Nota 13 marzo 2003 Prot. n. 895/03

Oggetto: Conciliazioni in materia di vertenze di lavoro

La nuova gestione del contenzioso scolastico, così come delineata dai D.Leg.vi n. 80/98 e n. 387/98, in necessaria correlazione con la legislazione che ha introdotto radicali modificazioni nella struttura e nelle competenze dell'amministrazione centrale e periferica del Ministero dell'Istruzione, ha fatto emergere una serie di questioni di interesse generale sulle quali sembra opportuno fornire alcuni chiarimenti.

Si fa riferimento alle vertenze di lavoro trattate nella fase stragiudiziale della conciliazione: in particolare, al potere di conciliare, al tipo di delega, generale o specifica, di cui deve essere munito il rappresentante dell'amministrazione ed alle eventuali implicazioni derivanti dalla conciliazione.

L'art. 16, lettera f), del D.Leg.vo n. 165/01 attribuisce esclusivamente ai dirigenti di codesti uffici dirigenziali generali il potere-dovere di conciliare e transigere le liti e quindi la competenza di assumere decisioni sull'opportunità o meno della conciliazione, con conseguente assunzione di obbligazioni a carico dello Stato. Tale attribuzione resta ferma anche quando oggetto della conciliazione sono atti di gestione adottati dal dirigente scolastico.

In effetti, come si evince dal nuovo sistema normativo che fissa ruolo, compiti, responsabilità del capo di istituto in relazione all'attribuzione dell'autonomia a tutte le istituzioni scolastiche e al trasferimento di funzioni, già spettanti all'amministrazione periferica, il dirigente scolastico ha la legittimazione passiva in tutte le vertenze di lavoro derivanti da atti di gestione da lui adottati, ma non ha il potere di conciliare, né nella fase stragiudiziale né in quella giudiziale.

Quanto alla delega conferita al dipendente in rappresentanza dell'amministrazione, sembra opportuno che la stessa sia quanto più specifica in relazione al contenuto e ai limiti della conciliazione, anche sotto il profilo degli oneri finanziari: in caso di delega generale, si ritiene che debba essere richiamato il principio generale della ragionevolezza, quale criterio cui riferirsi nel momento in cui si addivenga o meno alla conciliazione. Per l'individuazione del soggetto cui affidare la delega, appare opportuno che, quando possibile, la scelta sia effettuata tra i dipendenti che curano il settore interessato alla controversia: nella conciliazione che si riferisce ad atti di gestione adottati dal dirigente scolastico, può essere individuato quale rappresentante dell'amministrazione lo stesso dirigente scolastico.

Da ultimo si osserva che l'art. 66, comma 8, espressamente prevede l'esonero da responsabilità amministrativa del rappresentante che, munito di apposita delega, abbia o meno conciliato per conto dell'amministrazione: anche la conciliazione c.d. negoziale - che com'è noto - è caratterizzata dall'assenza di un soggetto in posizione di terzietà, non dà luogo a responsabilità amministrativa, ai sensi dell'art. 1, comma 10, dell'Accordo per la disciplina sperimentale di conciliazione e arbitrato per il personale del comparto scuola sottoscritto il 18.10.01, pur non ricorrendo i presupposti di cui all'art. 66, comma 8, cit.; manca infatti la possibilità di aderire o meno alla proposta avanzata dal conciliatore.

Resta ferma la responsabilità del soggetto per dolo o colpa grave nell'emanazione dell'atto che ha dato luogo a conciliazione conclusasi con un esborso di denaro: in tali ipotesi si pone, ovviamente, il problema della valutazione e del successivo accertamento dell'eventuale danno erariale.

Il Direttore Generale
Bruno Pagnani

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