Il giudice,

letta l'istanza presentata, ai sensi de!l'art. 700 cpc, nell'interesse della Unicobas scuola, in persona del legale rappresentante p t., di Maria Grazia Argiolas e di Stefano d'Errico, volta ad ottenere: a) ogni provvedimer1to idoneo a far cessare !e pubblicazioni, apparse sul Sito Cobas, offensive della reputazione e dell'onore degli istanti, b) in subordine e nel merito, previo sequestro de! sito, l'ordine nei confronti dell'Associazione Cobas Comitato di base della Scuola, di Paolo Gambino, quale legale rappresentante pt. di tale associazione e titolare de! dominio Cobas -scuola. org., e di Domenico Teramo, quale titolare del dominio Cobas -scuola. it, di stralcio delle e-mails ivi apparse, inibendo ogni altra pubblicazione, con la condanna, all'esito, di tutti i convenuti al risarcimento dei danni causati agli istanti,

osserva quanta segue:

soltanto il Teramo non sì è costituito, nonostante la regolarità della notifica del ricorso;

i difensori delle altre parti hanno chiesto congiuntamente in udienza che sia pronunciata la declaratoria di cessazione della materia del contendere, per la eliminazione

immediatamente dopo la notifica del ricorso, dei messaggi e-mail pubblicati sul sito e ritenuti offensivi; resta quindi soltanto il problema della liquidazione delle spese sotto il

profilo della soccombenza virtuale; i resistenti sono stati chiamati a rispondere a vario titolo per la illegittima pubblicazione in una bacheca elettronica di messaggi e-mail provenienti da terzi; la lettura della bacheca costituita dalla sequenza del contributi inviati al gruppo di discussione e la indeterminatezza del numero dei destinatari sono riconducibili concettualmente alle attività conseguenti alla diffusione di un quotidiano con

la conseguenza che !a fattispecie proposta è assimilabile alla diffamazione a mezzo

stampa; è indubbio il contenuto offensivo dei messaggi nemmeno contestato dai resistenti costituiti, che si sono limitati ad affermare l'estraneità ai fatti commessi da terzi; nelle rispettive qualifiche, i resistenti sono legittimamente destinatari del provvedimento inibitorio richiesto, rientrando tra le loro facoltà quella di disporre diversamente dello spazio riservato all'articolo in questione; diversa è la responsabilità da illecito per la pubblicazione di messaggi e mail diffamatori che non può derivare semplicemente dalla titolarità del nome di dominio (e nel caso dei Cobas quale titolare del sito gestito attraverso il proprio rappresentante legale); il divieto di analogia nell'interpretazione della legge penale (art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale) esclude l'applicazione della normativa riguardante il reato di diffamazione a mezzo stampa (ed in particolare art. 57 cp) al di là

dei casi espressamente considerati dalla norma incriminatrice; si applicano quindi i principi generali del concorso nel fatto illecito altrui, secondo cui il terzo è responsabile se, con una condotta omissiva o commissiva ed in presenza di un atteggiamento psicologico di dolo o di colpa, ha contribuito causalmente alla realizzazione dell'illecito; nella specie in un giudizio sommario ed ai soli fini della decisione sulle spese, il comportamento colposo si ravvisa nella omessa vigilanza da parte dei resistenti sui contenuti dei messaggi pervenuti nella bacheca e pubblicati per un periodo superiore ad un mese, senza alcun intervento volto ad elidere l'evento dannoso; per il principio di causalità i resistenti vanno tutti condannati alle spese di lite, come liquidate in dispositivo;

p.q.m.

dichiara cessata la materia del contendere;