Consiglio di Stato - Adunanza della Sezione II del 26 luglio 2000 - N. Sezione 1021/2000 - Ministero della Pubblica Istruzione

Richiesta di parere sulla permanenza, nel contesto dell'autonomia scolastica e dell'assetto della dirigenza scolastica delle norme di cui all'art. 7, comma 2, lettera h, art. 396, comma 5 e art. 459, comma 1 del decreto legislativo n. 297 del 16/4/1994

IL CONSIGLIO DI STATO

Vista la relazione in data 21/7/2000 pervenuta il 21/7/2000 con cui il Ministero Pubblica Istruzione ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul quesito in oggetto.
Esaminati gli atti ed udito il relatore ed estensore, consigliere Armando Pozzi;

PREMESSO

riferisce l'Amministrazione che dal 1° settembre 2000 verrà concretamente avviata la riforma del Sistema scolastico, con il riconoscimento alle istituzioni scolastiche dell'autonomia e della personalità giuridica e il contestuale inquadramento dei capi d'istituto nel ruolo dirigenziale previsto dall'art. 25/bis del D.L.vo 3 febbraio 1993 n. 29 e successive modificazioni e integrazioni.
Nel nuovo assetto dell'autonomia scolastica secondo l'Amministrazione i dirigenti scolastici assumono un ruolo di risorsa strategica, secondo la previsione dell'art. 25/bis, comma 2, del D.L.vo n. 29/1993.
L'esercizio delle nuove competenze dirigenziali dal 1° settembre 2000 si colloca tuttavia in un contesto normativo che non è stato completamente adeguato al nuovo profilo professionale e alle connesse responsabilità con particolare riferimento al funzionamento e alle competenze degli organi collegiali a livello d'istituto, il cui riordino, previsto da apposito disegno di legge è tuttora all'esame del Parlamento.
La non completa definizione degli assetti organizzativi delle istituzioni scolastiche fa sorgere la questione della compatibilità di alcune norme preesistenti e quindi della loro sopravvivenza rispetto al nuovo quadro normativo che scaturisce dall'art. 21 della legge 15 marzo 1997 n. 59 e degli articoli 25/bis, 25/ter e 28/bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29.
Le questioni che l'Amministrazione sottopone al parere di codesto Alto Consesso riguardano la sopravvivenza delle seguenti norme del D.L.vo 16 aprile 1994, n. 297:

· articoli 7, comma 2, lettera h) e 396 attribuiscono al collegio dei docenti la competenza ad eleggere i docenti incaricati di collaborare con il capo d'istituto che tra essi sceglie il collaboratore vicario;
· articolo 459 che consente, ricorrendone determinate condizioni, di disporre il semiesonero o l'esonero dall'insegnamento del collaboratore investito delle funzioni vicarie.

La collocazione del dirigente scolastico nel Sistema dell'autonomia definito dall'art. 21 della legge n. 59/1997 e l'assetto della dirigenza scolastica che scaturisce dalla specifica normativa contenuta nel decreto legislativo n. 29/1993 e successive modificazioni e integrazioni, pongono la questione delle compatibilità delle citate norme del Testo Unico con il nuovo quadro normativo e, quindi se esse sopravvivano nel nuovo Sistema, oppure se debbano ritenersi implicitamente abrogate: ciò soprattutto in relazione alla disposizione contenuta nell'art. 25/bis, comma 5 del più volte citato D.L.vo n. 29/1993 che recita: "nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti".
Nel porre a confronto le varie disposizioni normative, l'Amministrazione rileva che nell'assetto definito dal Testo Unico n. 297/1994 le scuole dispongono di una limitata autonomia didattica, che riguarda esclusivamente le innovazioni di tipo metodologico, mentre ogni innovazione degli ordinamenti e delle strutture è soggetta alla preventiva autorizzazione ministeriale (art. 278).
In tale quadro normativo, il capo d'istituto si pone essenzialmente come il soggetto che promuove e "coordina" le attività dell'istituzione scolastica quasi "primus inter pares", come risulta dallo stesso articolo 396 che definisce la funzione direttiva.
La legge 15 marzo 1997 n. 59 all'art. 21 definisce un nuovo e diverso assetto delle istituzioni scolastiche dettando norme in materia di autonomia amministrativa, didattica organizzativa di ricerca e sviluppo delle stesse.
Il comma 16 del citato art. 21 prevede in particolare il conferimento ai capi d'istituto della qualifica dirigenziale contestualmente all'acquisto dell'autonomia e della personalità giuridica da parte delle istituzioni scolastiche ponendo la qualifica dirigenziale in funzione dell'effettivo esercizio dell'autonomia.
L'art. 25/bis del D.L.vo n. 29/1993, così come integrato dal D.L.vo 6 marzo 1998 n. 59, affida al dirigente scolastico la gestione unitaria dell'istituzione, la gestione delle risorse finanziarie e strumentali, nonché poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. Il dirigente scolastico ha il compito di organizzare l'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formativa e risponde in ordine ai risultati.
Coerentemente con tale nuovo contesto, il comma 5 dell'art. 25/bis attribuisce al dirigente la facoltà di avvalersi della collaborazione di docenti, da lui individuati, ai quali può "delegare" compiti specifici.
Tale ultima disposizione appare tuttavia incompatibile con quella dell'art. 7, comma 2, lettera h) del D.L.vo n. 297/1994 che, come si è detto attribuisce al collegio dei docenti la competenza ad eleggere i collaboratori del capo d'istituto. Poiché le due disposizioni disciplinano la stessa materia in modo differente l'Amministrazione ritiene prevalente la disposizione successiva nel tempo.
Peraltro tale conclusione appare anche l'unica possibile sul piano logico e sistematico poiché il comma 5 dell'art. 25/bis, non può che presupporre l'esistenza di un rapporto fiduciario tra delegante e delegato presupposto che sarebbe frustrato dalla scelta del soggetto delegato compiuta da organo diverso dal dirigente scolastico delegante.
Relativamente alla figura del collaboratore vicario, poi, prevista per il capo d'istituto dall'art. 396 D.L.vo n. 297/1994, essa non sembra trovare spazio nel Sistema della dirigenza scolastica, non essendo prevista espressamente; le considerazioni da ultimo espresse, infatti, fanno sembrare, a fortiori, tenuto conto delle funzioni spettanti al vicario, ancor meno ipotizzabile la figura di un vicario del dirigente che sia eletto da un organo collegiale.
La soluzione al problema della sostituzione del dirigente scolastico in caso di assenza o impedimento sembra debba piuttosto essere ricercata nella normativa generale e, quindi, nell'affidamento temporaneo di funzioni da parte del dirigente ad uno dei suoi collaboratori, ove si tratti di impedimenti di breve durata, o attraverso l'affidamento della reggenza da parte del competente dirigente generale per assenze protratte nel tempo.
Sulla base delle suesposte considerazioni l'Amministrazione ritiene che sul piano interpretativo la normativa introdotta con il comma 5 del più volte citato art. 25/bis D.L.vo n. 29/1993 debba ritenersi prevalente su quella di cui al comma 2 dell'art. 7 del Testo Unico.
La seconda questione sottoposta a questo Consiglio riguarda la sopravvivenza nel sistema dell'autonomia delle istituzioni scolastiche e della dirigenza scolastica, della norma contenuta nell'art. 459 del D.L.vo n. 297/1994 secondo cui il docente incaricato di sostituire il capo d'istituto in caso di assenza o impedimento può essere esonerato totalmente o parzialmente dall'insegnamento con provvedimento del Provveditore agli Studi, al verificarsi di determinate condizioni (numero delle classi, esistenza di sezioni staccate o succursali).
Ferme restando le considerazioni svolte in ordine alla permanenza della figura del collaboratore vicario, si ritiene tuttavia che la norma in esame non sia in contraddizione con il nuovo quadro normativo; al contrario, l'eliminazione di una risorsa già prevista nel Sistema precedente sarebbe in contrasto con gli accresciuti e più impegnativi compiti delle istituzioni scolastiche.
A parere di questo Ministero, la norma deve essere interpretata in modo coerente con il nuovo Sistema nel quale va a inserirsi, per cui:

1) occorre prescindere dalle modalità di individuazione del beneficiario (non "eletto" dal collegio dei docenti, ma individuato dal dirigente scolastico);
2) la prevista autorizzazione del Provveditore agli Studi (art. 459, comma 1, D.L.vo n. 297/1994) peraltro non discrezionale, ma legata al solo accertamento dell'esistenza delle condizioni richieste, è abolita per effetto dell'art. 14 del D.P.R. n. 275/1999.

Si ritiene, pertanto, che il dirigente, nell'individuare i docenti di cui intende avvalersi nello svolgimento delle funzioni organizzative e amministrative, possa indicare quello incaricato di sostituirlo in caso di assenza o di impedimento di breve durata e che per questo docente, ricorrendone le condizioni di fatto, previste dal citato art. 459 T.U. n. 297/1994, lo stesso dirigente possa disporre l'esonero o il semiesonero, dandone comunicazione all'Ufficio scolastico periferico per gli adempimenti relativi alla copertura del posto di insegnamento.

CONSIDERATO

L'art. 7, comma 2, del T.U. in materia di istruzione scolastica emanato con il D.L.vo 16/4/1994 n. 297, nell'individuare le competenze del collegio dei docenti, stabilisce che esso, tra gli altri compiti, assolve a quello di (lett. h) eleggere, in numero di uno nelle scuole fino a 200 alunni, di due nelle scuole fino a 500 alunni, di tre nelle scuole fino a 900 alunni, e di quattro nelle scuole con più di 900 alunni, i docenti incaricati di collaborare col direttore didattico o col preside, prevedendo, altresì, che uno degli eletti sostituisce il direttore didattico o preside in caso di assenza o impedimento.
L'articolo 459 dello stesso T.U., nel disciplinare la materia degli esoneri e semiesoneri per i docenti con funzioni vicarie, stabilisce, al comma 1, che i docenti, eletti ai sensi dell'articolo 7, innanzi citato, siano incaricati di sostituire il direttore didattico o il preside in caso di assenza o impedimento, possono ottenere, da parte del Provveditore agli Studi, l'autorizzazione all'esonero o al semiesonero dall'insegnamento secondo i criteri e le modalità indicati nei successivi commi.
Con il quesito in oggetto l'Amministrazione si chiede e chiede a questo Consiglio se le due riportate disposizioni siano tuttora compatibili con il nuovo assetto della dirigenza scolastica e con i connessi principi di autonomia delle istituzioni scolastiche.
In particolare il Ministero dubita della compatibilità della permanenza, in capo al collegio docenti, dei poteri di elezione dei docenti collaboratori del preside, una volta che questi è stato investito della qualifica dirigenziale ed è divenuto attributario di tutti i poteri di gestione unitaria della scuola, contestualmente all'acquisto dell'autonomia e della personalità giuridica dell'istituzione scolastica.
I dubbi sollevati dall'Amministrazione appaiono pienamente legittimi.
Invero, vale ricordare che l'art. 25/bis del D.L.vo n. 29/1993, aggiunto dall'art. 1 del D.L.vo 6 marzo 1998, n. 59, ha creato la nuova figura del dirigente delle istituzioni scolastiche, trasformando e modificando le "funzioni direttive" di cui all'art. 396 del T.U. del 1994 in funzioni dirigenziali e disponendo al comma 1, che nell'ambito dell'Amministrazione scolastica periferica è istituita la qualifica dirigenziale per i capi d'istituto preposti alle istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed autonomia a norma dell'articolo 21 della legge n. 59/1997, i quali sono inquadrati in ruoli di dimensione regionale e rispondono agli effetti dell'articolo 20 dello stesso decreto n. 29, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo dì valutazione istituito presso l'Amministrazione scolastica regionale.
Il comma 2 dello stesso articolo stabilisce, poi, che il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell'istituzione, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. In particolare, aggiunge la norma che nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al capo d'istituto autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane, con specifici poteri di organizzazione dell'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare delle relazioni sindacali.
I commi 4 e 5 prevedono, ancora, che nell'ambito delle funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, spetta al dirigente l'adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del personale e che nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti, ed é coadiuvato dal responsabile amministrativo, che sovrintende, con autonomia operativa nell'ambito delle direttive di massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi amministrativi ed ai servizi generali dell'istituzione scolastica coordinando il relativo personale.
Il comma 6 conclude stabilendo che il dirigente presenta periodicamente al consiglio di circolo o al consiglio d'istituto motivata relazione sulla direzione e il coordinamento dell'attività formativa, organizzativa e amministrativa al fine di garantire la più ampia informazione e un efficace raccordo per l'esercizio delle competenze degli organi dell'istituzione scolastica.
Come si vede il nuovo assetto della dirigenza scolastica vale a rendere operativo il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche individuando un referente tendenzialmente unico per la realizzazione dei fini di gestione di tutte le funzioni amministrative che per loro natura possono essere esercitate dalle istituzioni scolastiche e di realizzazione della flessibilità, diversificazione, efficienza ed efficacia del servizio scolastico, individuati dall'art. 21, commi 4 ed 8, come elementi qualificanti del predetto principio.
Di qui la necessità di evitare, per quanto possibile, duplicazioni, dispersioni o frammentazioni di competenze fra i vari organi della scuola, che vanificherebbero, attraverso un assetto fluttuante ed incerto delle funzioni, le finalità di autonomia, efficienza ed efficacia dell'azione delle istituzioni scolastiche correlate alla tendenziale concentrazione di compiti nella figura del dirigente scolastico.
Tale necessità traspare, d'altronde, con specifico riferimento al settore scolastico, dall'art. 21 comma 15 della legge n. 59/1997, che, nel fissare i principi e criteri direttivi delle norme delegate per la riforma degli organi collegiali della pubblica istruzione a qualsiasi livello, individua specificamente quello dell'eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali, secondo il precetto generale dell'art. 12, comma 1, lett. g) della stessa legge.
Tale scelta appare coerente con il principio di tendenziale concentrazione delle funzioni amministrative in capo ai dirigenti, principio che trova formalizzazione nell'art. 45 comma 1 del D.L.vo n. 80/1998, secondo cui "a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto le disposizioni previgenti che conferiscono agli organi di governo l'adozione di atti di gestione e di atti e provvedimenti amministrativi si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti". Disposizione, questa, che trova espressa applicazione anche al personale della scuola per effetto dell'esplicita previsione del comma 7 dello stesso art. 45.
Sul piano sistematico, poi, la soluzione di affidare al capo d'istituto la competenza a nominare i propri collaboratori nell'ambito del corpo docente, che trova preciso riscontro letterale nel ricordato art. 25/bis comma 5 del decreto n. 29 ("il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati"), appare conseguenza del nuovo ruolo della dirigenza anche sul piano funzionale e della connessa nuova disciplina della responsabilità dirigenziale (cfr. artt. 19 comma 7 e 21 del D.L.vo n. 29/1993, art. 5 del D.L.vo 30/7/1999 n. 286 ), la quale ricollega le speciali misure sanzionatorie nei confronti dei dirigenti alle valutazioni negative non solo delle complessive prestazioni a loro richieste, ma anche dei comportamenti relativi alla gestione ed allo sviluppo delle risorse professionali, umane e organizzative ad essi assegnate (competenze organizzative), tenendo conto particolarmente dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione e del mancato raggiungimento degli obiettivi.
In tale contesto, gestione del personale assegnato all'Ufficio dirigenziale e responsabilità del suo titolare per cattiva gestione di tutte le risorse assegnate rappresentano aspetti connessi di un unico ruolo dinamico affidato al dirigente, il quale intanto può ritenersi responsabile dei risultati negativi e del mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati in quanto abbia la facoltà di scelta dei propri collaboratori.
Non a caso l'art. 19, comma 5, del più volte citato decreto n. 29 assegna al dirigente preposto alla struttura di livello più complesso la competenza a conferire gli incarichi di direzione degli altri Uffici dirigenziali in cui si articola la struttura medesima.
La soluzione sin qui prospettata sembrerebbe tuttavia trovare un ostacolo nella dizione, peraltro non perspicua, contenuta negli artt. 25/bis comma 2 secondo periodo del decreto n. 29 e 16 comma 2 del D.P.R. n. 275/1999 (Regolamento attuativo delle norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59) secondo cui, rispettivamente, gli autonomi poteri di direzione, coordinamento e organizzazione del dirigente scolastico spettano "nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici" e "il dirigente scolastico esercita le funzioni di cui al decreto legislativo n. 59/1998 nel rispetto delle competenze degli organi collegiali".
Le predette norme, nella loro portata apparentemente conservativa delle precedenti competenze degli organi collegiali vanno lette ed interpretate secondo il principio di non contraddizione, di utilità semantica e di coerenza sistematica. Principi che sarebbero violati secondo una lettura pedissequa e frammentata, che non tenga conto del chiaro disposto del più volte citato art. 25/bis comma 5 del decreto n. 29 (potestà di avvalersi della collaborazione di "docenti individuati" dal dirigente scolastico) e dei nuovi principi in materia di attribuzioni e responsabilità dirigenziali.
La clausola di "rispetto" per le attribuzioni degli organismi collegiali, contenuta in quelle norme, va dunque letta alla luce dei criteri di compatibilità e sussidiarietà, nel senso che le vecchie attribuzioni vanno verificate e limitate con le nuove le quali sono recessive solo in presenza di competenze che non impingano nelle specifiche funzioni e responsabilità di gestione ed organizzazione spettanti in via esclusiva al dirigente scolastico, il quale, altrimenti, sarebbe chiamato a pagare anche per l'operato di collaboratori scelti da altri soggetti irresponsabili per i cattivi risultati dell'attività gestoria ed amministrativa.
In conclusione, l'esame complessivo della normativa di settore non porta ad individuare nelle previgenti competenze degli organi collegiali un limite alle nuove attribuzioni della dirigenza, in via di principio onnicomprensive [cfr., sul punto, Ad. Gen., par. 10/6/1999 n. 9/99, sub punto 1 delle considerazioni di diritto].
D'altra parte, le conclusioni cui si è innanzi pervenuti trovano uno specifico referente nel parere di questa stessa Sezione n. 1603/99 del 27/10/1999, emesso su analogo quesito dello stesso Ministero P.I. in merito alla permanenza delle competenze che l'art. 10 del ricordato T.U. n. 297 del 1994 affida al consiglio di circolo o d'istituto, nonché alla Giunta esecutiva in materia di provvedimenti contabili e di gestione (lett. b): acquisto, rinnovo e conservazione delle attrezzature tecnico-scientifiche e dei sussidi didattici, compresi quelli audio-televisivi e le dotazioni librarie, e acquisto dei materiali di consumo occorrenti per le esercitazioni, comma 10; la Giunta esecutiva predispone il bilancio preventivo e il conto consuntivo; ecc.
In quel parere si è stabilito, in coerenza con le esposte considerazioni, che "il problema del coordinamento tra l'art. 10 citato e l'art. 25/bis del decreto n. 29 è risolto sul piano interpretativo considerando prevalente la nuova normativa ex art. 15 disp. PreI. Cod. Civ.", con la conseguenza che "risultano superate ex lege le competenze" di quegli organi collegiali, che invadano le nuove attribuzioni della dirigenza, ferme restando dunque solo quelle inerenti agli altri aspetti dell'organizzazione e gestione dell'attività didattica.
In base alle esposte considerazioni deve ritenersi, con riferimento al secondo quesito posto dall'Amministrazione, che la disposizione di cui all'articolo 459 dello stesso T.U., che affidava al Provveditore agli Studi l'autorizzazione all'esonero o al semiesonero dall'insegnamento del collaboratore vicario del capo d'istituto vada oggi letta in connessione con le nuove disposizioni in tema di competenze dirigenziali e, in particolare, con l'art. 14 del citato Regolamento n. 275 del 1999, in materia di attribuzione di funzioni alle istituzioni scolastiche. La norma, infatti, dispone che a decorrere dal 1° settembre 2000 alle istituzioni scolastiche sono attribuite le funzioni già di competenza dell'Amministrazione centrale e periferica relative alla carriera scolastica e al rapporto con gli alunni, all'Amministrazione e alla gestione del patrimonio e delle risorse e allo stato giuridico ed economico del personale non riservate, in base all'articolo 15 o ad altre specifiche disposizioni, all'Amministrazione centrale e periferica.
Ora, poiché tra le funzioni riservate non c'e (né vi sarebbe potuta essere) quella relativa alla posizione giuridica del docente vicario e poiché la designazione di quest'ultimo spetta al capo d'istituto, come aspetto specifico della gestione del personale ne deriva come corollario che allo stesso dirigente spetti la determinazione della posizione giuridica del suo principale collaboratore.
Nel concludere l'espressione del parere, la Sezione non può che ribadire quanto già segnalato nel precedente parere n. 1603/1999 in merito alla necessità di iniziative legislative che mettano ordine nella materia in esame. Infatti, il recente D.L.vo n. 233 del 30/6/1999 ha provveduto soltanto alla riforma degli organi collegiali della scuola a livello territoriale centrale, regionale e locale, individuandoli, peraltro con compiti prevalentemente consultivi e propositivi, nel Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, nei consigli regionali dell'istruzione e nei consigli scolastici locali, mentre risulta ancora pendente il Disegno di riforma degli organi scolastici.

P.Q.M.

Nelle esposte considerazioni viene reso il richiesto parere.

Per estratto dal verbale
Il Segretario della Sezione

Visto
Il Presidente della Sezione


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