Da "La  Repubblica"   del 25 giugno 2001

Povera scuola italiana tra Moratti e Cofferati.

(di Mario Priani)

«Mi sto ancora staffando». Così l’autorevole manager che siede sulla poltrona un tempo di Giovanni Gentile e Benedetto Croce ha risposto al giornalista che chiedeva una intervista in anteprima sui suoi programmi perla scuola. La signora Moratti, da perfetta anglofona si riferiva naturalmente non ad un acquisto di finimenti ippici, come qualche sprovveduto poteva intendere, ma al completamento del nuovo staff ministeriale, indispensabile per attuare la parola d'ordine berlusconiana: «Inglese, Internet, Impresa».

Compito, invero, facilitato dalla coazione a ripetere gli stessi errori che alberga, come un Dna non sradicabile, nella sinistra italiana. Questo è tanto più vero oggi, quando il venir meno di una organizzazione di massa che mediava il rapporto con classi e categorie e permetteva un confronto/verifica capace di costruire il consenso ha lasciato spazio a piccoli gruppi autoreferenziali che decidono «a nome della sinistra».

Il caso della scuola è esemplare. Il rovescio del famigerato «con­corsone» è stato interpretato come l'esito infausto di un casuale errore di comunicazione. La protesta generalizzata di gran parte degli insegnanti contro la riforma dei cicli è sembrata una fastidiosa, quanto trascurabile, incomprensione, di cui non tener conto. L'argomentata presa di posizione dei massimi storici italiani contro lo scempio del programma è stato irriso nei fatti. Ignorati, infine, i sondaggi che denunciavano la delusione di un elettorato di categoria, tradizionalmente vicino. Punto d'arrivo è stato il ri­sultato elettorale cui una rifor­ma altezzosamente imposta non poteva non concorrere.

Oggi la decisione di Berlu­sconi di sospenderla viene incontro al desiderio dei più e anche al buon senso. La nuova maggioranza naturalmente trascura le corresponsabilità che ha avuto quando ha retto il ministero della Pubblica istruzione e soprattutto il fatto che le indicazioni che si estrapolano dal suo programma sono assolutamente congeniali alla subcultura aziendalistica introdotta dalla congrega dei pedagoghi di sinistra.

Il solo crinale di autentica differenza tra destra e sinistra riguarda, invece, il sovvenzionamento pubblico alle scuole private. Se ne parla come di una rivendicazione del mondo cattolico ma non se ne eviden­zia abbastanza il carattere classista. Il bonus o lo sgravio fiscale permetterebbero, infatti, di usufruire di un notevole sconto sulla retta che le famiglie dei privatisti pagano, evidentemente sempre nel contesto di un reddito abbastanza alto.

Per contro ai meno abbienti non è sufficiente il bonus per permettersi, se lo desiderasse­ro, il pagamento della retta residua. Comunque i fondi destinati al privato verrebbero sottratti al pubblico, con un impoverimento netto per la già disastrata istruzione pubblica.

Una sinistra, non incatenata ai propri errori, avrebbe colto la scelta privatistica come terreno di differenziazione e di confronto con la nuova maggioranza. Folena, Berlinguer e, soprattutto, Cofferati hanno, invece, assunto la riforma dei cicli come l'obbiettivo centrale per cui battersi. La Cgil, isolata dagli altri sindacati e soprattutto dalla Cisl, minaccia una specie di mobilitazione generale per l'integrità della riforma.

Mi chiedo cosa c’entri il sindacato con l'insegnamento della storia, l'abolizione delle elementari, il sei rosso e i crediti scolastici. Una docente, Marina Boscaino, evidentemente non politicamente corretta, ma indubbiamente coraggiosa, ha scritto sull'«Unità» del 20 giugno: «Non possiamo proprio ora bendarci gli occhi, rischiare di ripetere errori... quella riforma ha destato molte perpiessità, molti dubbi, creando spesso disagio in chi ne ha vissuto durante l'anno la realizzazione quotidiana nelle scuole... troppo spesso la scuola dell'autonomia risponde alla necessità di adeguamento a una dimensione imprenditoriale che poco o nulla ha a che fare con ciò che sta o dovrebbe stare alla base del percorso formativo, con l'aggravante che la formazione passa sempre meno attraverso l'acquisizione di conoscenze curriculari e sempre più attraverso strumenti di lusinga e di attrazione per il potenziale cliente... esperti di diverso genere ed estrazione si aggirano copiosissimi per impartire corsi, ora agli alunni, ora ai docenti, risucchiati nel mare magnum di sollecitazioni eterogenee, di una modulistica da compilare sempre in agguato, di competenze che non hanno ma che vengono loro richieste di fronte a un assottigliamento del monte ore per disciplina sempre più esiguo, perché spesso destinato alla realizzazione di attività alternative. La perplessità è molta». Anche la nostra.