini economici dalla data di assegnazione ad un'istituzione scolastica
autonoma.
(a) Articolo introdotto dall'art. 1 del decreto legislativo 6 marzo 1998, n. 59.
(Omissis)
Art.
28 - Accesso alla qualifica di dirigente
(a) (b)
1. L'accesso alla qualifica di dirigente di ruolo
nelle amministrazioni statali, anche ad ordinameno autonomo, e negli enti
pubblici non economici avviene esclusivamente a seguito di concorso per
esami.
2. In sede di programmazione del fabbisogno di
personale di cui all'articolo 39 della legge 23 dicembre 1997, n. 449,
sono determinati i posti di dirigente da coprire con due distinte procedure
concorsuali, cui possono rispettivamente partecipare:
a) i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio svolti in posizioni funzionali per l'accessio alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. Per i dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso, il periodo di servizio è ridotto a quattro anni. Sono, alresì, ammessi soggetti in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche non ricomprese nel campo di applicazione del'art. 1, comma 2, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali. Sono, inoltre, ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni;
b) I soggetti muniti di laurea nonché di uno dei seguenti titoli: diploma di specializzazione, dottorato di ricerca, o altro titolo post-universitario, rilasciatio a istituti universitari italiani o stranieri, ovvero da primarie istituzioni formative pubbliche o private, secondo modalità di riconoscimento disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e la Scuola superiore della Pubblica amministrazione. Sono ammessi, altresì, soggetti in possesso della qualifica di dirigente in strutture private, muniti del diploma di laurea, che hnno svolto per almeno cinque anni le funzioni dirigenziali.
3. Con regiolamentio governativo di cui all'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, sentita la Scuola superiore della pubblica amministrazione, distinamente per i concorsi di cui alle lettere a) e b) del comma 2:
a) i criteri per la composizione e la nomina delle
commissioni esaminatrici;
b) le modalità di svolgimento delle selezioni.
4. I vincitori dei concorsi di cui al comma 1, anteriormente al conferimento del primo incarico dirigenziale, frequentano un ciclo di attività formative organizzato dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione e disciplinato dal regolamento di cui all'art. 29, comma 5. Tale ciclo comprende anche l'applicazione presso ammininistrazioni italiane e straniere, enti o organismi internazionali, itituti o aziende pubbliche o private. Per i vincitori dei concorsi di cui alla lettera a) del comma 2, il regolamento può prevedere che il ciclo formativo, di durata complessivanmente non superiore a dodici mesi, si svolga anche in collaborazione con istituti universitari italiani o stranieri,iovvero primarie istituzioni formative pubbliche o private.
5. Ai vincitori dei concorsi di cui al comma 1, sino al conferimento del primo incarico, spetta il trttamento economico appositamente detreminato dai contratti collettivi.
6. Concorsi di cui al comma 2 sono indetti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Gkli inti pubblici nion economici provvedono a bandire direttamente i concorsi di cui alla lettera a) del comma 2.
7. Restano ferme le vigenti disposizioni in materia di accesso delle qualifiche dirigenziali delle carriuere diuplomatica e prefettizia, delle Forze di polizia, delle Forze Armate e dei Vigli del fuoco.
(a) Articolo così sostituiuto dall'art.
10 del D.Lvo 29 ottobre 1998, n. 387.
(b) Si riporta l'art. 24 del D.Lvo 29 ottobre
1998, n. 387:
"1. Le disposizioni di cui all'art. 28 del decreto
L.vo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall'art. 10 del presente
decreto, si applicano ai concorsi banditi successivamente alla data di
entrata in vigore del presente decreto.
2. I corsi-concorsi per i quali siano in atto
le prove di esame proseguono secondo la normativa vigente al momento del
bando. Al concorso da svolgersi presso la Scuola superiore della pubblica
amministrazione - già indetto dalla stessa Scuola 6 aprile 1998
con bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 41 del 29 maggio 1998,
Iv Serie speciale - si applicano le disposizioni di cui all'art. 28 del
D..vo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall'art. 10 del presente
decreto, ad eccezione dei requisiti di ammissione che rimanono regolati
dalle disposizioni vigenti al momento dwel bando.
3. Per i primi due bandi successivi alla data
di entrata in vigore del prsente dcreto relativio alla copertura di posti
riservati ai concorsi di aui al comma 2, lettera b) dell'art. 28 del D.L.vo
3 febbraio 1993, n. 29 come sostituito dall'art. 10 del presene decreto,
con il regolamento governativo di cuj al comma 3, del medesimo articolo
è determinata la quota di posti per i quali sono ammessi soggetti
anche se non in possesso del previsto titolo di specializzazione.
Art.
28/bis (a) - Reclutamento dei dirigenti scolastici
1. Il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizza
mediante un corso-concorso selettivo di formazione, indetto con decreto
del Ministro della Pubblica Istruzione, svolto in sede regionale con cadenza
periodica, comprensivo di moduli di formazione comune e di moduli di formazione
specifica per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria superiore
e per gli istituti educativi. Al corso-concorso è ammesso il personale
docente ed educativo delle istituzioni statali che abbia maturato, dopo
la nomina in ruolo, un servizio effettivamente prestato di almeno sette
anni con possesso di laurea, nei rispettivi settori formativi, fatto salvo
quanto previsto al comma 4.
2. Il numero di posti messi a concorso in sede regionale,
rispettivamente per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria
superiore e per le istituzioni educative è calcolato sommando i
posti già vacanti e disponibili per la nomina in ruolo alla data
della sua indizione, residuati dopo gli inquadramenti di cui all'articolo
25/ter, ovvero dopo la nomina di tutti i vincitori del precedente concorso,
e i posti che si libereranno nel corso del triennio successivo per collocamento
a riposo per limiti di età, maggiorati della percentuale media triennale
di cessazioni dal servizio per altri motivi e di un'ulteriore percentuale
del 25 per cento, tenendo conto dei posti da riservare alla mobilità.
3. Il corso-concorso, si articola in una selezione
per titoli, in un concorso di ammissione, in un periodo di formazione e
in un esame finale. Al concorso di ammissione accedono coloro che superano
la selezione per titoli disciplinata dal bando di concorso e, limitatamente
al primo corso-concorso, coloro che hanno effettivamente ricoperto per
almeno un triennio la funzione di preside incaricato. Sono ammessi al periodo
di formazione i candidati utilmente inseriti nella graduatoria del concorso
di ammissione entro il limite del numero dei posti messi a concorso a norma
del comma 2 rispettivamente per la scuola elementare e media, per la scuola
secondaria superiore e per le istituzioni educative, maggiorati del dieci
per cento.
4. Il periodo di formazione, di durata non inferiore
a quello previsto dal decreto di cui all'articolo 25/ter, comma 2, comprende
periodi di tirocinio ed esperienze presso enti e istituzioni; il numero
dei moduli di formazione comune e specifica, i contenuti, la durata e le
modalità di svolgimento sono disciplinati con decreto del Ministro
della Pubblica Istruzione, d'intesa con il Ministro per la Funzione Pubblica,
che individua anche i soggetti abilitati a realizzare la formazione. Con
lo stesso decreto sono disciplinati i requisiti e i limiti di partecipazione
al corso-concorso per posti non coerenti con la tipologia del servizio
prestato.
5. In esito all'esame finale sono dichiarati vincitori
coloro che l'hanno superato, in numero non superiore ai posti messi a concorso,
rispettivamente per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria
superiore e per le istituzioni educative. Nel primo corso-concorso bandito
dopo l'avvio delle procedure d'inquadramento di cui all'articolo 25/ter
il 40 per cento dei posti messi a concorso è riservato al personale
in possesso dei requisiti di servizio come preside incaricato indicati
al comma 3. I vincitori sono assunti in ruolo nel limite dei posti annualmente
vacanti e disponibili, nell'ordine delle graduatorie definitive. In caso
di rifiuto della nomina sono depennati dalla graduatoria. L'assegnazione
della sede è disposta sulla base dei princìpi del presente
decreto legislativo, tenuto conto delle specifiche esperienze professionali.
I vincitori in attesa di nomina continuano a svolgere l'attività
docente. Essi possono essere temporaneamente utilizzati, per la sostituzione
dei dirigenti assenti per almeno tre mesi. Dall'anno scolastico successivo
alla data di approvazione della prima graduatoria non sono più conferiti
incarichi di presidenza.
6. Alla frequenza dei moduli di formazione specifica
sono ammessi, nel limite del contingente stabilito in sede di contrattazione
collettiva, anche i dirigenti che facciano domanda di mobilità professionale
tra i diversi settori. L'accoglimento della domanda è subordinato
all'esito positivo dell'esame finale relativo ai moduli frequentati.
7. Con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro della Pubblica Istruzione, di concerto
col Ministro per la Funzione Pubblica sono definiti i criteri per la composizione
delle commissioni esaminatrici.
(a) Articolo introdotto dall'art. 1 del decreto legislativo 6 marzo 1998, n. 59.
(Omissis)
Art.
33 (a) (b) - Passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse
1. Nell'ambito del medesimo comparto le amministrazioni
possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto
di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre
amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Il trasferimento
è disposto previo consenso dell'amministrazione di appartenenza.
2. Il trasferimento di personale fra comparti diversi
avviene a seguito di apposito accordo stipulato fra le amministrazioni
con il quale sono indicate le modalità ed i criteri per il trasferimento
dei lavoratori in possesso di specifiche professionalità, tenuto
conto di quanto stabilito ai sensi del comma 3.
3. I contratti collettivi nazionali possono definire
le procedure e i criteri generali per l'attuazione di quanto previsto dai
commi 1 e 2.
(a) Articolo sostituito dall'art. 18 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Si veda l'art. 45, comma 22, del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
Art.
33/bis - Scambio di funzionari appartenenti a Paesi diversi e temporaneo
servizio all'estero (a)
1. Anche al fine di favorire lo scambiuo internazionale
di esperienze amministrative, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche,
a seguito di appostiti accordi di reciprocità stipulati tra le amministrazioni
interessate, d'intesa con il Ministero degli affati esteri e il Dipartimento
della Funzione pubblica, possono essere destinati a prestare temporaneamente
servizio presso amministrazioni pubbliche degli Stati membri della Unione
Europea, degli Stati candidati all'adesione e di altri Stati con cui l'Italia
intrattiene rapporti di collaborazione, nonché presso gli organismi
dell'Unione Europea e le organizzazione ed enti internazionali cui l'Italia
aderisce.
2. Il trattamento economico potrà essere
a carico delle amministrazioni di provenienza, di quelle di destinazione
o essere suddivise tra esse, ovvero essere rimborsate i tutto o in parte
allo Stato italiano dall'Unione europea o da una organizzazione o ente
internazionale.
3. Il personale che presta tempèoraneo
servizio all'estero resta a tutti gli efetti dipendente dall'amministrazion
di appartenenza. L'esperienza maturata all'estero è valutata ai
fini dello sviluppo professionale degli interessati.
(a) Articolo inserito dall'art. 11 del D.Lvo 29 ottobre 1998, n. 387.
Art.
34 (a) - Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività
1. Fatte salve le disposizioni speciali, nel caso
di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche
amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti,
pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti
si applicano l'articolo 2112 del Codice Civile (b) e si osservano le procedure
d'informazione e di consultazione di cui all'articolo 27, commi da 1 a
4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428.
(a) Articolo sostituito dall'art. 19 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Si trascrive il testo dell'art. 2112 del
Codice Civile:
"Art. 2112 - Trasferimento dell'azienda -
In caso di trasferimento dell'azienda, il rapporto di lavoro continua con
l'acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
L'alienante e l'acquirente sono obbligati, in solido,
per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento.
Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del Codice di Procedura
Civile il lavoratore può consentire la liberazione dell'alienante
dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.
L'acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti
economici e normativi, previsti dai contratti collettivi anche aziendali
vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che
siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa
dell'acquirente.
Le disposizioni di questo articolo si applicano
anche in caso di usufrutto o di affitto dell'azienda".
Art.
35 (a) - Eccedenze di personale e mobilità collettiva
1. Le pubbliche amministrazioni che rilevino eccedenze
di personale sono tenute ad informare preventivamente le organizzazioni
sindacali di cui al comma 3 e ad osservare le procedure previste dal presente
articolo. Si applicano, salvo quanto previsto dal presente articolo, le
disposizioni di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223, ed in particolare
il comma 11 dell'articolo 4 ed i commi 1 e 2 dell'articolo 5.
2. Il presente articolo trova applicazione quando
l'eccedenza rilevata riguardi almeno dieci dipendenti. Il numero di
dieci unità si intende raggiunto anche in caso di dichiarazioni
di eccedenza distinte nell'arco di un anno. In caso di eccedenze per un
numero inferiore a dieci unità agli interessati si applicano le
disposizioni previste dai commi 7 e 8. (b)
3. La comunicazione preventiva di cui al comma 2
dell'articolo 4 della legge 23 luglio 1991, n. 223, viene fatta alle rappresentanze
unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto
collettivo nazionale del comparto o area. La comunicazione deve contenere
l'indicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei
motivi tecnici e organizzativi per i quali si ritiene di non poter adottare
misure idonee a riassorbire le eccedenze all'interno della medesima amministrazione;
del numero, della collocazione, delle qualifiche del personale eccedente,
nonché del personale abitualmente impiegato, delle eventuali proposte
per risolvere la situazione di eccedenza e dei relativi tempi di attuazione,
delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul
piano sociale dell'attuazione delle proposte medesime.
4. Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione
di cui al comma 1, a richiesta delle organizzazioni sindacali di cui al
comma 3, si procede all'esame delle cause che hanno contribuito a determinare
l'eccedenza del personale e delle possibilità di diversa utilizzazione
del personale docente, o di una sua parte. L'esame è diretto a verificare
le possibilità di pervenire ad un accordo sulla ricollocazione totale
o parziale del personale eccedente, o nell'ambito della stessa amministrazione,
anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro
o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni
comprese nell'ambito della provincia o in quello diverso determinato ai
sensi del comma 6. Le organizzazioni sindacali che partecipano all'esame
hanno diritto di ricevere, in relazione a quanto comunicato dall'amministrazione,
le informazioni necessarie ad un utile confronto.
5. La procedura si conclude decorsi quarantacinque
giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 3,
o con l'accordo o con apposito verbale nel quale sono riportate le diverse
posizioni delle parti. In caso di disaccordo, le organizzazioni sindacali
possono richiedere che il confronto prosegua, per le amministrazioni dello
Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici nazionali, presso
il Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio
dei Ministri, con l'assistenza dell'A.R.A.N., e per le altre amministrazioni,
ai sensi degli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997,
n. 469. La procedura si conclude in ogni caso entro sessanta giorni dalla
comunicazione di cui al comma 1.
6. I contratti collettivi nazionali possono stabilire
criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche
del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio
diretto ad altre amministrazioni nell'ambito della provincia o in quello
diverso che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni
o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi
nazionali. Si applicano le disposizioni dell'articolo 33.
7. Conclusa la procedura di cui ai commi 3, 4 e
5, l'amministrazione colloca in disponibilità il personale che non
sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione
e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni, ovvero
che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo
gli accordi intervenuti ai sensi dei commi precedenti, ne avrebbe consentito
la ricollocazione.
8. Dalla data di collocamento in disponibilità
restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro, e
il lavoratore ha diritto ad un'indennità parti all'80 per cento
dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione
di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata
massima di ventiquattro mesi. I periodi di godimento dell'indennità
sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso
alla pensione e della misura della stessa. E' riconosciuto altresì
il diritto all'assegno per il nucleo familiare di cui all'art. 2 del decreto-legge
13 marzo 1988, n. 69, convertito, con odificazioni, dalla legge 13 maggio
1988, n. 153. (b)
(a) Articolo sostituito dall'art. 20 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Parole soppresse e periodi aggiunti ai sensi
dell'art. 12 del D.Lvo 29 ottobre 1998, n. 387.
Art.
35/bis (a) - Gestione del personale in disponibilità
1. Il personale in disponibilità è
iscritto in appositi elenchi.
2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo e per gli enti pubblici non economici nazionali, il
Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei
Ministri forma e gestisce l'elenco, avvalendosi anche, ai fini della riqualificazione
professionale del personale e della sua ricollocazione in altre amministrazioni,
della collaborazione delle strutture regionali e provinciali di cui al
decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e realizzando opportune forme
di coordinamento con l'elenco di cui al comma 3.
3. Per le altre amministrazioni, l'elenco è
tenuto dalle strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo
23 dicembre 1997, n. 469, alle quali sono affidati i compiti di riqualificazione
professionale e ricollocazione presso altre amministrazioni del personale.
Le leggi regionali previste dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n.
469, nel provvedere all'organizzazione del sistema regionale per l'impiego,
si adeguano ai princìpi di cui al comma 2.
4. Il personale in disponibilità iscritto
negli appositi elenchi ha diritto all'indennità di cui al comma
8 dell'articolo 35 per la durata massima ivi prevista. La spesa relativa
grava sul bilancio dell'amministrazione di appartenenza sino al trasferimento
ad altra amministrazione, ovvero al raggiungimento del periodo massimo
di fruizione dell'indennità di cui al medesimo comma 8. Il rapporto
di lavoro si intende definitivamente risolto a tale data, fermo restando
quanto previsto nell'articolo 35. Gli oneri sociali relativi alla retribuzione
goduta al momento del collocamento in disponibilità sono corrisposti
dall'amministrazione di appartenenza all'ente previdenziale di riferimento
per tutto il periodo della disponibilità.
5. I contratti collettivi nazionali possono riservare
appositi fondi per la riqualificazione professionale del personale trasferito
ai sensi dell'articolo 35 o collocato in disponibilità e per favorire
forme d'incentivazione alla ricollocazione del personale, in particolare
mediante mobilità volontaria.
6. Nell'ambito della programmazione triennale del
personale di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449,
le nuove assunzioni sono subordinate alla verificata impossibilità
di ricollocare il personale in disponibilità iscritto nell'apposito
elenco.
7. Per gli enti pubblici territoriali le economie
derivanti dalla minore spesa per effetto del collocamento in disponibilità
restano a disposizione del loro bilancio e possono essere utilizzate per
la formazione e la riqualificazione del personale nell'esercizio successivo.
8. Sono fatte salve le procedure di cui al decreto
legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, e successive modificazioni e integrazioni,
relative al collocamento in disponibilità presso gli enti locali
che hanno dichiarato il dissesto.
(a) Articolo introdotto dall'art. 21 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
Art.
36 (a) (b) - Reclutamento del personale
1. L'assunzione nelle amministrazioni pubbliche
avviene con contratto individuale di lavoro:
a) tramite procedure selettive, conformi ai princìpi
del comma 3, volte all'accertamento della professionalità richiesta,
che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno;
b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste
di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e
profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo,
facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità.
2. Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni
pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui all'articolo 1
della legge 2 aprile 1968, n. 482, come integrato dall'articolo 19 della
legge 5 febbraio 1992, n. 104. avvengono per chiamata numerica degli iscritti
nelle liste di collocamento ai sensi della vigente normativa, previa verifica
della compatibilità dell'invalidità con le mansioni da svolgere.
Per il coniuge superstite e per i figli del personale delle Forze dell'ordine,
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del personale della Polizia
municipale, deceduto nell'espletamento del servizio, nonché delle
vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui alla
legge 13 agosto 1980, n. 466, tali assunzioni avvengono per chiamata diretta
nominativa.
3. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche
amministrazioni si conformano ai seguenti princìpi:
a) adeguata pubblicità della selezione e modalità
di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità
e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno,
all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme
di preselezione;
b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti,
idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali
richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;
c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici
e lavoratori;
d) decentramento delle procedure di reclutamento;
e) composizione delle commissioni esclusivamente
con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra
funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che
non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione,
che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali
o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni
professionali.
4. Le determinazioni relative all'avvio di procedure
di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla
base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata
ai sensi dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Per le
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, l'avvio delle
procedure è subordinato alla previa deliberazione del Consiglio
dei Ministri adottata ai sensi dell'articolo 39, comma 3, della legge 27
dicembre 1997, n. 449.
5. I concorsi pubblici per le assunzioni nelle amministrazioni
dello Stato e nelle aziende autonome si espletano di norma a livello regionale.
Eventuali deroghe, per ragioni tecnico-amministrative o di economicità,
sono autorizzate dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Per gli uffici
aventi sede regionale, compartimentale o provinciale possono essere banditi
concorsi unici circoscrizionali per l'accesso alle varie professionalità.
6. Ai fini delle assunzioni di personale presso
la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le amministrazioni che esercitano
competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato,
di polizia, di giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e di difesa
in giudizio dello Stato, si applica il disposto di cui all'articolo 26
della legge 1 febbraio 1989, n. 53.
7. Le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle
disposizioni sul reclutamento del personale di cui ai commi precedenti,
si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e d'impiego
del personale previste dal Codice Civile e dalle leggi sui rapporti di
lavoro subordinato nell'impresa. I contratti collettivi nazionali provvedono
a disciplinare la materia dei contratti a tempo determinato, dei contratti
di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura
di prestazioni di lavoro temporaneo, in applicazione di quanto previsto
dalla legge 18 aprile 1962, n. 230, dall'articolo 23 della legge 28 febbraio
1987, n. 56, dall'articolo 3 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, dall'articolo
16 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito con modificazioni
dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, dalla legge 24 giugno 1997, n. 196,
nonché da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa
disciplina.
8. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative
riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche
amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti
di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni,
ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato
ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro
in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l'obbligo
di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti
responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.
(a) Articolo sostituito dall'art. 22 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Si veda l'art. 45, commi 11 e 12 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
Art.
36/ter - Accertamento delle conoscenze informatiche e di lingue straniere
nei concorsi pubblici (a)
1. A ecorrere dal 1° gennaio 2000 i bandi
di concorso per accesso alle pubbliche amministrazioni di cui all'art.
1, comma 2, prevedono l'accertamenrto della conoscenza dell'uso delle apparecchiature
e delle applicazioni informatiche più diffuse e di almeno una lingua
straniera.
2. Per i dirigenti il regolamento di cui all'art.
28 definisce il livello di conoscenza richiesto e le modalità per
il relativo accertamento.
3. Per gli altri dipendenti delle amministrazioni
dello Stato, con regolamento emanato ai sensi dell'art. 17, comma 1, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglilo
dei ministri, sono stabiliti i livelli di conoscenza, anche in relazione
alla professionalità cui si riferisce il bando, e le modalità
per l'accertamento della conoscenza medesima. Il regolamento stabilisce
altresì i casi nei quali il comma 1 non si applica.
(a) Articolo aggiunto dall'art. 13 del D.Lvo 29 ottobre 1998, n. 387.
TITOLO III
CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
E RAPPRESENTATIVITA' SINDACALE
Art.
47 - Diritti e prerogative sindacali nei luoghi di lavoro
1. Nelle pubbliche amministrazioni la libertà
e l'attività sindacale sono tutelate nelle forme previste dalle
disposizioni della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.
Fino a quando non vengano emanate norme di carattere generale sulla rappresentatività
sindacale che sostituiscano o modifichino tali disposizioni, le pubbliche
amministrazioni, in attuazione dei criteri di cui all'articolo 2, comma
1, lettera b) della legge 23 ottobre 1992, n. 421, osservano le disposizioni
seguenti in materia di rappresentatività delle organizzazioni sindacali
ai fini dell'attribuzione dei diritti e delle prerogative sindacali nei
luoghi di lavoro e dell'esercizio della contrattazione collettiva.
2. In ciascuna amministrazione, ente o struttura
amministrativa di cui al comma 8, le organizzazioni sindacali che, in base
ai criteri dell'articolo 47/bis, siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione
dei contratti collettivi, possono costituire rappresentanze sindacali aziendali
ai sensi dell'articolo 19 e seguenti della legge 20 maggio 1970, n. 300.
Ad esse spettano, in proporzione alla rappresentatività, le garanzie
previste dagli articoli 23, 24 e 30 della medesima legge 20 maggio 1970,
n. 300, e le migliori condizioni derivanti dai contratti collettivi nonché
dalla gestione dell'accordo recepito nel decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri 27 ottobre 1994, n. 770, e dai successivi accordi.
3. In ciascuna amministrazione, ente o struttura
amministrativa di cui al comma 8, ad iniziativa anche disgiunta delle organizzazioni
sindacali di cui al comma 2, viene altresì costituito, con le modalità
di cui ai commi seguenti, un organismo di rappresentanza unitaria del personale
mediante elezioni alle quali è garantita la partecipazione di tutti
i lavoratori.
4. Con appositi accordi o contratti collettivi nazionali,
tra l'A.R.A.N. e le confederazioni o organizzazioni sindacali rappresentative
ai sensi dell'articolo 47/bis, sono definite la composizione dell'organismo
di rappresentanza unitaria del personale e le specifiche modalità
delle elezioni, prevedendo in ogni caso il voto segreto, il metodo proporzionale
e il periodico rinnovo, con esclusione della prorogabilità. Deve
essere garantita la facoltà di presentare liste, oltre alle organizzazioni
che, in base ai criteri dell'articolo 47/bis, siano ammesse alle trattative
per la sottoscrizione dei contratti collettivi, anche ad altre organizzazioni
sindacali, purché siano costituite in associazione con un proprio
statuto e purché abbiano aderito agli accordi o contratti collettivi
che disciplinano l'elezione e il funzionamento dell'organismo. Per la presentazione
delle liste, può essere richiesto a tutte le organizzazioni sindacali
promotrici un numero di firme di dipendenti con diritto al voto non superiore
al 3 per cento del totale dei dipendenti nelle amministrazioni, enti o
strutture amministrative fino a duemila dipendenti, e del 2 per cento in
quelle di dimensioni superiori.
5. I medesimi accordi o contratti collettivi possono
prevedere che, alle condizioni di cui al comma 8, siano costituite rappresentanze
unitarie del personale comuni a più amministrazioni o enti di modeste
dimensioni ubicati nel medesimo territorio. Essi possono altresì
prevedere che siano costituiti organismi di coordinamento tra le rappresentanze
unitarie del personale nelle amministrazioni e enti con pluralità
di sedi o strutture di cui al comma 8.
6. I componenti della rappresentanza unitaria del
personale sono equiparati ai dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali
ai fini della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni
e del presente decreto legislativo. Gli accordi o contratti collettivi
che regolano l'elezione e il funzionamento dell'organismo, stabiliscono
i criteri e le modalità con cui sono trasferite ai componenti eletti
della rappresentanza unitaria del personale le garanzie spettanti alle
rappresentanze sindacali aziendali delle organizzazioni sindacali di cui
al comma 2 che li abbiano sottoscritti o vi aderiscano.
7. I medesimi accordi possono disciplinare le modalità
con le quali la rappresentanza unitaria del personale esercita in via esclusiva
i diritti di informazione e di partecipazione riconosciuti alle rappresentanze
sindacali aziendali dall'articolo 10 e successive modificazioni o da altre
disposizioni della legge e della contrattazione collettiva. Essi possono
altresì prevedere che, ai fini dell'esercizio della contrattazione
collettiva integrativa, la rappresentanza unitaria del personale sia integrata
da rappresentanti delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto
collettivo nazionale del comparto.
8. Salvo che i contratti collettivi non prevedano,
in relazione alle caratteristiche del comparto, diversi criteri dimensionali,
gli organismi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo possono essere
costituiti, alle condizioni previste dai commi precedenti, in ciascuna
amministrazione o ente che occupi oltre quindici dipendenti. Nel caso di
amministrazioni o enti con pluralità di sedi o strutture periferiche,
possono essere costituiti anche presso le sedi o strutture periferiche
che siano considerate livelli decentrati di contrattazione collettiva dai
contratti collettivi nazionali.
9. Fermo restando quanto previsto dal comma 2 per
la costituzione di rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell'articolo
19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, la rappresentanza dei dirigenti
nelle amministrazioni, enti o strutture amministrative è disciplinata,
in coerenza con la natura delle loro funzioni, dagli accordi o contratti
collettivi riguardanti la relativa area contrattuale.
10. Alle figure professionali per le quali nel contratto
collettivo del comparto sia prevista una disciplina distinta ai sensi dell'articolo
45, comma 3, deve essere garantita un'adeguata presenza negli organismi
di rappresentanza unitaria del personale, anche mediante l'istituzione,
tenuto conto della loro incidenza quantitativa e del numero dei componenti
dell'organismo di specifici collegi elettorali.
11. Per quanto riguarda i diritti e le prerogative
sindacali delle organizzazioni sindacali delle minoranze linguistiche,
nell'ambito della provincia di Bolzano e della regione Valle d'Aosta, si
applica quanto previsto dall'articolo 9 del decreto del Presidente della
Repubblica 6 gennaio 1978, n. 58, e dal decreto legislativo 28 dicembre
1989 n. 430.
Art.
47/bis - Rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione
collettiva
1. L'A.R.A.N. ammette alla contrattazione collettiva
nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area
una rappresentatività non inferiore al 5 per cento, considerando
a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale. Il dato
associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento
dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell'ambito
considerato. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei
voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale,
rispetto al totale dei voti espressi nell'ambito considerato.
2. Alla contrattazione collettiva nazionale per
il relativo comparto o area partecipano altresì le confederazioni
alle quali le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva
ai sensi del comma 1 siano affiliate.
3. L'A.R.A.N. sottoscrive i contratti collettivi
verificando previamente, sulla base della rappresentatività accertata
per l'ammissione alle trattative ai sensi del comma 1, che le organizzazioni
sindacali che aderiscono all'ipotesi di accordo rappresentino nel loro
complesso almeno il 51 per cento come media tra dato associativo e dato
elettorale nel comparto o nell'area contrattuale, o almeno il 60 per cento
del dato elettorale nel medesimo ambito.
4. L'A.R.A.N. ammette alla contrattazione collettiva
per la stipulazione degli accordi o contratti collettivi che definiscono
o modificano i comparti o le aree o che regolano istituti comuni a tutte
le pubbliche amministrazioni o riguardanti più comparti, le confederazioni
sindacali alle quali, in almeno due comparti o due aree contrattuali, siano
affiliate organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi del comma 1.
5. I soggetti e le procedure della contrattazione
collettiva integrativa sono disciplinati, in conformità all'articolo
45, comma 4, dai contratti collettivi nazionali, fermo restando quanto
previsto dall'articolo 47, comma 7, per gli organismi di rappresentanza
unitaria del personale.
6. Agli effetti dell'accordo tra l'A.R.A.N. e le
confederazioni sindacali rappresentative, previsto dal comma 1 dell'articolo
54, e dei contratti collettivi che regolano la materia, le confederazioni
e le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale
ai sensi dei commi precedenti, hanno titolo ai permessi, aspettative e
distacchi sindacali, in quota proporzionale alla loro rappresentatività
ai sensi del comma 1, tenendo conto anche della diffusione territoriale
e della consistenza delle strutture organizzative nel comparto o nell'area.
7. La raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe
è assicurata dall'A.R.A.N. I dati relativi alle deleghe rilasciate
a ciascuna amministrazione nell'anno considerato sono rilevati e trasmessi
all'A.R.A.N. non oltre il 31 marzo dell'anno successivo dalle pubbliche
amministrazioni, controfirmati da un rappresentante dell'organizzazione
sindacale interessata, con modalità che garantiscano la riservatezza
delle informazioni. Le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo di indicare
il funzionario responsabile della rilevazione e della trasmissione dei
dati. Per il controllo sulle procedure elettorali e per la raccolta dei
dati relativi alle deleghe l'A.R.A.N. si avvale, sulla base di apposite
convenzioni, della collaborazione del Dipartimento della Funzione Pubblica,
del Ministero del Lavoro, delle istanze rappresentative o associative delle
pubbliche amministrazioni.
8. Per garantire modalità di rilevazione
certe ed obiettive, per la certificazione dei dati e per la risoluzione
delle eventuali controversie è istituito presso l'A.R.A.N. un comitato
paritetico, che può essere articolato per comparti, al quale partecipano
le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale.
9. Il comitato procede alla verifica dei dati relativi
ai voti ed alle deleghe. Può deliberare che non siano prese in considerazione,
ai fini della misurazione del dato associativo, le deleghe a favore di
organizzazioni sindacali, che richiedano ai lavoratori un contributo economico
inferiore di più della metà rispetto a quello mediamente
richiesto dalle organizzazioni sindacali del comparto o dell'area.
10. Il comitato delibera sulle contestazioni relative
alla rilevazione dei voti e delle deleghe. Qualora vi sia dissenso, e in
ogni caso quando la contestazione sia avanzata da un soggetto sindacale
non rappresentato nel comitato, la deliberazione è adottata su conforme
parere del C.N.E.L., che lo emana entro quindici giorni dalla richiesta.
La richiesta di parere è trasmessa dal comitato al Ministro per
la Funzione Pubblica, che provvede a presentarla al C.N.E.L. entro cinque
giorni dalla ricezione.
11. Ai fini delle deliberazioni, l'A.R.A.N. e le
organizzazioni sindacali rappresentate nel comitato votano separatamente
e il voto delle seconde è espresso dalla maggioranza dei rappresentanti
presenti.
12. A tutte le organizzazioni sindacali vengono
garantite adeguate forme di informazione e di accesso ai dati, nel rispetto
della legislazione sulla riservatezza delle informazioni di cui alla legge
31 dicembre 1996, n. 675, e successive disposizioni correttive ed integrative.
Art.
48 - Nuove forme di partecipazione all'organizzazione del lavoro
1. In attuazione dell'articolo 2, comma 1, lettera
a), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, la contrattazione collettiva nazionale
definisce nuove forme di partecipazione delle rappresentanze del personale
ai fini dell'organizzazione del lavoro nelle amministrazioni pubbliche
di cui all'articolo 1, comma 2. Sono abrogate le norme che prevedono ogni
forma di rappresentanza, anche elettiva, del personale nei consigli d'amministrazione
delle predette amministrazioni pubbliche, nonché nelle commissioni
di concorso. La contrattazione collettiva nazionale indicherà forme
e procedure di partecipazione che sostituiranno commissioni del personale
e organismi di gestione, comunque denominati.
Art. 49 -
Trattamento economico
1. Il trattamento economico fondamentale ed accessorio
è definito dai contratti collettivi.
2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai
propri dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, parità di trattamento
contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai
rispettivi contratti collettivi.
3. I contratti collettivi definiscono, secondo criteri
obiettivi di misurazione, trattamenti economici accessori collegati:
a) alla produttività individuale;
b) alla produttività collettiva tenendo conto
dell'apporto di ciascun dipendente;
c) all'effettivo svolgimento di attività
particolarmente disagiate obiettivamente ovvero pericolose o dannose per
la salute.
Compete ai dirigenti la valutazione dell'apporto
partecipativo di ciascun dipendente, nell'ambito di criteri obiettivi definiti
dalla contrattazione collettiva.
4. I dirigenti sono responsabili dell'attribuzione
dei trattamenti economici accessori.
5. Le funzioni ed i relativi trattamenti economici
accessori del personale non diplomatico del Ministero degli Affari Esteri,
per i servizi che si prestano all'estero presso le rappresentanze diplomatiche,
gli uffici consolari e le istituzioni culturali e scolastiche, sono disciplinati,
limitatamente al periodo di servizio ivi prestato, dalle disposizioni del
decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive
modificazioni, nonché dalle altre pertinenti normative di settore
del Ministero degli Affari Esteri.
Art.
50 - Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
1. Le pubbliche amministrazioni sono legalmente
rappresentate dall'Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle pubbliche
amministrazioni - A.R.A.N., agli effetti della contrattazione collettiva
nazionale. L'A.R.A.N. esercita a livello nazionale, in base agli indirizzi
ricevuti ai sensi degli articoli 46 e 51, ogni attività relativa
alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e
all'assistenza delle pubbliche amministrazioni ai fini dell'uniforme applicazione
dei contratti collettivi. Sottopone alla valutazione della commissione
di garanzia dell'attuazione della legge 12 giugno 1990, n. 146, gli accordi
nazionali sulle prestazioni indispensabili ai sensi dell'articolo 2 della
legge citata.
2. Le pubbliche amministrazioni possono avvalersi
dell'assistenza dell'A.R.A.N. ai fini della contrattazione integrativa.
Sulla base di apposite intese, l'assistenza può essere assicurata
anche collettivamente ad amministrazioni dello stesso tipo o ubicate nello
stesso ambito territoriale. Su richiesta dei comitati di settore, in relazione
all'articolazione della contrattazione collettiva integrativa nel comparto
ed alle specifiche esigenze delle pubbliche amministrazioni interessate,
possono essere costituite, anche per periodi determinati, delegazioni dell'A.R.A.N.
su base regionale o pluriregionale.
3. L'A.R.A.N. cura le attività di studio,
monitoraggio e documentazione necessarie all'esercizio della contrattazione
collettiva. Predispone a cadenza trimestrale, ed invia al Governo, ai comitati
di settore e alle commissioni parlamentari competenti, un rapporto sull'evoluzione
delle retribuzioni di fatto dei pubblici dipendenti. A tal fine l'A.R.A.N.
si avvale della collaborazione dell'I.S.T.A.T. per l'acquisizione di informazioni
statistiche e per la formulazione di modelli statistici di rilevazione,
ed ha accesso ai dati raccolti dal Ministero del Tesoro, del Bilancio e
della Programmazione Economica in sede di predisposizione del bilancio
dello Stato, del conto annuale del personale e del monitoraggio dei flussi
di cassa e relativi agli aspetti riguardanti il costo del lavoro pubblico.
4. Per il monitoraggio sull'applicazione dei contratti
collettivi nazionali e sulla contrattazione collettiva integrativa, viene
istituito presso l'A.R.A.N., un apposito osservatorio a composizione paritetica.
I suoi componenti sono designati dall'A.R.A.N., dai comitati di settore
e dalle organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi nazionali.
5. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a trasmettere
all'A.R.A.N., entro cinque giorni dalla sottoscrizione, il testo contrattuale
e l'indicazione delle modalità di copertura dei relativi oneri con
riferimento agli strumenti annuali e pluriennali di bilancio.
6. Il comitato direttivo dell'A.R.A.N. è
costituito da cinque componenti ed è nominato con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro per la Funzione Pubblica di concerto con il Ministro
del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, designa tre
dei componenti, tra i quali, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni
e Stato-città, il Presidente. Degli altri componenti, uno è
designato dalla Conferenza dei Presidenti delle regioni e l'altro dall'A.N.C.I.
e dall'U.P.I.
7. I componenti sono scelti tra esperti di riconosciuta
competenza in materia di relazioni sindacali e di gestione del personale,
anche estranei alla pubblica amministrazione, e nominati ai sensi dell'articolo
31 della legge 23 agosto 1988, n. 400. Il comitato dura in carica quattro
anni e i suoi componenti possono essere riconfermati. Il comitato delibera
a maggioranza dei componenti. Non possono far parte del comitato persone
che rivestano incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici
o in organizzazioni sindacali ovvero che ricoprano rapporti continuativi
di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni.
8. Per la sua attività, l'A.R.A.N. si avvale:
a) delle risorse derivanti da contributi posti a
carico delle singole amministrazioni dei vari comparti, corrisposti in
misura fissa per dipendente in servizio. La misura annua del contributo
individuale è concordata tra l'A.R.A.N. e l'organismo di coordinamento
di cui all'articolo 46, comma 5, ed è riferita a ciascun biennio
contrattuale;
b) di quote per l'assistenza alla contrattazione
integrativa e per le altre prestazioni eventualmente richieste, poste a
carico dei soggetti che se ne avvalgano.
9. La riscossione dei contributi di cui al comma 8 è effettuata:
a) per le amministrazioni dello Stato direttamente
attraverso la previsione di spesa complessiva da iscrivere nell'apposito
capitolo dello stato di previsione di spesa della Presidenza del Consiglio
dei Ministri;
b) per le amministrazioni diverse dallo Stato, mediante
un sistema di trasferimenti da definirsi tramite decreti del Ministro per
la Funzione Pubblica di concerto con il Ministro del Tesoro, del Bilancio
e della Programmazione Economica e, a seconda del comparto, dei Ministri
competenti, nonché per gli aspetti di interesse regionale e locale,
previa intesa espressa dalla Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città.
10. L'A.R.A.N. ha personalità giuridica di
diritto pubblico. Ha autonomia organizzativa e contabile nei limiti del
proprio bilancio. Affluiscono direttamente al bilancio dell'A.R.A.N. i
contributi di cui al comma 8. L'A.R.A.N. definisce con propri regolamenti
le norme concernenti l'organizzazione interna, il funzionamento e la gestione
finanziaria. I regolamenti sono soggetti al controllo del Dipartimento
della Funzione Pubblica da esercitarsi entro quindici giorni dal ricevimento
degli stessi. La gestione finanziaria è soggetta al controllo consuntivo
della Corte dei Conti.
11. Il ruolo del personale dipendente dell'A.R.A.N.
è costituito da cinquanta unità ripartite tra il personale
dei livelli e delle qualifiche dirigenziali in base ai regolamenti di cui
al comma 10. Alla copertura dei relativi posti si provvede nell'ambito
delle disponibilità di bilancio tramite concorsi pubblici, ovvero
mediante assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato, regolati
dalle norme di diritto privato.
12. L'A.R.A.N. può altresì avvalersi
di un contingente di venticinque unità di personale anche di qualifica
dirigenziale proveniente dalle pubbliche amministrazioni rappresentate,
in posizione di comando o collocati fuori ruolo. I dipendenti comandati
o collocati fuori ruolo conservano lo stato giuridico ed il trattamento
economico delle amministrazioni di provenienza. Ad essi sono attribuite
dall'A.R.A.N., secondo le disposizioni contrattuali vigenti, le voci retributive
accessorie, ivi compresa la produttività per il personale non dirigente
e per i dirigenti la retribuzione di posizione e di risultato. Il collocamento
in posizione di comando o di fuori ruolo è disposto secondo le disposizioni
vigenti nonché ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge
15 maggio 1997, n. 127. L'A.R.A.N. può utilizzare, sulla base di
apposite intese, anche personale direttamente messo a disposizione dalle
amministrazioni e dagli enti rappresentati, con oneri a carico di questi.
Nei limiti di bilancio, l'A.R.A.N. può avvalersi di esperti e collaboratori
esterni con modalità di rapporto stabilite con i regolamenti adottati
ai sensi del comma 10.
13. In sede di prima applicazione del comma 11,
il personale in servizio presso l'A.R.A.N. da almeno un anno alla data
di entrata in vigore del presente decreto può presentare richiesta
di trasferimento all'A.R.A.N. entro il termine da questa fissato, ai sensi
della normativa vigente. Il comitato direttivo dell'A.R.A.N. procede ad
apposita selezione ai fini dell'inquadramento nel relativo ruolo per la
qualifica ricoperta nell'amministrazione di appartenenza e con salvaguardia
del trattamento economico in godimento.
14. Sino all'applicazione del comma 12, l'A.R.A.N.
utilizza personale in posizione di comando e fuori ruolo nei limiti massimi
delle tabelle previste dal decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio
1994, n. 144, come modificato dall'articolo 8, comma 4, della legge 15
maggio 1997, n. 127.
15. In via transitoria il conferimento finanziario
rimane fissato nell'importo complessivo iscritto nell'apposito capitolo
dello stato di previsione di spesa della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
16. Le regioni a statuto speciale e le province
autonome possono avvalersi, per la contrattazione collettiva di loro competenza,
di agenzie tecniche istituite con legge regionale o provinciale ovvero
dell'assistenza dell'A.R.A.N. ai sensi del comma 2.
Art.
51 - Procedimento di contrattazione collettiva
1. Gli indirizzi per la contrattazione collettiva
nazionale sono deliberati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo
contrattuale e negli altri casi in cui è richiesta un'attività
negoziale dell'A.R.A.N. Gli atti di indirizzo delle amministrazioni diverse
dallo Stato sono sottoposti al Governo che, non oltre dieci giorni, può
esprimere le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti riguardanti
la compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria
nazionale.
2. L'A.R.A.N. informa costantemente i comitati di
settore e il Governo sullo svolgimento delle trattative.
3. Raggiunta l'ipotesi di accordo, l'A.R.A.N. acquisisce
il parere favorevole del comitato di settore sul testo contrattuale e sugli
oneri finanziari diretti e indiretti che ne conseguono a carico dei bilanci
delle amministrazioni interessate. Il comitato di settore esprime, con
gli effetti di cui all'articolo 46, comma 1, il proprio parere entro cinque
giorni dalla comunicazione dell'A.R.A.N. Per le amministrazioni di cui
all'articolo 46, comma 2, il parere è espresso dal Presidente del
Consiglio dei Ministri, tramite il Ministro per la Funzione Pubblica, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri.
4. Acquisito il parere favorevole sull'ipotesi di
accordo, il giorno successivo l'A.R.A.N. trasmette la quantificazione dei
costi contrattuali alla Corte dei Conti ai fini della certificazione di
compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio
di cui all'articolo 1/bis della legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive
modificazioni. La Corte dei Conti certifica l'attendibilità dei
costi quantificati e la loro compatibilità con gli strumenti di
programmazione e di bilancio, e può acquisire a tal fine elementi
istruttori e valutazioni da tre esperti designati dal Presidente del Consiglio
dei Ministri, di concerto con il Ministro del Tesoro, del Bilancio e della
Programmazione Economica. La designazione degli esperti, per la certificazione
dei contratti collettivi delle amministrazioni delle regioni e degli enti
locali, avviene previa intesa con la Conferenza Stato-regioni e con la
Conferenza Stato-città. Gli esperti sono nominati prima che l'ipotesi
di accordo sia trasmessa alla Corte dei Conti.
5. La Corte dei Conti delibera entro quindici giorni
dalla trasmissione della quantificazione dei costi contrattuali, decorsi
i quali la certificazione si intende effettuata positivamente. L'esito
della certificazione viene comunicato dalla Corte all'A.R.A.N., al comitato
di settore e al Governo. Se la certificazione è positiva, il Presidente
dell'A.R.A.N. sottoscrive definitivamente il contratto collettivo.
6. Se la certificazione della Corte dei Conti non
è positiva, l'A.R.A.N., sentito il comitato di settore o il Presidente
del Consiglio dei Ministri, assume le iniziative necessarie per adeguare
la quantificazione dei costi contrattuali ai fini della certificazione,
ovvero, qualora non lo ritenga possibile, convoca le organizzazioni sindacali
ai fini della riapertura delle trattative. Le iniziative assunte dall'A.R.A.N.
in seguito alla valutazione espressa dalla Corte dei conti sono comunicate,
in ogni caso, al Governo e alla Corte dei conti, la quale riferisce al
Parlamento sulla definitiva quantificazione dei costi contrattuali, sulla
loro copertura finanziaria e sulla loro compatibilità con glki strumenti
di programmazione e di bilancio. (a)
7. In ogni caso, la procedura di certificazione
deve concludersi entro quaranta giorni dall'ipotesi di accordo, decorsi
i quali il Presidente dell'A.R.A.N. ha mandato di sottoscrivere definitivamente
il contratto collettivo, salvo che non si renda necessaria la riapertura
delle trattative ai sensi del comma precedente.
(a) Periodo aggiunto dall'art. 14, comma 1, del D.Lvo 29 ottobre 1998, n. 387.
Art.
53 - Interpretazione autentica dei contratti collettivi
1. Quando insorgano controversie sull'interpretazione
dei contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano
per definire consensualmente il significato della clausola controversa.
L'eventuale accordo, stipulato con le procedure di cui all'articolo 51,
sostituisce la clausola in questione sin dall'inizio della vigenza del
contratto.
2. Comma abrogato (a).
(a) Comma abrogato dall'art. 43 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
Art. 54 - Aspettative e permessi sindacali
1. Al fine del contenimento, della trasparenza e
della razionalizzazione delle aspettative e dei permessi sindacali nel
settore pubblico, la contrattazione collettiva ne determina i limiti massimi
in un apposito accordo, tra l'A.R.A.N. e le confederazioni sindacali rappresentative
ai sensi dell'articolo 47/bis.
2. La gestione dell'accordo di cui al comma 1, ivi
comprese le modalità di utilizzo e distribuzione delle aspettative
e dei permessi sindacali tra le confederazioni e le organizzazioni sindacali
aventi titolo sulla base della loro rappresentatività e con riferimento
a ciascun comparto e area separata di contrattazione, è demandata
alla contrattazione collettiva, garantendo a decorrere dal 1° agosto
1996 in ogni caso l'applicazione della legge 20 maggio 1970, n. 300, e
successive modificazioni. Per la provincia autonoma di Bolzano si terrà
conto di quanto previsto dall'articolo 9 del decreto del Presidente della
Repubblica 6 gennaio 1978, n. 58.
3. Comma abrogato.
4. Le amministrazioni pubbliche sono tenute a fornire
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione
Pubblica - il numero complessivo ed i nominativi dei beneficiari dei permessi
sindacali.
5. Contestualmente alla definizione della nuova
normativa contenente la disciplina dell'intera materia, sono abrogate le
disposizioni che regolano attualmente la gestione e la fruizione delle
aspettative e dei permessi sindacali nelle amministrazioni pubbliche. Fino
all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di
cui al comma 1, restano in vigore i decreti del Presidente del Consiglio
dei Ministri che ripartiscono attualmente i contingenti delle aspettative
sindacali nell'ambito delle amministrazioni pubbliche. Resta salva la disposizione
di cui all'ultimo periodo del comma 2 e sono a tal fine aumentati di un'unità,
fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1, i contingenti
attualmente previsti.
6. Oltre ai dati relativi ai permessi sindacali,
le pubbliche amministrazioni sono tenute a fornire alla Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica - gli elenchi
nominativi, suddivisi per qualifica, del personale dipendente collocato
in aspettativa, in quanto chiamato a ricoprire una funzione pubblica elettiva,
ovvero per motivi sindacali. I dati riepilogativi dei predetti elenchi
sono pubblicati in allegato alla relazione annuale da presentare al Parlamento
ai sensi dell'articolo 16 della legge 29 marzo 1983, n. 93.
TITOLO IV
RAPPORTO DI LAVORO
Art.
55 - Disciplina del rapporto di lavoro
1. Il rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni
pubbliche è disciplinato secondo le disposizioni dell'articolo 2,
commi 2, 3 e 4.
2. La legge 20 maggio 1970, n. 300, si applica alle
pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti.
Art.
56 (a) - Disciplina delle mansioni
1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle
mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate
equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai
contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore
che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale
o di procedure concorsuali o selettive. L'esercizio di fatto di mansioni
non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini
dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione.
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore
di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica
immediatamente superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per
non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state
avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al
comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente
assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell'assenza
per ferie, per la durata dell'assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori,
ai fini del presente articolo, soltanto l'attribuzione in modo prevalente,
sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri
di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di
effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto
per la qualifica superiore. Qualora l'utilizzazione del dipendente sia
disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente,
e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente
è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure
per la copertura dei posti vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2,
è nulla l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una
qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza
di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha
disposto l'assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente,
se ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano
in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali
prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita.
I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti
di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento
di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può
comportare il diritto (b) ad avanzamenti automatici nell'inquadramento
professionale del lavoratore.
(a) Articolo sostituito dall'art. 25 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Parole soppresse dall'art. 15 del D.Lvo 29
ottobre 1998, n. 387.
Art.
57 - Attribuzione temporanea di mansioni superiori
1. L'utilizzazione del dipendente in mansioni superiori
può essere disposta esclusivamente per un periodo non eccedente
i tre mesi, nel caso di vacanze di posti di organico, ovvero per sostituire
altro dipendente durante il periodo di assenza con diritto alla conservazione
del posto, escluso il periodo del congedo ordinario, sempre che ricorrano
esigenze di servizio.
2. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori,
il dipendente ha diritto al trattamento economico corrispondente all'attività
svolta per il periodo di esplettamento delle medesime. Per i dipendenti
di cui all'art. 2, comma 2, in deroga all'art. 2103 del codice civile l'esercizio
temporaneo di mansioni superiori non attribuisce il diritto all'assegnazione
definitiva delle stesse.
3. L'assegnazione alle mansioni superiori è
disposta sotto la propria responsabilità disciplinare e patrimoniale
dal dirigente preposto all'unità organizzativa presso cui il dipendente
presta servizio, anche se in posizione di fuori ruolo o comando, con provvedimento
motivato. Qualora l'utilizzazione del dipendente per lo svolgimento di
mansioni superiori sia disposta per sopperire a vacanze dei posti di organico,
contestualmente alla data in cui il dipendente è assegnato alle
predette mansioni devono essere avviate le procedure per la copertura dei
posti vacanti.
4. Non costituisce esercizio di mansioni superiori
l'attribuzione di alcuni soltanto dei compiti propri delle mansioni stesse,
disposta ai sensi dell'art. 56, comma 2.
5. In deroga a quanto previsto dal comma 1, gli
incarichi di presidenza d'istituto secondario e di direzione dei Conservatori
e delle Accademie restano disciplinati dalla legge 14 agosto 1971, n. 821,
e dall'art. 2, terzo comma, del regio decreto-legge 2 dicembre 1935, n.
2081, convertito dalla legge 16 marzo 1936, n. 498.
Art.
58 - Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi
1. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la
disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti
del Testo Unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10
gennaio 1957, n. 3, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale,
dall'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 17 marzo 1989, n. 117. Restano ferme altresì le disposizioni
di cui agli articoli da 89 a 93 del decreto del Presidente della Repubblica
31 maggio 1974, n. 417 (c), agli articoli da 68 a 70 della legge 11 luglio
1980, n. 312 (d), e successive modificazioni, all'articolo 9, commi 1 e
2, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, all'articolo 4, comma 7, della
legge 30 dicembre 1991, n. 412, ed all'articolo 1, comma 9, del decreto-legge
30 dicembre 1992, n. 510.
2. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire
ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri d'ufficio, che
non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti
normative, o che non siano espressamente autorizzati.
3. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti,
da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, entro il termine di centocinquanta giorni dalla data di entrata
in vigore del presente decreto, sono emanate norme dirette a determinare
gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi,
contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato
sentiti, per le diverse magistrature, i rispettivi istituti.
4. Decorso il termine di cui al comma 3, l'attribuzione
degli incarichi è consentita nei soli casi espressamente previsti
dalla legge o da altre fonti normative.
5. In ogni caso, il conferimento operato direttamente
dall'amministrazione, nonché l'autorizzazione all'esercizio di incarichi
che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza,
ovvero da società o persone fisiche, che svolgano attività
d'impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti
secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica
professionalità, tali da escludere casi d'incompatibilità,
sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento della pubblica
amministrazione.
6. I commi da 7 a 13 (a) del presente articolo
si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo
1, comma 2, compresi quelli di cui all'articolo 2, commi 4 e 5, con esclusione
dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione
lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno,
dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti
pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento
di attività libero-professionali. Gli incarichi retribuiti, di cui
ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi
nei compiti e doveri d'ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi
forma, un compenso.
Sono esclusi i compensi derivanti:
a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie
e simili;
b) dall'utilizzazione economica da parte dell'autore
o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali;
c) dalla partecipazione a convegni e seminari;
d) da incarichi per i quali è corrisposto
solo il rimborso delle spese documentate;
e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il
dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di
fuori ruolo;
f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali
a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita.
7. I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi
retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione
di appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno,
gli statuti o i regolamenti degli Atenei disciplinano i criteri e le procedure
per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto.
In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni
e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto
per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante
o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione
di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo
di produttività o di fondi equivalenti.
8. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire
incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza
la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti
stessi. Salve le più gravi sanzioni, il conferimento dei predetti
incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione
disciplinare per il funzionario responsabile del procedimento; il relativo
provvedimento è nullo di diritto. In tal caso l'importo previsto
come corrispettivo dell'incarico, ove gravi su fondi in disponibilità
dell'amministrazione conferente, è trasferito all'amministrazione
di appartenenza del dipendente ad incremento del fondo di produttività
o di fondi equivalenti.
9. Gli enti pubblici economici e i soggetti privati
non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza
la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti
stessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione dell'articolo
6, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni,
dalla legge 28 maggio 1997, n. 140. All'accertamento delle violazioni e
all'irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle Finanze, avvalendosi
della Guardia di finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre
1981, n. 689. Le somme riscosse sono acquisite alle entrate del Ministero
delle Finanze.
10. L'autorizzazione, di cui ai commi precedenti,
deve essere richiesta all'amministrazione di appartenenza del dipendente
dai soggetti pubblici o privati, che intendono conferire l'incarico; può,
altresì, essere richiesta dal dipendente interessato. L'amministrazione
di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro
trenta giorni dalla ricezione della richiesta stessa. Per il personale
che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da
quelle di appartenenza, l'autorizzazione è subordinata all'intesa
tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è
per l'amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si prescinde dall'intesa
se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non
si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta d'intesa da
parte dell'amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere,
l'autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni
pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente
negata.
11. Entro il 30 aprile di ciascun anno, i soggetti
pubblici o privati che erogano compensi a dipendenti pubblici per gli incarichi
di cui al comma 6 sono tenuti a dare comunicazione all'amministrazione
di appartenenza dei dipendenti stessi dei compensi erogati nell'anno precedente.
12. Entro il 30 giugno di ciascun anno, le amministrazioni
pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri
dipendenti sono tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto
magnetico, al Dipartimento della Funzione Pubblica l'elenco degli incarichi
conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi nell'anno precedente, con
l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo previsto
o presunto. L'elenco è accompagnato da una relazione nella quale
sono indicate le norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati
conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell'autorizzazione,
i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti
o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai princìpi di buon
andamento dell'amministrazione, nonché le misure che si intendono
adottare per il contenimento della spesa. Nello stesso termine e con le
stesse modalità le amministrazioni che, nell'anno precedente, non
hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se
comandati o fuori ruolo, dichiarano di non aver conferito o autorizzato
incarichi.
13. Entro lo stesso termine di cui al comma 12 le
amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento
della Funzione Pubblica, in via telematica o su apposito supporto magnetico,
per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito
o autorizzato, i compensi, relativi all'anno precedente, da esse erogati
o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai soggetti di cui
al comma 11.
14. Al fine della verifica dell'applicazione delle
norme di cui all'articolo 1, commi 123 e 127, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662, le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento
della funzione pubblica, in via telematica o su supporto magnetico, entro
il 30 giugno di ciascun anno, i compensi percepiti dai propri dipendenti
anche per incarichi relativi a compiti e doveri d'ufficio; sono altresì
tenute a comunicare semestralmente l'elenco dei collaboratori esterni e
dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione
della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti.
15. Le amministrazioni che omettono gli adempimenti
di cui ai commi 11, 12, 13 e 14 non possono conferire nuovi incarichi fino
a quando non adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni
di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9.
16. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro
il 31 dicembre di ciascun anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti
e formula proposte per il contenimento della spesa per gli incarichi e
per la razionalizzazione dei criteri di attribuzione degli incarichi stessi.
(c) Il decreto del Presidente della Repubblica
31 maggio 1974, n. 417, reca: "Norme sullo stato giuridico del personale
docente, direttivo ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria
ed artistica". Si riporta il testo dei relativi artt. 89-93:
"Art. 89 - Lezioni private - Al personale
docente non è consentito impartire lezioni private ad alunni del
proprio istituto.
Il personale docente, ove assuma lezioni private,
è tenuto ad informare il direttore didattico o il preside, al quale
deve altresì comunicare il nome degli alunni e la loro provenienza.
Ove le esigenze di funzionamento della scuola lo
richiedano, il direttore didattico o il preside possono vietare l'assunzione
di lezioni private o interdirne la continuazione, sentito il consiglio
di circolo o di istituto.
Avverso il provvedimento del direttore didattico
o del preside è ammesso ricorso al Provveditore agli Studi, che
decide in via definitiva, sentito il parere del consiglio scolastico provinciale.
Nessun alunno può essere giudicato da docente
dal quale abbia ricevuto lezioni private; sono nulli gli scrutini o le
prove d'esame svoltisi in contravvenzione a tale divieto".
"Art. 90 - Divieto di lezioni private per il
personale ispettivo e direttivo - Al personale ispettivo e direttivo
è fatto divieto di impartire lezioni private".
"Art. 91 - Divieto di cumulo di impieghi - L'ufficio
di docente, di direttore didattico, di preside, di ispettore tecnico e
di ogni altra categoria di personale prevista dal presente decreto non
è cumulabile con altro rapporto di impiego pubblico.
Il predetto personale che assuma altro impiego pubblico
è tenuto a darne immediata notizia all'amministrazione.
L'assunzione del nuovo impiego importa la cessazione
di diritto dall'impiego precedente, salva la concessione del trattamento
di quiescenza eventualmente spettante ai sensi delle disposizioni in vigore".
"Art. 92 - Altre incompatibilità - Decadenza
- Il personale, di cui al presente decreto, non può esercitare
attività commerciale, industriale o professionale, né può
assumere o mantenere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche
in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche
in società od enti per i quali la nomina è riservata allo
Stato e sia intervenuta l'autorizzazione del Ministro per la Pubblica Istruzione.
Il divieto, di cui al precedente comma, non si applica
nei casi di società cooperative.
Il personale che contravvenga ai divieti posti nei
commi precedenti viene diffidato dal Ministero per la Pubblica Istruzione
o dal Provveditore agli Studi a cessare dalla situazione di incompatibilità.
L'ottemperanza alla diffida non preclude l'azione
disciplinare.
Decorsi quindici giorni dalla diffida senza che
l'incompatibilità sia cessata, viene disposta la decadenza con provvedimento
del Ministro per la Pubblica Istruzione, sentito il Consiglio Nazionale
della Pubblica Istruzione, per il personale appartenente ai ruoli nazionali;
con provvedimento del Provveditore agli Studi, sentito il consiglio scolastico
provinciale, per il personale appartenente ai ruoli provinciali.
Al personale docente è consentito, previa
autorizzazione del direttore didattico o del preside, l'esercizio di libere
professioni che non siano di pregiudizio all'assolvimento di tutte le attività
inerenti alla funzione docente e siano compatibili con l'orario d'insegnamento
e di servizio.
Avverso il diniego di autorizzazione è ammesso
ricorso al Provveditore agli Studi, che decide in via definitiva".
"Art. 93 - Norme di rinvio - Per quanto non
previsto dal presente decreto, in materia di diritti e di obblighi del
personale docente, educativo, direttivo, ed ispettivo, si rinvia, nei limiti
in cui siano applicabili, alle disposizioni del Testo Unico approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 e successive
modificazioni ed integrazioni".
(d) La legge 11 luglio 1980, n. 312: Reca: "Nuovo
assetto, retributivo funzionale del personale civile e militare dello Stato".
Si trascrive il testo dei relativi artt. 68, 69 e 70:
"Art. 68 - Cumulo di impieghi - Gli articoli
91 e 92 del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n.
417, devono essere interpretati nel senso che il divieto di cumulo ivi
previsto non si applica al personale docente dei Conservatori di musica,
nei limiti di cui al successivo art. 69.
L'esercizio contemporaneo dell'insegnamento nei
Conservatori di musica e di altre attività presso enti lirici o
istituzioni di produzione musicale è regolato dagli articoli che
seguono.
Le disposizioni contenute nei precedenti commi si
applicano anche ai docenti delle Accademie di belle arti".
"Art. 69 - Contratti di collaborazione - I
Conservatori di musica, per lo svolgimento di attività didattiche
ed artistiche per le quali non sia possibile provvedere con personale di
ruolo, possono stipulare contratti di collaborazione con il personale dipendente
da enti lirici o da altre istituzioni di produzione musicale, previa autorizzazione
dei rispettivi competenti organi di amministrazione. Analogamente possono
provvedere i predetti enti e istituzioni di produzione musicale nei confronti
del personale docente dipendente dai Conservatori, previa autorizzazione
del competente organo di amministrazione del Conservatorio.
Tali contratti di collaborazione, se stipulati dai
Conservatori di musica, vengono disposti secondo l'ordine di apposite graduatorie
compilate in base alle norme relative al conferimento degli incarichi d'insegnamento.
I contratti medesimi possono riferirsi esclusivamente all'insegnamento
di discipline corrispondenti all'attività artistica esercitata.
I contratti di collaborazione hanno durata annuale
e si intendono tacitamente rinnovati nel caso in cui il posto non venga
occupato da un professore di ruolo.
I titolari dei contratti assumono gli stessi obblighi
di servizio dei docenti.
Il compenso per le attività previste nel
contratto di collaborazione ha carattere onnicomprensivo e deve essere
pari all'entità del trattamento economico complessivo che compete
ad un docente di ruolo alla 1ª classe di stipendio, con esclusione
della 13ª mensilità, delle quote di aggiunta di famiglia e
di ogni altra indennità di cui le norme vigenti vietano il cumulo.
Dopo un quinquennio anche non consecutivo di attività
contrattuale il compenso viene calcolato con le modalità di cui
al precedente comma sulla base della seconda classe di stipendio del personale
di ruolo.
Gli enti possono stipulare con il personale docente
dei Conservatori di musica e delle Accademie di belle arti contratti annuali
o biennali rinnovabili per le attività di rispettiva competenza.
Nello stato di previsione della spesa del Ministero
della Pubblica Istruzione sarà iscritto, in apposito capitolo, uno
stanziamento per far fronte all'onere derivante ai Conservatori per la
stipula dei contratti di collaborazione.
Il Ministro della Pubblica Istruzione con proprio
decreto, provvederà ogni anno alla ripartizione di tale stanziamento
tra i Conservatori in relazione alle esigenze accertate".
"Art. 70 - Contratti di collaborazione per il
personale già in servizio - Il personale docente che, alla data
di entrata in vigore della presente legge, oltre all'insegnamento esercita
attività presso enti lirici o istituzioni di produzione musicale
è tenuto a scegliere il rapporto di dipendenza organica per l'una
o l'altra attività entro un anno dall'entrata in vigore della presente
legge, salvo proroga per un termine comunque non superiore ad un altro
anno da parte degli enti o istituzione interessati.
Per le situazioni di cumulo verificatesi prima dell'entrata
in vigore della presente legge, non si dà luogo alla riduzione dello
stipendio di cui all'art. 99 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 2960, e successive
modificazioni, sino alla scadenza del termine di cui al precedente comma.
I docenti dei Conservatori di musica che per effetto
dell'opzione perdono la qualità di titolari hanno la precedenza
assoluta rispetto a qualsiasi altro aspirante, ai fini della stipula del
contratto di collaborazione con il Conservatorio dal quale dipendevano
all'atto dell'opzione.
Il contratto di cui al precedente comma ha durata
triennale e può essere rinnovato per periodi non superiori a due
anni e comunque non oltre il compimento del 60° anno di età.
In tali casi i posti restano indisponibili per l'intera
durata del contratto.
Il compenso per le attività previste nel
contratto di collaborazione relativo al personale contemplato nel presente
articolo ha carattere onnicomprensivo ed è pari all'entità
del trattamento economico complessivo in godimento da parte dei singoli
interessati all'atto dell'opzione con le esclusioni indicate nel precedente
art. 69.
Dopo un quinquennio di attività contrattuale
il compenso è rivalutato secondo quanto previsto al sesto comma
del precedente articolo 69, qualora il compenso stesso risulti inferiore
allo stipendio della seconda classe.
Nel caso in cui i titolari dei contratti usufruiscano
anche di trattamento di pensione ordinaria, i compensi dovuti per i contratti
sono ridotti di un quinto e comunque in misura non superiore all'importo
della pensione in godimento, salvo diversa disciplina derivante dal riordinamento
dei trattamenti pensionistici".
(a) Parole sostituite dall'art. 16 del D.Lvo 29 ottobre 1998, n. 387.
Art.
58/bis (a) - Codice di comportamento
1. Il Dipartimento della Funzione Pubblica, sentite
le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 47/bis,
definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni,
anche in relazione alle necessarie misure organizzative da adottare al
fine di assicurare la qualità dei servizi che le stesse amministrazioni
rendono ai cittadini.
2. Il codice è pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale e consegnato al dipendente all'atto dell'assunzione.
3. Le pubbliche amministrazioni formulano all'Agenzia
per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni indirizzi,
ai sensi dell'articolo 46, comma 2, e dell'articolo 73, comma 5, affinché
il codice venga recepito nei contratti, in allegato, e perché i
suoi princìpi vengano coordinati con le previsioni contrattuali
in materia di responsabilità disciplinare.
4. Per ciascuna magistratura e per l'Avvocatura
dello Stato, gli organi delle associazioni di categoria adottano, entro
il termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, un codice etico che viene sottoposto all'adesione degli appartenenti
alla magistratura interessata. Decorso inutilmente detto termine, il codice
è adottato dall'organo di autogoverno.
5. Entro il 31 dicembre 1998, l'organo di vertice
di ciascuna pubblica amministrazione verifica, sentite le organizzazioni
sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 47/bis e le associazioni
di utenti e consumatori, l'applicabilità del codice di cui al comma
1, anche per apportare eventuali integrazioni e specificazioni al fine
della pubblicazione e dell'adozione di uno specifico codice di comportamento
per ogni singola amministrazione.
6. Sull'applicazione dei codici di cui al presente
articolo vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura.
7. Le pubbliche amministrazioni organizzano attività
di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione
dei codici di cui al presente articolo.
(a) Articolo sostituito dall'art. 27 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
Art.
59 - Sanzioni disciplinari e responsabilità
1. Per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma
2, resta ferma la disciplina attualmente vigente in materia di responsabilità
civile, amministrativa, penale e contabile per i dipendenti delle amministrazioni
pubbliche.
2. Ai dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2,
si applicano l'articolo 2106 del codice civile (b) e l'articolo 7, commi
primo, quinto e ottavo, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (c).
3. Salvo quanto previsto dagli articoli 20, comma
1, e 58, comma 1, e ferma restando la definizione dei doveri del dipendente
ad opera dei codici di comportamento di cui all'articolo 58/bis, la tipologia
delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti
collettivi (d).
4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio
ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari.
Tale ufficio, su segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente
lavora, contesta l'addebito al dipendente medesimo, istruisce il procedimento
disciplinare e applica la sanzione. Quando le sanzioni da applicare siano
rimprovero verbale e censura, il capo della struttura in cui il dipendente
lavora provvede direttamente.
5. Ogni provvedimento disciplinare, ad eccezione
del rimprovero verbale, deve essere adottato previa tempestiva contestazione
scritta dell'addebito al dipendente, che viene sentito a sua difesa con
l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell'associazione
sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Trascorsi inutilmente quindici
giorni dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione viene
applicata nei successivi quindici giorni.
6. Con il consenso del dipendente la sanzione applicabile
può essere ridotta, ma in tal caso non è più suscettibile
di impugnazione.
7. Ove i contratti collettivi non prevedano procedure
di conciliazione, entro venti giorni dall'applicazione della sanzione,
il dipendente, anche per mezzo di un procuratore o dell'associazione sindacale
cui aderisce o conferisce mandato, può impugnarla dinanzi al collegio
arbitrale di disciplina dell'amministrazione in cui lavora. Il collegio
emette la sua decisione entro novanta giorni dall'impugnazione e l'amministrazione
vi si conforma. Durante tale periodo la sanzione resta sospesa.
8. Il collegio arbitrale si compone di due rappresentanti
dell'amministrazione e di due rappresentanti dei dipendenti ed è
presieduto da un esterno all'amministrazione, di provata esperienza e indipendenza.
Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, stabilisce, sentite
le organizzazioni sindacali, le modalità per la periodica designazione
di dieci rappresentanti dell'amministrazione e dieci rappresentanti dei
dipendenti, che, di comune accordo, indicano cinque presidenti. In mancanza
di accordo, l'amministrazione richiede la nomina dei presidenti al presidente
del tribunale del luogo in cui siede il collegio. Il collegio opera con
criteri oggettivi di rotazione dei membri e di assegnazione dei procedimenti
disciplinari che ne garantiscano l'imparzialità.
9. Più amministrazioni omogenee o affini
possono istituire un unico collegio arbitrale mediante convenzione che
ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento nel rispetto
dei princìpi di cui al precedenti commi.
10. Fino al riordinamento degli organi collegiali
della scuola nei confronti del personale ispettivo, tecnico, direttivo,
docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni
educative statali si applicano le norme di cui al Titolo IV, Capo II, del
decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417.
(b) Si riporta il testo dell'art. 2106 del codice
civile:
"Art. 2106 - Sanzioni disciplinari - L'inosservanza
delle disposizioni contenute nei due articoli precedenti può dar
luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità
dell'infrazione [e in conformità delle norme corporative]".
(c) La legge 20 maggio 1970, n. 300, reca: "Norme
sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della
libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di
lavoro e norme sul collocamento". Si riporta il testo del relativo art.
7:
"Art. 7 - Sanzioni disciplinari - Le norme
disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle
quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di
contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori
mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare
quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove
esistano.
Il datore di lavoro non può adottare alcun
provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente
contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa.
Il lavoratore potrà farsi assistere da un
rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio
1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino
mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può
essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione
base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più
di dieci giorni.
In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più
gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano
trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che
vi ha dato causa.
Salvo analoghe procedure previste dai contratti
collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire l'autorità
giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare
può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione
alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite
l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio
di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna
delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto
di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione
disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.
Qualora il datore di lavoro provveda, entro dieci
giorni dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio
rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione
disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l'autorità
giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione
del giudizio.
Non può tenersi conto ad alcun effetto delle
sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione".
(d) Comma così modificato dall'art. 27
del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
Art.
59/bis (a) b) - Impugnazione delle sanzioni disciplinari
1. Se i contratti collettivi nazionali non hanno
istituito apposite procedure di conciliazione e arbitrato, le sanzioni
disciplinari possono essere impugnate dal lavoratore davanti al collegio
di conciliazione di cui all'articolo 69/bis, con le modalità e con
gli effetti di cui all'articolo 7, commi 6 e 7, della legge 20 maggio 1970,
n. 300.
(a) Articolo aggiunto dall'art. 28 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Si veda l'art. 28, comma 2, del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 80.
Art. 61 - Pari opportunità
1. Le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire
pari opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il
trattamento sul lavoro:
a) riservano alle donne, salva motivata impossibilità,
almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso,
fermo restando il principio di cui all'articolo 36, comma 3, lettera e);
b) adottano propri atti regolamentari per assicurare
pari
opportunità (a) di uomini e donne sul lavoro, conformemente
alle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento della Funzione Pubblica;
c) garantiscono la partecipazione delle proprie
dipendenti ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rapporto
proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni interessate ai corsi
medesimi, adottando modalità organizzative atte a favorirne la
partecipazione consentendo la conciliazione fra vita professionale e vita
familiare;
d) possono finaziare programmi di azione positive
e l'attività dei Comitati pari opportunità nell'ambito delle
proprie disponibilità di bilancio. (a)
2. Le pubbliche amministrazioni, (a) secondo le modalità di cui all'articolo 10, adottano tutte le misure per attuare le direttive della Unione (b) Europea in materia di pari opportunità, sulla base di quanto disposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica.
(a) Parole sostituite e aggiunte ai sensi dell'art.
17, commi 1, 2 e 3, del D.Lvo 29 ottobre 1998, n. 387.
(b) Parole soppresse e sostituite dall'art. 17,
comma 4, del D.Lvo 29 ottobre 1998, n. 387.
(Omissis)
TITOLO VI
GIURISDIZIONE
Art.
68 (a) (b) - Controversie relative ai rapporti di lavoro
1. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione
di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro
alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1,
comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al
comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro,
il conreimento e la revoca degli incarichi diriigenziali e la responsabilità
dirigenziale, nonché quelle concernenti (c) le indennità
di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano
in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano
rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi.
L'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo
rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo.
2. Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche
amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o
di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati. Le sentenze con
le quali riconosce il diritto all'assunzione, ovvero accerta che l'assunzione
è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno
anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro.
3. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione
di giudice del lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali
delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell'articolo 28 della legge 20
maggio 1970, n. 300 e le controversie, promosse da organizzazioni sindacali,
dall'A.R.A.N. o dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure
di contrattazione collettiva di cui all'articolo 45 e seguenti del presente
decreto.
4. Restano devolute alla giurisdizione del giudice
amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per
l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché,
in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti
di lavoro di cui all'articolo 2, commi 4 e 5, ivi comprese quelle attinenti
ai diritti patrimoniali connessi.
5. Nelle controversie di cui ai commi 1 e 3 nel
caso di cui al comma 3 dell'articolo 68/bis, il ricorso per Cassazione
può essere proposto anche per violazione o falsa applicazione dei
contratti e accordi collettivi nazionali di cui all'articolo 45.
(a) Articolo sostituito dall'art. 29 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Si veda l'art. 45, comma 17, del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(c) Parole così sostituite dall'art. 18
del D.Lvo 29 ottobre 1998, n. 387.
Art.
68/bis (a) - Accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità
ed interpretazione dei contratti collettivi
1. Quando per la definizione di una controversia
individuale di cui all'articolo 68, è necessario risolvere in via
pregiudiziale una questione concernente l'efficacia, la validità
o l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo
nazionale, sottoscritto dall'Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle
Pubbliche Amministrazioni - A.R.A.N. - ai sensi dell'articolo 45 e seguenti,
il giudice, con ordinanza non impugnabile, nella quale indica la questione
da risolvere, (b), fissa una nuova udienza di discussione non prima
di centoventi giorni e dispone la comunicazione, a cura della cancelleria,
dell'ordinanza, del ricorso introduttivo e della memoria difensiva all'A.R.A.N.
2. Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui
al comma 1, l'A.R.A.N. convoca le organizzazioni sindacali firmatarie per
verificare la possibilità di un accordo sull'interpretazione autentica
del contratto o accordo collettivo, ovvero sulla modifica della clausola
controversa. All'accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica
della clausola si applicano le disposizioni dell'articolo 53. Il testo
dell'accordo è trasmesso, a cura dell'A.R.A.N., alla cancelleria
del giudice procedente, la quale provvede a darne avviso alle parti almeno
dieci giorni prima dell'udienza. Decorsi novanta giorni dalla comunicazione
di cui al comma 1, in mancanza di accordo la procedura si intende conclusa.
3. Se non interviene l'accordo sull'interpretazione
autentica o sulla modifica della clausola controversa, il giudice decide
con sentenza sulla sola questione di cui al comma 1, impartendo distinti
provvedimenti per l'ulteriore istruzione o, comunque, per la prosecuzione
della causa. La sentenza è impugnabile soltanto un ricorso immediato
per Cassazione, proposto nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione
dell'avviso di deposito (b) della sentenza. Il deposito nella cancelleria
del giudice davanti a cui pende la causa di una copia del ricorso per Cassazione,
dopo la notificazione alle altre parti, determina la sospensione del processo.
4. La Corte di Cassazione, quando accoglie il ricorso
a norma dell'articolo 383 del Codice di Procedura civile, rinvia la causa
allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. La riassunzione
della causa può essere fatta da ciascuna delle parti entro il termine
perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza di Cassazione.
In caso di estinzione del processo, per qualsiasi causa, la sentenza della
Corte di Cassazione conserva i suoi effetti.
5. L'A.R.A.N. e le organizzazioni sindacali firmatarie
possono intervenire nel processo anche oltre il termine previsto dall'articolo
419 del Codice di Procedura Civile e sono legittimate, a seguito dell'intervento
alla proposizione dei mezzi di impugnazione delle sentenze che decidono
una questione di cui al comma 1. Possono, anche se non intervenute, presentare
memorie nel giudizio di merito ed in quello per Cassazione. Della presentazione
di memorie è dato avviso alle parti, a cura della cancelleria.
6. In pendenza del giudizio davanti alla Corte di
Cassazione, possono essere sospesi i processi la cui definizione dipende
dalla risoluzione della medesima questione sulla quale la Corte è
chiamata a pronunciarsi. Intervenuta la decisione della Corte di Cassazione,
il giudice fissa, anche d'ufficio, l'udienza per la prosecuzione del processo.
7. Quando per la definizione di altri processi è
necessario risolvere una questione di cui al comma 1, sulla quale è
già intervenuta una pronuncia della Corte di Cassazione e il giudice
non ritiene di uniformarsi alla pronuncia della Corte, si applica il disposto
del comma 3.
8. La Corte di Cassazione, nelle controversie di
cui è investita ai sensi della comma 3, può condannare la
parte soccombente, a norma dell'articolo 96 del Codice di Procedura Civile,
anche in assenza di istanza di parte.
(a) Articolo introdotto dall'art. 30 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Parole soppresse dall'art. 19, commi 1 e
2, del D.Lvo 29 ottobre 1998, n. 387.
Art.
69 (a) - Tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali
1. Per le controversie individuali di cui all'articolo
68, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 410
del Codice di Procedura Civile si svolge con le procedure previste dai
contratti collettivi, ovvero davanti al collegio di conciliazione di cui
all'articolo 69/bis, secondo le disposizioni dettate dal presente decreto.
2. La domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi
novanta giorni dalla promozione (b) del tentativo di conciliazione.
3. Il giudice che rileva che non è stato
promosso il tentativo di conciliazione secondo le disposizioni di cui all'art.
69/bis, commi 2 e 3, o che la domanda giudiziale è stata proposta
prima della scadenza del termine di novanta giorni dalla promozione del
tentativo sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio
di sessanta giorni per promuiovere il tentativo di conciliazione. (c)
Si applicano i commi secondo e quinto dell'articolo 412/bis del Codice
di Procedura Civile. Espletato il tentativo di conciliazione o decorso
il termine di novanta giorni, il processo può essere riassunto entro
il
permine perentorio di (b) centottanta giorni. La parte contro la quale
è stata proposta la domanda in violazione dell'articolo 410 del
Codice di Procedura Civile, con l'atto di riassunzione o con memoria depositata
in cancelleria almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata, può
modificare o integrare le proprie difese e proporre nuove eccezioni processuali
e di merito, che non siano rilevabili d'ufficio. Ove il processo non
sia stato tempestivamente riassunto, il giudice dichiara d'ufficio l'estinzione
del processo con decreto cui si applica la disposizione di cui all'art.
308 del Codice di procedura civile. (d)
(a) Articolo sostituito dall'art. 31 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Parole sostituite dall'ar. 19, commi 3 e
5 del D.Lvo 29 ottobre 1998, n. 387
(c) Periodo così sostiuito dall'art. 19,
comma 4, del D.Lvo 29 ottobre 1998, n. 387.
(d) Periodo aggiunto dall'art. 19, comma 6, del
D.Lvo 29 ottobre 1998, n. 387.
Art.
69/bis (a) - Collegio di conciliazione
1. Ferma restando la facoltà del lavoratore
di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi,
il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 69 si svolge,
con le procedure di cui ai commi seguenti (b) dinanzi ad un collegio
di conciliazione istituito presso l'Ufficio Provinciale del Lavoro e della
Massima Occupazione nella cui circoscrizione si trova l'ufficio cui il
lavoratore è addetto, ovvero era addetto al momento della cessazione
del rapporto. Le medesime procedure si applicano, in quanto compatibili,
se il tentativo di conciliazione è promosso dalla pubblica amministrazione.
(b) Il collegio di conciliazione è composto dal direttore dell'ufficio
o da un suo delegato, che lo presiede, da un rappresentante del lavoratore
e da un rappresentante dell'amministrazione.
2. La richiesta del tentativo di conciliazione,
sottoscritta dal lavoratore, è consegnata all'ufficio presso il
quale è istituito il collegio di conciliazione competente o spedita
mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta
deve essere consegnata o spedita a cura dello stesso lavoratore all'amministrazione
di appartenenza.
3. La richiesta deve precisare:
a) l'amministrazione di appartenenza e la sede alla
quale il lavoratore è addetto;
b) il luogo dove gli devono essere fatte le comunicazioni
inerenti alla procedura;
c) l'esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni
poste a fondamento della pretesa;
d) la nomina del proprio rappresentante nel collegio
di conciliazione o la delega per la nomina medesima ad un'organizzazione
sindacale.
4. Entro trenta giorni dal ricevimento della copia
della richiesta, l'amministrazione, qualora non accolga la pretesa del
lavoratore, deposita presso l'ufficio osservazioni scritte. Nello stesso
atto nomina il proprio rappresentante in seno al collegio di conciliazione.
Entro i dieci giorni successivi al deposito, il Presidente fissa la comparizione
delle parti per il tentativo di conciliazione. Dinanzi al collegio di conciliazione,
il lavoratore può farsi rappresentare o assistere anche da un'organizzazione
cui aderisce o conferisce mandato. Per l'amministrazione deve comparire
un soggetto munito del potere di conciliare.
5. Se la conciliazione riesce, anche limitatamente
ad una parte della pretesa avanzata dal lavoratore, viene redatto separato
processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti del collegio
di conciliazione. Il verbale costituisce titolo esecutivo. Alla conciliazione
non si applicano le disposizioni dell'articolo 2113, commi primo, secondo
e terzo del Codice Civile.
6. Se non si raggiunge l'accordo tra le parti, il
collegio di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione
della controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di
essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse
dalle parti.
7. Nel successivo giudizio sono acquisiti, anche
d'ufficio, i verbali concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito.
Il giudice valuta il comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa
ai fini del regolamento delle spese.
8. La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta
la pubblica amministrazione, in adesione alla proposta formulata dal collegio
di cui al comma 1, ovvero in sede giudiziale ai sensi dell'articolo 420,
commi primo, secondo e terzo, del Codice di Procedura Civile, non può
dar luogo a responsabilità amministrativa.
(a) Articolo introdotto dall'art. 32 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
(b) Parole e periodo aggiunti ai sensi dell'art.
19, comma 7, del D.Lvo 29 ottobre 1998, n. 387.
TITOLO VII
DISPOSIZIONI DIVERSE E
NORME TRANSITORIE FINALI
(Omissis)
(Omissis)
Art. 73 - Norma
finale
1. Restano salve per la regione Valle d'Aosta le
competenze in materia, le norme di attuazione e la disciplina sul bilinguismo.
Restano comunque salve, per la provincia autonoma di Bolzano, le competenze
in materia, le norme di attuazione, la disciplina vigente sul bilinguismo
e la riserva proporzionale di posti nel pubblico impiego.
2. In attesa di un'organica normativa nella materia,
restano ferme le norme che disciplinano, per i dipendenti delle amministrazioni
pubbliche, l'esercizio delle professioni per le quali sono richieste l'abilitazione
o l'iscrizione ad ordini o albi professionali. Il personale di cui all'articolo
6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, può
iscriversi, se in possesso dei prescritti requisiti, al relativo ordine
professionale.
Art. 74 - Norme
abrogate
1. Sono abrogate le disposizioni incompatibili con
il presente decreto ed in particolare le seguenti norme:
- articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13,
14, 15, 17, 18, 19, 20, 21, 23, 26, comma quarto, 27, comma primo, n. 5,
28, 30, comma terzo, della legge 29 marzo 1983, n. 93;
- legge 10 luglio 1984, n. 301, fatte salve quelle
che riguardano l'accesso alla qualifica di primo dirigente del Corpo forestale
dello Stato;
- articolo 17, comma 1, lettera e), della legge
23 agosto 1988, n. 400;
- articolo 9 della legge 9 maggio 1989, n. 168;
- articolo 32, comma 2, lettera c), limitatamente
all'espressione "la disciplina dello stato giuridico e delle assunzioni
del personale" e articolo 51, comma 8, della legge 8 giugno 1990, n. 142;
- articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991,
n. 412, limitatamente alla disciplina sui contratti di lavoro riguardanti
i dipendenti delle amministrazioni, aziende ed entri del Servizio sanitario
nazionale;
- articolo 10, comma 2, della legge 30 dicembre
1991, n. 412;
- articolo 4, commi decimo, undicesimo, dodicesimo
e tredicesimo, della legge 11 luglio 1980, n. 312;
- articolo 2 del decreto-legge 6 giugno 1981, n.
283, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 1981, n. 432;
- articoli 27 e 28 del decreto del Presidente della
Repubblica 8 maggio 1987, n. 266, come integrato dall'articolo 10 del decreto
del Presidente della Repubblica 17 settembre 1987, n. 494;
- articolo 4, commi 3 e 4, e articolo 5, della legge
8 luglio 1988, n. 254;
- articolo 10 del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 534;
- articolo 10, comma 3, del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 533, fatti salvi i concorsi banditi alla data di entrata
in vigore del presente decreto;
- articolo 6 della legge 11 luglio 1980, n. 312;
- articolo 6/bis del decreto legge 18 gennaio 1993,
n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67;
- i riferimenti alla legge 4 giugno 1985, n. 281,
e alla legge 10 ottobre 1990, n. 287, contenuti nell'articolo 7, comma
1, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni,
dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, e nell'articolo 2, comma 8, del decreto-legge
11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto
1992, n. 359.
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