Un affare da 19 miliardi di euro l'anno, ma per i lavoratori rischi reali e vantaggi virtuali
Stefano Raiola
Da una parte governo, sindacati e squali della finanza, pronti a
spartirsi potere e denari del trasferimento del Tfr ai fondi pensione.
Dall'altra una piattaforma (Rete 28 Aprile della Cgil, Cobas, Unicobas,
Attac, Sult e molti altri- Sincobas ndr) che si oppone fortemente ad una
riforma - quella del trattamento di fine rapporto - che sembra un'altra
fase di quel processo iniziato nei primi anni '90, e che vede la costante
ridislocazione di risorse, dai lavoratori a favore del sistema finanziario.
La disparità di forze in campo è impressionante, ma non meno
impressionante è la posta in gioco. Un dato su tutti: il trasferimento
del Tfr ai fondi pensione vale circa 19 miliardi di euro l'anno. Una somma
per cui competono tutte le società di gestione del risparmio italiane
(sgr), che nel 96% dei casi appartengono a banche e assicurazioni.Ma se
questo è ciò che i poteri forti si giocano, i lavoratori
mettono sul tavolo qualcosa di ancora più prezioso: il diritto a
vedersi garantita una pensione dignitosa, cosa per cui hanno lavorato,
o dovranno lavorare, una vita intera. Dal 1 gennaio 2007 i lavoratori dipendenti
avranno sei mesi di tempo per decidere se trasferire il Tfr che maturerà
a partire da questa data nei fondi pensione, oppure lasciarlo all'azienda
presso la quale sono impiegati (all'Inps se l'azienda supera i 50 dipendenti).
I sei mesi sono perentori, nel senso che se non si decide entro il termine
prestabilito, il Tfr entrerà automaticamente a far parte dei fondi
pensione aziendali (chiamati anche «chiusi» o «negoziali»).
La legge infatti prevede l'applicazione della clausola del silenzio-assenso,
una pratica commerciale a dir poco discutibile, degna dei più smaliziati
televenditori.Ma come funzioneranno i fondi pensione? Quali garanzie offriranno?
Partendo dal fatto che sono istituiti per integrare i redditi da pensione,
che saranno sempre più bassi nel corso degli anni, i fondi pensione
funzionano come un qualsiasi altro fondo di investimento: acquistano obbligazioni,
azioni, titoli di stato - componendo un portafoglio più o meno rischioso,
e quindi (forse) redditizio - con lo scopo di remunerare il più
possibile il capitale investito. Questo significa che sono integralmente
esposti ai movimenti del mercato. In altre parole i rendimenti dichiarati
sono solo virtuali, garantiti fino alla prossima bolla speculativa, o al
prossimo Bin Laden.Il mercato è talmente sovrano che alle donne
che decidono di aderire ai fondi, a parità di risorse versate, viene
riconosciuto un rendimento inferiore rispetto agli uomini, perché
hanno un'aspettativa di vita più lunga. Ma c'è di più:
la maggioranza dei fondi pensione è assicurata contro il rischio
di longevità dei propri iscritti. Ti pagano cioè finché
quello che hai messo resta superiore o uguale - al netto di commissioni
varie e costi fissi - a quello che hai versato. Poi, o muori di tuo, o
deve intervenire un'assicurazione per ripagare il «danno» che
hai provocato al fondo. Queste sono solo alcune delle distorsioni che la
piattaforma del «no Tfr ai fondi pensione» si propone di combattere
attraverso una campagna di informazione e mobilitazione (le cui modalità
saranno delineate nell'assemblea nazionale del prossimo 1 dicembre) che
contrapporrà, al silenzio-assenso, un «rumoroso dissenso.Sarà
una partita difficile, perché i lavoratori non potranno contare
nè sull'appoggio dei sindacati (che, nei luoghi di lavoro, sosterranno
quasi sempre il passaggio ai fondi), nè su quello dei mezzi di informazione,
che si dimostrano sempre molto sensibili agli interessi economici in gioco.
C'è da scommettere che si sprecheranno le pagine dei quotidiani
dedicate ad elencare i vantaggi dell'uno o dell'altro fondo. Ma forse in
pochi scriveranno che una volta trasferito il Tfr in un fondo pensione
si perderà in molti casi il diritto a richiederne un anticipo, a
meno di dover accettare una decurtazione proporzionale del rendimento finale.
E' più che probabile che Vespa ospiterà nel suo salotto un
esperto per spiegare che la crescita dell'economia americana è dovuta
proprio alla diffusione dei fondi pensione, e che oltreoceano i lavoratori
non hanno nessuna remora ad affidare i propri risparmi ad una «sgr».
Chissà però se si ricorderanno anche di sottolineare che
negli Usa, se non altro, il falso in bilancio o la bancarotta fraudolenta
costano 20 anni di carcere. In Italia sono gratis. O quasi.